La finestra di Villalta

30 Dicembre 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni in viaggio da Saint Tropez ad Imperia per seguire i profumi delle fritture ricordate da Alain Ducasse, il più famoso dei cuochi francesi che combattono i molecolari catalani, nel suo libro “La mia Costa Azzurra”, dove ogni pagina ricorda i giorni del vino e delle rose con Gianluigi e Paola Porelli fra i giardini del Majestic, l’isola Luisa, le stradine di Cannes, le soste sul mare per votare pesci e salse all’aglio prima del Calvados. Erano i nostri giorni, le feste non raccomandate dove il più straordinario dei peccatori invitava altri zingari perduti per il rosario che rimetteva a posto quasi tutto meno fegato e cervello. Vita. Pensieri liberi. Fantasie. Sogni. L’avvocatone non resisteva a nulla, ma la sua vita era suegno. E se non ne avesse avuti, diceva, seguendo Calderon della Barca, novello Sigismondo figlio del re di Polonia, non avrebbe potuto, quella esistenza fra bene e male, fra sfide  vinte e perse, chiamarsi tale. Per questo sognava un basket di battaglia ed amicizia, di contrasti, ma anche di passione condivisa. Rivalità, mai gelosia. Cosa che non succede adesso. Nella Lega, nelle società, nelle squadre.

Ce ne siamo accorti nel minuto di silenzio degli ottomila al Forum per ricordare l’avvocato Alessandro Alessandri, il traghettatore cortese da Bogoncelli ai Gabetti, ex presidente della Standa femminile. Pochissimi lo avevano conosciuto davvero quando era nel basket. Succede. Alla nostra Lega, poi, accade molto spesso ed è stato molto triste, un peccato grave, anche se non  siamo sorpresi, non ricordare uno come Gianni Cristofori, compagno  amabile di qualche viaggio per seguire la Virtus quando la legge del contrappasso e del gioco dell’oca ci aveva fatto tornare alla casella di partenza professionale dopo la chiusura della Voce.

La cosa strana è che questa Olimpia, così diversa dall’originale dei 25 scudetti, così ammaliata dall’ immagine che sul campo non è stata mai quella vera del principe Giorgio, si sia ricordata di un presidente che è passato nella sua storia come  capita alle persone per bene, senza farsi notare, lavorando per la società e la proprietà, così come faceva con quella Standa femminile dove non era sempre mare calmo come diceva spesso Marisa Geroni che adesso, purtroppo, combatte con la malattia, l’amputazione di una gamba, nella speranza, per noi vana, che qualcuno alla Federazione si interessi davvero del suo caso, sapendo che  per aprire una porticina in via Vitorchiano vogliono una massa di documenti, faldoni sulla malattia ed il resto. Speriamo che la terza grande del periodo illustrato da Persi e Pausich possa avere lo stesso riconoscimento ad aiuto da chi comanda e finge di non sapere che si può essere onesti ammettendo l’errore nella denuncia degli uffici tesseramento chiusi durante le feste, sapendo bene che comunque qualcosa che ostacola nuovi tesseramenti esiste. Certo è al Coni l’ostacolo: ma sono stati allertati, avvisati? Lui penserà a questo Coni del Malagò che lo fa friggere anche se ha trovato in Abete e Barelli due alleati per togliersi di dosso le fiamme del dopo elezioni quando il suo candidato Pagnozzi fu battuto. Secondo noi anche nel suo Comitato Olimpico santificavano le feste impippandosene di chi colpevolmente cerca sempre ricambi ad acquisti sbagliati.

Fossimo stati in Petrucci, ahinoi sembra invidia, gelosia, avremmo sfruttato bene questo equivoco palleggiato su campi rosa, già coltivato nel tempo e negli anni, per appoggiare quella che, finalmente, sembra una proposta seria di un dirigente. Nel caso il Renato Villalta che nella storia patria del nostro basket ha il suo monumento, non soltanto a Bologna o Mestre: il presidente della Granarolo chiede ai colleghi, figurarsi se lo ascolteranno anche adesso che  non possono più dare la colpa di tutte le decisioni sbagliate al “perfido” Minucci, di cambiare i vetri alle finestre sui tesseramenti. Questo andare e venire di giocatori rende davvero difficile affezionarsi a qualcuno, capire bene la squadra per cui stai tifando. Lui chiede una sola finestra aperta alla fine del girone d’andata, sarebbe anche più logico e regolare perché non puoi trovare sempre squadre diverse. Se uno si fa male prima dei play-off? Sfortuna. Abbiamo un libro sulle disavventure delle società che correvano per il titolo e poi l’hanno perduto. L’Eurolega, dove greci e spagnoli fanno quello che vogliono? Si potrebbe derogare per chi è in Europa, ma solo per la coppa, ammesso che sia giusto l’aiutino per chi ha buttato via soldi e tempo scegliendo gente sbagliata.

