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La fiducia di De Finetti

Stefano Olivari 24/06/2011

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Sia gli scommettitori professionisti che quelli dilettanti sono perdenti, ma non perché il loro bilancio finanziario sia negativo. Anzi, a volte se sono competenti nella materia specifica possono addirittura guadagnarci. Gli scommettitori sono perdenti perché accettano di partecipare ad un gioco con una speranza matematica minore rispetto alla posta.
Senza fare il solito esempio del Superenalotto, vera tassa sull’ignoranza, basti pensare alle scommesse a quota fissa dove l’aggio (somma delle probabilità secondo il banco, meno 100) spesso sfiora il 15% e nel gioco live è anche più alto visto che può sfruttare il fattore emotività. La vera domanda è quindi: perché anche le persone con nozioni matematiche di base scommettono? Una storica risposta è quella del grande matematico Bruno De Finetti, il principale esponente di una corrente di pensiero chiamata soggettivismo, secondo il quale la probabilità non è altro che il grado di fiducia che una persona ha nel verificarsi di un evento incerto. In questa impostazione la scommessa è un mero indicatore di questo grado di fiducia. Conclusione, che poi sarebbe il punto di partenza di ogni discorso teorico: al crescere della fiducia nel manifestarsi di un evento cresce la disponibilità a pagare un prezzo più alto per partecipare a una scommessa. E quindi la quota si abbassa. Per questo per il funzionamento del mercato delle scommesse la fiducia è fondamentale: chi non crede in quello che fa di solito tiene i soldi sotto il materasso. Dove vogliamo arrivare? Al farvi diffidare di pubblicazioni sponsorizzate che magnificano ‘buone quote’. Sono buone, sì, ma non per noi.



Stefano Olivari
(articolo pubblicato sul Giornale)

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