La pace con Dado Lombardi

25 Gennaio 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni alla ricerca dell’orso con gli occhiali, nel parco cileno della Torres del Paine, per chiedergli se c’è un posto nel branco, facendo felici quelli che ti mettono fra i plantigradi, tanto per non darti alcun vaccino, sorriso, abbraccio. Nel viaggio ci siamo portati gli agenti di tanti allenatori sportivi, davvero strana gente. Villani e furbastri insieme a gentiluomini, vecchie lenze e strani anatroccoli. Come sempre la notte, anche in Cile, pur leggendo Sepulveda, ti fa pensare che al risveglio scriverai grandi cose. Ricordarsele come nel sogno, però, è impossibile.

Volevamo partire dagli urli di Conte, dalla disperazione di Gattuso, poi la Gazza che tratta il basket come la serie C si difende prima facendo parlare l’ottantenne Galeone, un genio, poi dicendo che lo spazio per la palla al cesto è anche troppo dando ragione al Dallera che sul Corrierone ha messo in chiaro lo stato del sistema cestistico nazionale: vecchie comari che litigano su tutto e stanno per essere travolte da una stagione con troppe partite da recuperare, con bilanci sempre più in rosso, sapendo che nella buca della retrocessione andrà a finire un po’ della nostra storia se Cantù resta questa, se Varese non troverà il mago di Oz sotto il monte, fra i giardini.

All’orso che ci guarda dietro gli occhiali non raccontiamo niente della povera terra da dove veniamo, dove muoiono di freddo i poveracci anche intorno a San Pietro, dove si sbagliano cifre per chiudere o aprire, rovinando un sacco di gente: i contagiati e i contagiabili mentre nella disperazione i soliti noti berciano, avvelenano, insinuano e vorrebbe pure portarci a votare.

Per farlo stare allegro, questo orso simpatico, gli spieghiamo che Trinchieri racconterà domani perché non ha stretto la mano a Laso, Real, a Messina, Armani. Ettorre non farà fatica a chiarire perché ha parlato prima di chi aveva diritto visto che il “tedesco” era in spogliatoio a cercare una squadra mai arrivata a Milano. Nella NBA una roba del genere avrebbe alleggerito portafogli a Milano e in Baviera, anche se lassù hanno problemi anche più grossi e cominciano ad aver paura di dover sospendere o creare una bolla come nell’ultima stagione.

Tutti fuori tempo, nelle formule, nelle pretese. Si sapeva, Si doveva sapere. Bastava il coraggio e se hai il plebiscito dei voti  tu, Petrucci, hai pure il dovere di indicare una rotta, aprendo al coraggio e chiudendo all’ignoranza di chi fa le squadre pescando al mercato, senza capire dove stava andando a sbattere,  anche se al momento soltanto la Roma del Toti è sotto un ponte come, ci dicono, qualche giocatore che in passato ha guadagnato molto, ma ora dorme sulle panchine.

Sui campi di basket sventola più di una bandiera bianca e le prime della classe hanno tutte tossito, qualcuna correttamente, mandando gocce verso il gomito, tipo la Milano che a Treviso se l’è cavata anche bene pur con tante assenze, o magari la Reyer che sui falli intenzionali, veri o presunti, ha costruito la sua rimonta contro  una Cremona bella proprio come la squadra di Menetti. Non aveva la tosse, invece, questa Sassari che prendendo Happ lancia una sfida evidente a Milano rinforzandosi dove l’Armani sembra avere meno forza anche se LeDay è la maschera per tutti i problemi al centro. Il Poz a Trieste, la sua culla, è stato davvero spietato facendo capire a Dalmasson che i suoi giannizzeri, dopo tanti e meritati complimenti, stavano dormendo in un brodo che non meritavano.

Non parliamo della tosse asinina che tormenta da molto tempo  in “ casa” una Virtus che davvero non sente la musica nel cuore,  stona troppe volte per farci credere che giocatori indolenti sono vittime di un allenatore costretto  a pensare anche troppo per farli stare bene, sapendo come stanno le cose con la proprietà. Ora direte che ci  si contraddice parlando male della Virtus dimenticando che Brescia ha fatto un capolavoro e che in molti, noi per primi, avevamo criticato il sacrificio di Esposito, pur sapendo che Buscaglia è tipo che sa  far pentire che lo sottovaluta, gli è successo anche a Trento, nel catino infernale della federazione, dove lo consideravano un po’ orso. Certo con la Virtus  si fa spesso festa, ma di sicuro Brescia ha una luce diversa negli occhi, anche quando perde.

Prima di andare nella tana dell’orso dobbiamo anche raccontarvi la tristezza per aver dovuto salutare Gianfranco Dado Lombardi, livornese, artista, campione, un fanfaron de la Tulipe che vinceva titoli come capocannoniere, prodigio diciannovenne alle Olimpiadi romane, la prime delle tre che ha giocato, adorabile bugiardo per cui abbiamo litigato, che abbiamo squalificato per tentata circonvenzione d’incapace, nel caso la personale capacità di concentrarsi sulle carte, con cui abbiamo fatto volentieri la pace in terra francese.