Ci si avvicina al giorno del primo giudizio nazionale con la grande ammucchiata per avere le otto che giocheranno in febbraio la coppa Italia a Milano. Due giornate per capire se  l’Emporio potrebbe addirittura presentarsi come testa di serie. Certo dovrà vincere a Sassari, arrivando dalla trasferta di Atene,  avendo nella testa la partita al Forum contro l’Olympiakos, dando quasi per scontato il successo casalingo all’ultimo turno contro Siena che anche rinforzandosi sugli esterni resta un brigantino fragile al centro se non guarisce Othello Hunter, anche se la squadra è governata bene da Crespi, anche se il gruppo sente di rappresentare qualcosa che ha fatto storia e nessuno, anche soltanto per vanità personale, può pensare di farla franca sperando che l’ammiragliato del Ferdinando rinunci alle pene corporali per chi si illude di contare più della Mens Sana come società.

Ecco il problema del giorno per tutti gli allenatori, non li chiamiamiamo poveri allenatori perché la biciclietta che si sono presi deve funzionare se sanno almeno pedalare: è la gelosia. Ora che tutti si sono rassegnati  davanti alla nuova Milano di Daniel Hackett che, in Italia, fa già paura così, pensate  allora a come saranno le cose quando Moss sarà guarito davvero e Samardo Samuels potrà dividere il tempo con il Gani Lawal che ha le stesse amnesie dei tempi romani quando meritava di stare anche seduto cosa che  ha portato disordine dove già c’erano strane vocazioni all’interferenza come dice Calvani, delle sue coraggiose parole al Corrierone e al Pedrazzi non abbiamo motivo di dubitare, persino con messaggi via telefonino a chi stava in panchina di fianco al capo allenatore. Rob de matt. Roma da Magnifica Bellezza di Sorrentino. L’Emporio del 2014 deve puntare molto più in alto che all’accoppiata  coppa Italia-Scudetto perché ha la squadra per competere in Europa. Passare alla terza fase vorrebbe dire segnalare ai naviganti del Vecchio Continente che Milano è tornata per diventare ostacolo anche a chi continua a dominare la scena come questo Real Madrid che Pepe Laso ha fatto diventare la squadra del momento perché nella casa blanca ci voleva uno spagnolo a rendere più armonico il tango della gelosia che di solito divora le squadre.

Sulla musica del maestro Mascheroni, ascoltando Connie Francis, pensando a Scola, Monica Vitti, al Leroy principe Lovanelli, ci mettiamo  seduti al pagellodromo.

10 A Renato VILLALTA per aver aperto una finestra da chiudere subito dopo aver cambiato i regolamenti sul tesseramento  continuo. Per aver detto chiaro al suo popolo virtussino che non si cambia. Si lavora  e se c’è qualche lavativo, qualche giovanotto che  pensa alla NBA e non sa neppure l’ABC, beh, gli si prepara la valigia o lo si fa stare seduto. Omaggi a chi ha fatto la storia della Virtus.

9 A Daniel HACKETT che ci sorprende da tanto tempo: pensavamo che fosse posseduto dall’ossessione NBA quando fallì a Treviso, ma a Pesaro tornò a volare. Poi eravamo convinti che fossero solanto capricci quella fuga dal gel di Scariolo che lo aveva trattato da cinno, sicuri che a Siena, dove tutto era cambiato, non ce l’avrebbe fatta. Smentiti. Lo abbiamo rimpianto ogni sera  all’Europeo. Sapevamo che aveva  progetti americani come tarlo. Insomma lo davamo sulla zattera delle incertezze. Lui ha retto. Se ne è andato con Siena prima in classifica. A Milano, ci siamo detti, vorrà far sapere che non è venuto per fare da specchio mentre altri sparano ogni pallone che passa dalle loro mani o, peggio, lo fermano per sentire se dentro c’è la sorpresa. Niente. Paciere, padrino, uomo di pace e di idee per allargare il campo, facendo capire che quando c’è spazio per tutti ci sarà anche gloria per tutti. Tanto di cappello, anche se lui ne può indossare soltanto di speciali sopra quella capigliatura così pericolosa per le docce invernali.

