La direzione di Jennifer

25 Marzo 2013 di Stefano Olivari

Fra qualche settimana Jennifer Capriati subirà un processo per presunto stalking ai danni di un ex fidanzato e tanto è bastato per qualche editorialessa sul tennis professionistico che ruba l’adolescenza, sui padri che riversano sui figli le proprie frustrazioni sportive, sull’ossessività che è nemica dell’equilibrio, mentre sul sempre ottimo Ubitennis la questione è stata affrontata con una interessante analisi della carriera della ex numero uno del mondo. Uscendo dal discorso specifico sulla Capriati, visto che il suo privato non lo conosciamo e che comunque suo padre Stefano non assomiglia minimamente ad altri padri-padroni (quello di Jelena Dokic forse il peggiore di tutti) del tennis che hanno rovinato vite e carriere, ci piace però sottolineare che una vita senza obbiettivi è una non vita. Senza stimoli esterni un bambino non imparerebbe nemmeno a leggere, per questo prendersela con chi ha grandi ambizioni per sé e i propri figli è, questo sì, un atteggiamento da frustrati. Con le nostre fatture pagate a quindici mesi e il sempre più affannoso trascinarsi verso la fine del mese, il nostro grande equilibrio e i nostri interessi in più direzioni possiamo prenderli e infilarceli nel culo (non ci è venuta un’analisi più profonda). La Capriati avrà avuto sì un’adolescenza sacrificata, come del resto le diecimila Capriati che non sono mai diventate professioniste pur facendo gli stessi sacrifici, ma la sua vita ha avuto una direzione ed un senso. Nemmeno sgradito, anche con il senno di poi l’atteggiamento di Jennifer verso il tennis è ben diverso da quello negativo di Agassi o di distacco emotivo di un Becker. Un processo per stalking può capitare anche a una telefonista co.co.co, che magari l’anello nel negozio l’avrebbe preso per bisogno e non per cleptomania. Per non parlare di depressione e droga, non esattamente esclusive di chi nella sua professione è stato un numero uno.

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