Lui era il simbolo della Virtus del maestro Tracuzzi. Lui era tutto, fin troppo e lo sanno compagni che dovevano sopportarne il super ego. Ingombrante sempre, anche quando ti prometteva spazio per giocare come al filosofo Bonaga e poi, dopo tre tiri del giovane che avrebbe dovuto proteggere  in prima squadra, l’urlaccio: ‘Qui la stella sono io‘. Proprio con i Bonaga avevamo passato serate speciali discutendo del Dado seduti davanti al Palazzo di piazza Azzarita. Loro stravedevano per quel guascone, noi pensavamo che Pieri incarnasse la vera essenza di una squadra, della trasformazione di un giocatore. Sarà per questo che Dado brontolon se la prendeva con tanti, soprattutto con quelli che giocavano a Milano e non si stupiva se poi finiva a schiaffi o se Giancarlo Primo sostituendo il professor Paratore ha cercato altrove uomini per la sua Azzurra.

Dicevamo della squalifica. Venezia. Campo neutro per un recupero fra l’altra Milano di Riccardo Sales e la sua Fortitudo, dove si era trasferito dalla Virtus, lasciandovi immaginare cosa accadde, ma anche il motivo per cui fu ceduto alla sponda di via San Felice. Vigilia con giochi di carte. Lui e Angelini, gigante stupendo, mischiavano il mazzo non certo a favore del cronistello arrogante. Pochi soldi perduti, ma sempre una perdita dolorosa che soltanto Beppe Lamberti, con Piero Parisini, recuperò dandoci una lezione: impara, stai al tuo posto. Ci intrigava il suo viaggio come allenatore, anche se amareggiati dalle tensioni con Paolo Vittori. Era divertente, faceva bei risultati, ci siamo goduti le imitazioni dei suoi ex giocatori, grati per come aveva fatto concludere in gloria la carriera di Pino Brumatti leone di tanti nostri inverni e di molte primavere. Però restavamo sulla squalifica. Fino all’europeo francese, quello vinto da Boscia Tanjevic nel 1999. Franco Lauro lo aveva voluto come spalla per le telecronache. Nei trasferimenti ci trovammo negli stessi alberghi. A Le Mans fu pace definitiva. Una notte meravigliosa anche se guardavamo allarmati alla legnata che ci aveva dato la Lituania. Ci ha addolorato sapere che si era quasi nascosto sul lago di Varese. Ci ha fatto piangere sapere che se ne è andato, ma è stato bello rivederlo nelle immagini nel minuto di silenzio giustamente dedicato ad un campione sul campo e in panchina.

Le pagelle rubando gli occhiali all’orso di Neruda e Speulveda.

10 A POZZECCO che si è ricordato alla fine della cavalcata contro la sua Trieste di Lombardi e di Teresa Bernardi, la vera pasionaria nella casa di Virginio, un amico geniale a cui tutto il basket è vicino in questo momento triste.

9 Al ventenne siciliano Giordano BORTOLANI per il suo partitone contro la Virtus, contro Belinelli, per questa risalita dopo averci fatto temere che avesse consiglieri sbagliati che lo stavano confondendo. Bravo Buscaglia a trovare il modo di restituirlo al gioco più che alle parole e alle chimere. Milano che lo ha prestato cosa prevede per lui?

8 Al REPESA che non si ferma davvero ai complimenti e fa correre davvero bene questa Pesaro che torna ad essere la regina di una città dove sanno cosa vuol dire amare, soprattutto se fai bene quello per cui ti hanno ingaggiato.

7 A Gabriele PROCIDA unica consolazione nella disperazione per questa Cantù che rotola verso il fondo.

6 A SPISSU perché ogni volta che pensiamo di vederlo scavalcato nel ruolo per guidare Azzurra nella qualificazione quasi impossibile lui ci sbalordisce.

5 A TREVISO e CREMONA che stavano facendo il  contropelo a Milano e Venezia, perché rimpiangeranno di non aver avuto almeno un uomo in più per questo tipo di sfide. Certo sono da otto per come hanno lottato.

4 Ai GIOCATORI di TRIESTE che sembravano tutti incantati davanti ai titoli di giornale, dimenticando che Sassari non li avrebbe certo invitati alla festa senza chiedere se valevano davvero. In molti hanno fatto sapere di non meritare ancora elogi.

3 A CESARE PANCOTTO non tanto per come stanno andando le cose a Cantù, ma per essersi preso ogni responsabilità, questo vale pur sempre un nove per il veterano, quando la verità è che tutta la società è coinvolta, non parliamo di certi giocatori.

2 Al RESPONSABILE degli ARBITRI, pochi bravi, molti bulli, se per la coppa Italia non organizzerà un incontro con gli allenatori spiegando bene come scatta il fallo intenzionale. In certi casi vanno a naso, seguendo, non per caso, il profumo  di chi conta di più.

1 All’ULEB che lascia girare anche gente che non merita, molti arbitri in testa, che non interviene quando giocatori o allenatori la fanno fuori dal vaso. La preoccupazione di finire una stagione balorda sembra aver fatto dimenticare il buon senso e il buon gusto.

0 A PETRUCCI e GANDINI, federazione e Lega, se non risponderanno, cercando di convincerci, alle giuste critiche partite domenica sulle pagine del Corriere e firmate da capo dello sport, il nostro Giganton.

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