La fine di Air Italy e dell’Aga Khan

11 Febbraio 2020 di Indiscreto

Air Italy è fallita e dopo il 25 febbraio quasi certamente non volerà più, per esprimersi nel linguaggio comune. Tecnicamente invece è stata messa in liquidazione dai soci, anzi dal socio unico (la AQA Holding, di proprietà al 51% di Alisarda, cioè in pratica dell’Aga Khan, e al 49 della Qatar Airways), dopo anni di perdite enormi, in rapporto alla grandezza. Ed è già partito il solito circo politico, solo che qui nessun gioiello italiano è stato svenduto e non c’è niente di strategico da tenere in vita in perdita, come al limite potrebbe essere l’Ilva. Semplicemente un’attività economica andata male e da chiudere.

La fine di Air Italy ci ha colpito da meri utilizzatori finali, perché come milioni di italiani abbiamo volato con tutte le compagnie della sua lunga storia. Prima di tutto con Alisarda, fondata nel 1963 da Karīm al-Husaynī, da tutti conosciuto come il quarto Aga Khan, quarantovesimo Imam dei musulmani ismaeliti nazariti (una sottocategoria dei musulmani sciiti) e come imprenditore inventore, senza mezzi termini, della Costa Smeralda e in generale di una certa idea di Sardegna, all’epoca più vendibile (mentre oggi ha forse più mercato quella reale). Il Milano-Olbia e il Roma-Olbia raccontavano una parte dell’Italia meglio dei Vanzina.

Va detto che Alisarda non sarebbe mai stata una compagnia di massa e il milione di passeggeri l’anno lo avrebbe superato soltanto dopo la trasformazione in Meridiana, iniziata nel 1991. L’intenzione era quella di espandersi, anche con voli internazionali e sganciando la propria immagine da quella di voli per i turisti. E il risultato fu che alla fine dello scorso millennio si toccarono i 4 milioni passeggeri a stagione. Per fare un confronto, nel 1998 Alitalia viaggiava sui 24 milioni di passeggeri.

L’inizio della fine nel 2006, con l’acquisizione di Eurofly, seguita nel 2011 dall’integrazione con la già esistente Air Italy. Dopo varie vicissitudini nel 2016 arrivano i qatarioti e due anni dopo tutto verrà ribrandizzato Air Italy, per non generare confusione. Grandi piani, in linea con il gigantismo predicato da certi professori (“Oggi per competere bisogna avere grandi dimensioni, signora mia”), con i dirigenti che parlavano in scioltezza di 10.000 assunzioni. Per fortuna, si fa per dire, rimaranno invece disoccupati solo in 1.500.

Conclusione? Con la scusa dei 1.500 qualche politico proverà ad inventarsi, con formule diverse, porcate tipo i vari prestiti ponte fatti all’Alitalia. Ma se già non dovrebbe fregarcene niente dei soldi persi da imprenditori italiani, figuriamoci cosa pensiamo di quelli persi dagli arabi. Pensando alla storia di Alisarda ed Air Italy viene in mente Mino Raiola: meglio essere una boutique, se non sai fare l’industriale.

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