La mezza di Heidi

9 Luglio 2013 di Silvana Lattanzio

All’Alpe di Siusi si è corsa domenica la prima edizione della Mezza Maratona più alta d’Europa, con il suo tracciato in quota 2.000, oltre ai suoi impietosi saliscendi per un totale di 600 m di dislivello. E, con l’aria rarefatta di montagna, correre non è come scriverlo! Eppure, sulla linea di partenza si sono schierati ben 251 atleti, tutti agguerriti e pronti ad affrontare i fatidici 21,197 km. Di questi, 60 sono state le donne, anzi, le ironwoman finisher. Ore 10.30 esatte, con precisione quasi teutonica, c’è stato lo start. Partenza e arrivo al Compaccio. Il variopinto sciame di podisti dalle magliette colorate si è da subito inerpicato su per una striscia d’asfalto che ben presto è diventato sterrato; quasi tutto il tracciato, infatti, è off road. Panorami mozzafiato, più belli di quanto si immagini, oltre le aspettative. Siamo nell’altopiano più vasto d’Europa con le Dolomiti a far da cornice, dichiarato Patrimonio Naturale dell’Umanità, ai piedi degli inconfondibili Sciliar, Sasso Piatto e Sasso Lungo. Coi suoi prati fioriti e le mucche al pascolo, sembra che da un momento all’altro sbuchi fuori Heidi con le sue caprette. Posto fantastico anche per vacanze in famiglia (sempre un po’ anche di corsa, però), con i suoi sentieri ben tracciati e con distanze e difficoltà per tutti i gusti.

Ma torniamo alla gara. Anche il clima ha dato una mano alle fatiche dei podisti, la giornata è stata fresca, tersa, scintillante. Insieme agli agonisti, ma fuori classifica, correvano i “mostri” della maratona, i signori incontrastati, i keniani di Gianni De Madonna, secondo a New York ’87. Con estrema nonchalance accompagnavano i primi della gara. Vince questa prima edizione Hannes Rungger, atleta trentunenne della Val Sarentino, col tempo di 1:16’21”, seguito da Hermann Achmuller e Denis Grasselli; Petra Pircher è prima tra le donne con il crono di 1:37’30”, Barbara Palazzini e Lauren Irwin alle sue spalle. Grande festa in zona finish line, con musica dal vivo e pasta party: oltre agli atleti, fianco a fianco sedevano anche semplici curiosi o villeggianti. Molto bello il coinvolgimento del paese intero a questa festa tutta dedicata allo sport.

Il giorno prima Stefano Baldini, oro in maratona ad Atene 2004, ha tenuto un convegno-incontro con i partecipanti alla gara di domenica per dare consigli e raccontare un po’ della sua storia agonistica. Attualmente è direttore tecnico della Nazionale italiana giovanile e quindi chi meglio di lui può rispondere alla domanda se c’è all’orizzonte un nuovo Baldini? La risposta è stata che è un po’ difficile, i problemi sono tanti: oltre all’indiscusso, e anche un po’ avvilente, strapotere africano, è che i giovani di oggi “fanno fatica a fare fatica”; sembra un gioco di parole ma rende benissimo l’idea della realtà del momento. Inoltre, in Italia il settore giovanile è seguito fino a 19 anni, poi gli eventuali talenti vengono abbandonati dalla Nazionale e così si perdono: chi studia, chi va a lavorare, chi non fa niente, mentre in America, ha raccontato come esempio, con i campus universitari i potenziali talenti hanno la possibilità di essere seguiti più a lungo, fino a 24 anni, il tempo di far venire fuori il campione oppure no. Un messaggio molto importante che Stefano ha voluto dispensare è che non è necessario essere dei fenomeni per diventare campioni e lui ne è un esempio. Non particolarmente dotato fisicamente, col duro lavoro suo e del suo staff è arrivato ad accedere ai palcoscenici mondiali dello sport. Corre ancora Stefano, ma non gareggia più dalla fine del 2010; corre per tenersi in forma: e che forma! Corre perché, dopo vent’anni di agonismo, se non lo fa gli viene mal di testa, corre per migliorare la qualità della vita: è acclarato da tutti gli studi medici che sport e salute vanno a braccetto.

Una maratoneta particolare è Helga Rauch, una giovane signora che non dimostra certo i suoi quasi quarant’anni: fisico asciutto, sorriso timido, nasconde una tempra e una forza di volontà rare. E’ una maratoneta da 2:52’, tanto per intenderci, e nel 2008 ha vinto la maratona di Zurigo. Ma è lontana dai clamori, vive con la sua famiglia in una malga che si raggiunge con una passeggiata di una mezz’oretta dal paese e dove si possono gustare piatti tipici locali. Lì, estate e inverno, si allena Helga, sempre da sola e sempre tanto; anche a -15°C: “Tanto il corpo si abitua, e quando scendo in pianura per gareggiare nelle maratone del mondo (New York, Parigi e molte altre nel suo palmarès, nda), il fiato non manca mai”.

Silvana Lattanzio, dall’Alpe di Siusi

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