La pallacanestro di Draghi

4 Febbraio 2021 di Stefano Olivari

Mario Draghi, il presidente del consiglio incaricato della formazione di un nuovo governo per l’Italia, ha giocato a pallacanestro da giovane, nella squadra del liceo Massimo. Ed ha conservato da adulto la passione per questo sport, al punto di consentire che spendessero il suo nome per la candidatura italiana al Mondiale 2014, una delle poche uscite pop dell’ex presidente della BCE fuori dal grande giro dell’economia e della politica.

Non è che Draghi si fosse esibito in video di tiro dagli angoli, alla Obama, ma certo la presenza del suo nome nel comitato d’onore della candidatura italiana aveva sorpreso molti ed anche avuto un certo peso: perché quella FIP commissariata (il commissario messo lì da Petrucci era Meneghin, che poi sarebbe diventato presidente) nel 2009 superò 7 candidature ambiziose, fra cui Francia e Cina, giocandosela alla votazione finale con la Spagna, che prevalse 11 a 8.

Questa manifestazione di simpatia per il suo sport giovanile è bastata per trasformare Draghi in una specie di Jerry West romano, per i media alla caccia di particolari curiosi e che nemmeno concepiscono l’assenza di un personaggio pubblico dai social network. Ma del resto se torrenti di bava erano stati versati per Conte, a volte per naturale servilismo e a volte per linea editoriale, è logico che si usi lo stesso metro per uno che ha una cilindrata un po’ diversa dalla creatura di Di Maio e Salvini, poi ribellatasi ad entrambi come Frankenstein.

Ma dicevamo della costruzione mediatica di Draghi, necessaria anche per un personaggio di assoluta sostanza e rilievo internazionale come lui. In questi primi giorni, visto che non è che la pallacanestro faccia presa sul grande pubblico e che il suo tifo per la Roma non arriva alla frequentazione della Curva Sud e nemmeno della tribuna d’onore un tempo gestita da Malagò, notiamo la riproposizione delle articolesse sulla sobrietà e sulla riservatezza, che cambiando i nomi del protagonista, della moglie e dei figli, sono esattamente le stesse dedicate a Ciampi o a Monti.

Come se in qualche modo si dovesse far digerire alla pancia del paese il fatto che Draghi pur valendo molto di più di un qualunque politico italiano non è stato, in fin dei conti, eletto da nessuno. Nemmeno in maniera mediata, in collegi blindati o cose del genere. Pensiamo però che la pancia del paese nel 2021 sia maggiormente predisposta verso una soluzione del genere, senza stare a sottilizzare troppo sulla legittimazione popolare: se la democrazia sceglie governanti incapaci e ignoranti, come è accaduto non solo in Italia, perché dovremmo scegliere la democrazia? Il vero pericolo del caso Draghi è questo sentimento diffuso, onestamente anche dentro di noi.

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