La benzina di Pozzecco

Il punto sulla pallacanestro e sullo sport italiano: dal Giro d'Italia alle semifinali dei playoff, passando per la Sampdoria del '91 e i portabandiera olimpici...

21 Maggio 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni seguendo Conan Doyle alla ricerca di un cinese che possa guarire il dolore. Un vecchio tifoso del basket arrivato dalla Manciuria ci dice che invece di maledire il buio è meglio accendere una candela. Dobbiamo farlo ascoltando cento volte il Battiato che va oltre La Cura, è necessario cercare uno spiraglio nella tristezza per gli amici che se ne vanno, diventa fondamentale quando scopri che in televisione non esiste soltanto il bla bla del Briatore che Crozza mette nella giusta luce dentro lo scantinato, ma ci sono anche cose belle da vedere e il Porrà sullo scudetto della Sampdoria ci ricorda che esiste gente di qualità fra le scimmie urlatrici, così come Cassani nella tappa del Giro che ricordava il suo padre putativo Alfredo Martini, oltre a Bartali e Nencini. Competenza , passione.

Si capisce perché è facile ammirare chi fa così bene il proprio lavoro. Ad esempio Lele Oriali, la sua Inter, la Nazionale. Ecco un tipo che sa cosa vuol dire squadra, la sua vita da mediano va oltre la celebrazione in una canzone e chi ha la fortuna di collaborare con lui sa che gli deve molto. Il dietro le quinte delle grandi squadre è più importante delle tattiche. Certo servono pure quelle, ma è meglio se hai gente di qualità a legare campo e dirigenza, spogliatoio e petulanti dell’esterno. Nella Sampdoria dorata di Vialli e Mancini, come ci ricorderebbe il Rossi prima di perdersi fra le nuvole sopra le favelas, era l’accampamento organizzato  da Boskov e da Mantovani con Borea, gente abile e appassionata dove serviva. La stessa cosa potrebbero raccontare gli allenatori che hanno fatto storia negli sport di squadra.

Tutto questo per dirvi che nei giorni in cui il basket era diventato taglio basso ci siamo accorti di quanto siano distanti i guidatori della baracca di oggi, così diversi dai Cappellari, dai Buzzavo, dai Porelli, dai Sarti, Gherardini, Morbelli. Sono giorni strani per questo basket che vivrà le sue semifinali soltanto di sera, rigorosamente fra le 20.45 e le 21, persino domenica per la prima fra Brindisi e Virtus Bologna nel giorno in cui quelli del calcio si toglieranno dalle palle i risultati, le qualificazioni alle varie coppe, per cercare orgasmi nella fantasia di un mercato che non si ferma mai come spiegherebbe Raiola il drago del manager sportivi che pensano sempre al domani dei loro amministrati, perché se cambiano spesso loro incassano sempre di più.

Abissale gorgo che separa lo sport di oggi da quello per cui ti eri innamorato davvero. Banalità, luoghi comuni? Forse. Di certo si fatica a credere alle veline dei protettori di questi campioni di oggi. Restiamo sulle sensazioni e crediamo alla commozione del professionista Viviani, uomo per pista e  arrivi in volata, al genuino entusiasmo della tiratrice Jessica Rossi, coppia portabandiera per l’Italia ai Giochi di Tokyo. Una festa nel borgo, entusiasmi esagerati, giusto rispetto, pensando più alle mascherine della squadra di nuoto che fa belle cose all’europeo di Budapest, nessuna invenzione, un grande lavoro, quei bavagli dove si legge il messaggio” salvate le piscine”. Salviamo le palestre, i vivai.

Dicono che sia il momento per dare e non per prendere. Non ditelo a chi sta perdendo il lavoro che sembra così diverso da quelli che sdegnati non rinunciano  a due mesi di stipendio, anche se negli altri dieci prendono quanto molti neppure accumulano in una vita o se ti spaccano il cervello con la barca di Bezos da 500 milioni. Ha senso? È giusto? Certo sono più bravi. Nessuno ha forzato le società. