Atletica

La lepre che si fece campione

Stefano Olivari 12/09/2009

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di Stefano Olivari

Parlando dello scazzo fra Gregory Konchellah, ancora per poco Yusuf Saad Kamel, ed il Bahrein, abbiamo ricordato di sfuggita la figura di suo padre Billy. Oggi criminale con pendenze in vari stati (stupro e spaccio di droga, soprattutto), negli anni Ottanta prima lepre e poi protagonista nell’età dell’oro del mezzofondo veloce. Di ottima famiglia, da ogni punto di vista, il ventenne Billy si rivela al mondo il 10 giugno 1981 a Firenze: non vincendo, ma scandendo il passo per il record del mondo di Sebastian Coe: proprio l’1’41”73 che sarebbe stato battuto solo 16 anni più tardi da Kipketer e che ancora oggi è la seconda prestazione mondiale all time (il fantastico tempo di David Rudisha domenica scorsa a Rieti è la quarta). Passaggio di Konchellah ai 400: 49”7. Quarto all’Olimpiade di Los Angeles, campione del mondo a Roma 1987, dopo anni anni di attacchi d’asma e di stravizi vince a sorpresa anche a Tokyo 1991, battendo l’elegante Barbosa e lo sbracciante Everett. L’ultimo urrah al Mondiale 1993 di Stoccarda, in una gara che molti italiani ben ricordano: oro all’altro keniano Paul Ruto (anche lui con un passato da lepre, non a caso vince da front runner), bronzo a Konchellah, in mezzo il bellissimo argento di Giuseppe D’Urso. E’ più o meno da quei giorni che i rapporti con il figlio futuro campione sono diventati quasi inesistenti.

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