La fine dell’era borghese

7 Febbraio 2011 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari 
5 – La nascita degli ultras, l’allenatore nel pallone, i professionisti della Pro Vercelli, lo spirito dell’Inter e lo scudetto dimenticato della Juventus.


La formula con il gironcino finale piace alla FIF, che per la sua nona stagione cerca senza successo di attirare nuove squadre e soprattutto nuove regioni in modo che il campionato italiano riguardi davvero l’Italia. Missione fallita anche in quel 1906, della partita sono solo in cinque con la Juventus campione piemontese per mancanza di altri piemontesi partecipanti. Al gironcino finale si qualificano la Juve campione in carica, il Milan e il Genoa. Il pubblico inizia ad aumentare, da poche centinaia di persone si supera spesso quota mille. E’ la stagione in cui i tifosi iniziano a viaggiare in trasferta, complice un calendario che rispetto al passato viene comunicato con largo anticipo. E proprio durante una di queste trasferte i tifosi del Genoa, a Torino, invadono il campo per protesta contro un arbitraggio ritenuto troppo favorevole alla Juventus. Rissa generale, e ripetizione della partita in campo neutro a Milano. Vince la Juventus e così il Genoa, per ripicca, rinuncia alla partita contro il Milan concedendo la vittoria a tavolino ai rossoneri. Il regolamente della federazione stabilisce che lo spareggio debba disputarsi sul campo della squadra con la miglior differenza reti, che sarebbe il Milan. La Juventus però non ci sta e fa pressione sulla FIF perché le reti delle partite vinte a tavolino non contino. Ne nasce una battaglia legale che conquista sui giornali più spazio del calcio vero (vi ricorda qualcosa?) e che viene vinta dai torinesi. Finisce pari, bisogna trovare una sede per la ripetizione in campo neutro. La FIF questa volta dà ragione al Milan, scegliendo Milano (ma sul campo della Milanese). La Juventus non ci sta e questa volta è lei a non presentarsi all’appuntamento. Il Milan vince così il suo secondo campionato, fino a questo momento il più polemico e violento della storia. Umberto Malvano, ingegnere e attaccante rossonero con un passato nella Juventus, decide di non giocare lo spareggio di Torino per le minacce ricevute dai suoi vecchi tifosi. Deluso dall’ambiente, si ritirerà poche settimane dopo ma il virus gli rimarrà in circolo: diventerà arbitro e addirittura vicepresidente della Figc. Le dimensioni del calcio sono ancora piccole, ma ci sono già in embrione tutti gli elementi sia del suo successo che delle sue degenerazioni.

Il campionato del 1907 è più tranquillo del precedente sotto il profilo dell’ordine pubblico, ma anche più ricco di sorprese. In Piemonte il neonato Torino supera la Juventus mentre in Liguria l’Andrea Doria sorprende il Genoa. Il Milan è molto più forte del Milan già campione, gli basta non perdere con il Torino e stracciare il Doria per essere conquistare il terzo titolo italiano fra una Palla Dapples e l’altra. A bordocampo si vede una novità: l’allenatore non è più uno dei giocatori (fino all’anno prima è stato Kilpin), ma uno che fa solo l’allenatore: Daniele Angeloni, peraltro giocatore rossonero fino a poco tempo prima. Un passo importante verso la professionalizzazione dell’ambiente, non ancora davvero professionistico ma già con soldi significativi a fare da incentivo. Ai giovin signori e agli emigranti si sono infatti affiancati in pianta stabile piccolo borghesi che dal calcio traggono una parte importante del proprio sostentamento. E il fenomeno si espande anche in regioni dove il gioco è a un livello organizzativo e tecnico inferiore. Quella che sta bruciando le tappe è il Lazio, dove in quello stesso 1907 la FIF organizza un campionato di prova, tanto per vedere l’effetto che fa. E’ il cosiddetto Campionato Romano, che non avrà sviluppi ma getterà un seme importante. Intanto dopo il terzo titolo del Milan le federazione prende una decisione davvero a sorpresa, considerando l’origine del calcio italiano: la chiusura del campionato agli stranieri. Una mossa chiaramente contro i club delle grandi città, per consentire alla provincia di essere competitiva. L’obbiettivo è allargare il numero di partecipanti al campionato, facendo entrare in scena nuove regioni. Di sicuro, anche se gli stranieri torneranno, questa scelta chiude l’epoca pionieristica e borghese del nostro calcio. 


La fase borghese e anglofila (per non dire direttamente inglese) del nostro calcio si chiude quindi nel 1907, quando la la federazione decide di italianizzare questo sport che si sta facendo largo nell’immaginario collettivo pur essendo ancora lontano dalla popolarità del ciclismo o dal prestigio di ginnastica e scherma. L’intento di marketing (versione 1907) della FIF è quello di uscire dal triangolo Milano-Torino-Genova e conquistare il paese, l’effetto pratico è quello di ribaltare in pochi mesi tutti i valori sportivi facendo scappare le società più forti. Non è un caso, che di fronte al’improvviso e improvvisato no allo straniero (parlare di chiusura delle frontiere non si può, visto che si tratta di stranieri residenti in Italia per motivi extracalcistici) Genoa, Milan e Torino si rifiutino di partecipare all’undicesimo campionato. La Juventus tentenna, poi si piega alla federazione e manda in campo una formazione di soli italiani che viene superata dalla Pro Vercelli nel girone piemontese. La Pro Vercelli, nata come Ginnastica nel 1892 ma che fa calcio dal 1903, schiera molti elementi che hanno come occupazione principale il calcio e che si allena quasi tutti i giorni della settimana: non siamo al professionismo, ma solo perché i soldi sono pochi. In ogni caso i vercellesi vincono il gironcino finale a tre davanti a Milanese e Andrea Doria e diventano così il quarto club affiliato alla federazione a potersi definire campione d’Italia dopo Genoa, Milan e Juventus. Nomi citati non a caso, perché il campionato non può essere una cosa seria senza Genoa, Milan (e Torino) e con una Juventus di mezze figure. Per la FIF arriva il momento di fare una parziale marcia indietro: non c’è ancora una Nazionale da preservare e se lo può quindi permettere.