8 Al SAKOTA uscito dalla nebbia sotto il Sacromonte varesino come se il boato della curva lo avesse risvegliato e fatto apparire diverso al suo allenatore. Ora, però, non faccia come Polonara che dopo  qualche giorno di gloria si è di nuovo accartocciato, faccia chiarezza con il mondo intorno a  Frates che sarà anche uno esigente, che lo ha trattato meno bene di Vitucci, ma, come tutti gli allenatori, vuole vincere e manda dentro chi si è allenato bene e chi vuole essere un vero protagonista.

7 A Livio PROLI per aver onorato un presidente cortese come Alessandro Alessandri che lui certo non ha conosciuto visto che negli anni di pasaggio della società da Bogoncelli a Gabetti lui aveva altri sogni e altre passioni, ma di cui si è certo fatto raccontare qualcosa dal Dan Peterson che, purtroppo, non è ancora tornato a Sky dove lo ascolteremmo volentieri per l’Eurolega.

6 Al Piero BUCCHI che ha pasato la nuttata con la sua Brindisi e ha ritrovato in tempo almeno lo spirito corsaro che nelle prime giornate alimentava lo spirito di gruppo di una squadra dove, come  capita spesso, se togli l’equivoco del giocatore insoddisfatto ritrovi in fretta tutti gli altri.

5 Al veterano PANCOTTO che ha ragione ad urlare contro certi giocatori, fa bene a cercare soluzioni diverse per la Cremona che sta in fondo alla classifica dividendo il pane amaro con Pesaro, ma non può urlare “adesso tirate fuori gli attributi”. Caro Cesare, se li avessero avuti forse ci sarebbe ancora Gresta che pure sembra il grande demiurgo pacificatore dopo l’artiglio Caja.

4 Alla LEGA smemorata che non ricorda chi ha fatto parte integrante della sua famiglia, raccontando il basket come Gianni CRISTOFORI, per questa concessione  agli spostamenti in calendario che sembra aver chiesto lo streaming striminzito della Gazzetta. Voto ispirato da viperignu Costa sul Carlino? Anche. Ma è pura verità. Cosa vuol dire il posticipo Reggio Emilia-Venezia nello domenica nuda di calcio armato? È regolare comprare un abbonamento e poi trovarsi la partita spostata in giorno feriale?  Vi va bene cari legaioli che queso basket festaiolo non circondato dal calcio, da tutto il calcio, ha trovato successo di pubblico dovunque. In Lega Gold c’è chi fa incassi anche superiori alla serie A professionistica, Torino in testa.

3 A Beppe POETA che ancora tentenna fuori dal ring. CI aveva giurato che non era una questione di soldi. Ci aveva confessato di allenarsi ogni mattina e ogni giorno con le giovanili essendo stato messo fuori rosa dalla Virtus. Ora ci spieghi cosa manca nelle offerte di chi lo vorrebbe in squadra se non è questione di soldi, a meno che l’offerta sia mortificante per chi aveva un biennale bianconero. Qualcuno faccia qualcosa. Azzurri disoccupati o  che finiscono in serie gold come Mancinelli non fanno altro che togliere forza contrattuale a chi pretende che siaso gli italiani i protagonisti sul campo.

2 Alla vicepresidente  federale CREMASCOLI che non ha ancora fatto sapere come si regolerà quando lascerà Cantù, anche se capiamo bene la sua tristezza proprio adesso che ci sarebbe bisogno di intervenire sul mercato perché la squadra è già al limite della resistenza fisica e mentale. Con i diavoli di Recalcati se l’è cavata, ma non sarà  sempre così. Cara Cantuki gemellata con Brindisi per quello striscione che ricorda ai politici le loro menzogne sul palazzo nuovo, tempi duri, ma per fortuna c’è il Sacripanti che non ha paura di niente, neppure di andare alle riunioni tecniche del settore squadre nazionali dove lo guardano come Renzo Tramaglino.

1 A IMOLA che dopo aver chiesto al diablo ESPOSITO il massimo sacrificio, dopo averlo mandato in campo a 44 anni, complimenti per i 7 punti, sembra già rassegnata  a scendere nella serie argento portandoci via un altro dei campi decenti che una volta servivano alla serie A  vera per nascondere i suoi peccati.

0 Ai MARRANI che hanno tempestato con pietre il pullman di Pesaro nella trasferta di Bologna. Faida per lo scontro estivo, prima di un’amichevole, fra gente che non ama nessuno, sicuramente non lo sport che ha regole ed etica di rispetto, figurarsi chi porta insegne di altre squadre. Episodio non punito in maniera  esemplare come si chiedeva, avvenimento prevedibile non tamponato da chi finge un controllo e poi ritira l’accendino ma non il fumogeno.

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