Svegliarino

La percezione del disco

Stefano Olivari 01/03/2010

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di Stefano Olivari
Capire uno sport è spesso solo presunzione, a volte condita da qualche ‘mi hanno detto’ e da molti ‘io che ho giocato, io che ho visto’. Se davvero comprendessimo i misteri di calcio, basket, tennis, atletica allora vivremmo di scommesse o nella peggiore delle ipotesi scriveremmo libri memorabili. Per questo è stato meraviglioso assistere ad un evento sportivo del livello di Canada-Usa finale olimpica di hockey ghiaccio senza pregiudizi e nemmeno l’obbligo di giudizi. I nostri occhi relativamente vergini hanno visto diverse cose, tranne ovviamente il disco. Perché nessuno in televisione l’ha mai visto, diciamo la verità, nemmeno ai tempi dell’esperimento ‘luminoso’.
1. La vittoria della squadra di casa nello sport nazionale e nella competizione più importante. Un film già vistissimo nel vituperato calcio (Uruguay 1930, Italia 1934, Inghilterra 1966, Germania Ovest 1974, Argentina 1978, Francia 1998), ma sempre con squadre che il Mondiale l’avrebbero potuto vincere anche in campo neutro. Situazione non rara nemmeno in quei festival dell’opinabilità che sono le partite di rugby (chissà se i neozelandesi avranno apprezzato la retorica di Invictus) o di pallanuoto, per non parlare del basket (l’Europeo greco del 1987 o quello tedesco del 1993 possono rendere l’idea). Meno vista in discipline dove l’arbitraggio conta meno (pallavolo) e nello stesso hockey, con l’eccezione di Squaw Valley 1960 e del Miracle on Ice del 1980 quando una squadra di livello non eccelso (in pratica una mista di due università) riuscì a battere la migliore Unione Sovietica di sempre in quella che fu la partita decisiva (ma non la finale, come in mille servizi si è sentito). I canadesi a Calgary 1988 finirono quarti, per dire.Va anche precisato che fino a Nagano 1998 ed al via libera della NHL ai suoi campioni l’albo d’oro va letto con l’asterisco, con tutto il rispetto per Makarov-Krutov-Larionov.
2. Un arbitraggio pro-spettacolo, per quel poco che capiamo. Pochissime penalità, come raramente accaduto in una partita di tale importanza, e tensione incanalata nel giusto modo fra super-professionisti che nella Nhl sono compagni o rivali. Golden goal da copertina del ‘Next One’ Sidney Crosby, visto meglio in altre partite e che nei tempi regolamentari aveva avuto un’occasione pazzesca per chiudere la partita. A 22 anni ha già una Stanley Cup da protagonista e un oro olimpico nell’Olimpiade di casa: probabile che in Canada sia a livelli di Klammer-Austria o di Senna-Brasile. 
3. Un hockey pulito e con contatti duri del genere onesto, contrariamente al luogo comune ed ai pareri di molti esperti che vedono nel Nord-America il demonio e nell’Est Europa la purezza tecnica. E’ bello non essere esperti, a volte.
4. Un pubblico appassionato, come calore molto più simile al pubblico NHL di quanto quello del basket NCAA sia simile a quello NBA. Con un meccanismo di identificazione con i protagonisti che scatta più facilmente. Siamo devoti del dio basketball, al punto di seguire anche le partite della nostra serie A, ma l’ultimo dei ripetenti dell’ultimo corso serale di marketing noterebbe che nell’hockey ghiaccio un pubblico al 99% di bianchi segue uno sport con il 99% dei campioni bianchi mentre nel basket un pubblico al 90% di bianchi segue uno sport con i campioni al 90% neri. Noi non dobbiamo vendere prodotti e continueremo a guardare soprattutto il basket, ma qualche pensiero (cattivo) viene lo stesso.
5. Tutto è percezione. Di un primo ministro europeo presente alla finale del Mondiale in Sudafrica con la maglietta della Nazionale, mettiamo un Berlusconi o un Gordon Brown, penseremmo automaticamente che si tratti di un cialtrone che vuole cavalcare l’onda (lo pensammo a suo tempo anche di Pertini e Spadolini, non esattamente due appassionati di calcio). Vedere Stephen Harper, di solito ingiacchettata comparsa ai G-qualcosa, con la maglia della nazionale di hockey al pari di Mister Hockey Gordie Howe (uno che con i Giochi aperti ai pro avrebbe trascinato il Canada a cinque ori di fila) ci è invece sembrato naturale. Sarà la percezione, come per il disco.
stefano@indiscreto.it

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