Nel 1908 il dibattito ‘straniero sì-straniero no’ appassiona più del livello di quello che si vede in campo, portando a litigi e scissioni praticamente in ogni parte d’Italia. La più famosa di queste vicende riguarda il Milan, assente come abbiamo visto dal campionato 1908 per protesta contro l’improvvisazione della FIF (diventerà FIGC nel 1909) nella chiusura ai giocatori non italiani. Nel merito molti soci rossoneri sono in realtà d’accordo con la federazione, pensando che il calcio italiano debba essere riservato agli italiani. Fra i contrari ovviamente i soci non italiani (quasi tutti svizzeri) ma anche diversi italiani, che un giorno di marzo (il 9) decidono di staccarsi dal Milan e di fondare una nuova entità calcistica milanese che andrà ad aggiungersi ai rossoneri, alla Milanese e all’Ausonia. Nasce il Football Club Internazionale Milano, cioè l’Inter, proprio in questa chiave liberista. Nel 1909 con gli stranieri è della partita anche il Veneto, per merito del Venezia. In Liguria, Piemonte e Lombardia gli scontri sono appassionanti, il calcio sta davvero decollando. Anche come polemiche, visto che le grandi tradizionali accusano la federazione di parteggiare per i club che non hanno partecipato all’ammutinamento dell’anno prima. E’ una critica fondata, visto che delle grandi passa alle semifinali nazionali solo il Genoa dopo un drammatico spareggio con l’Andrea Doria. I rossoblu si trovano di fronte una Pro Vercelli che è più forte del previsto e che li supera pareggiando in trasferta nella partita di ritorno, in un clima infuocato che la federazione fatica a gestire: borghesi di città contro professionisti di provincia, una contrapposizione tagliata con l’accetta ma che può rendere l’idea. Nell

’altra semifinale la Milanese passeggia, nel vero senso dell’espressione, con il Venezia (7 a 1 e 11 a 2…) ma la finale decreta un altro suo secondo posto nonostante la gara di ritorno a Milano. Per la Pro Vercelli è il secondo titolo di Prima Categoria, per il calcio italiano il momento di un altro salto di qualità: le qualificazioni su base regionale, riducendo poi il vero campionato a poche partite, non bastano più.


La doppietta della Pro Vercelli non deve far dimenticare che in quel biennio si giocano due campionati italiani sotto la giurisidizione della federazione: non siamo alla contrapposizione calcio federale-calcio ginnastico, di cui si è parlato a lungo, ma proprio a due tornei FIF con due distinti campioni. Ricordare questi fatti non è insomma una fissazione da storici della porta (o del bar) accanto, ma una doverosa nota a margine. Abbiamo già visto come nel 1907 la federazione abbia stoppato l’impiego degli stranieri, dopo dieci stagioni di libertà e senza ricordare l’impulso da loro dato allo sviluppo del calcio in Italia. Con i soli italiani in campo si gioca quindi il Campionato Italiano (Coppa Romolo Buni, all’epoca lo si definisce anche così) di Prima Categoria. Ma per non scontentare grandi ormai storiche come Genoa, Milan e Torino la FIF dopo infinite polemiche si inventa un secondo torneo, chiamato Campionato Federale. In pratica la Prima Categoria dell’anno prima, con gli stranieri in campo e le squadre migliori che si contendono la vittoria. Un caos organizzativo totale, a cui contribuisce anche la doppia posizione della Juventus: che gioca sia il campionato per soli italiani che quello aperto a tutti. Nel primo viene eliminata dalla Pro Vercelli nel girone piemontese, nel secondo vince trascinata da Ernesto Borel (di professione commerciante, padre di Aldo e del più famoso Felice) e diventa quindi campione d’Italia in questa sorta di torneo ‘open’ superando l’Andrea Doria. Questo bianconero è un titolo dal peso specifico superiore a quello vinto in contemporanea dalla Pro Vercelli, in un campionato oltretutto federale e quindi degno di entrare negli albi d’oro. Nel 1909 c’è una seconda edizione del torneo, anche questa vinta dalla Juventus, ma essendo stati reintrodotti gli stranieri nel campionato ‘normale’ a questo secondo e ultimo campionato federale (che questa volta, grottescamente, viene riservato ai soli italiani) va dato poco valore. Gli albi d’oro esistono, ma non tutte le vittorie hanno la stessa importanza. Invece (o in aggiunta, per chi ci crede) degli scudetti moggiani la Juventus dovrebbe chiedere l’assegnazione almeno di quello del 1908.


stefano@indiscreto.it

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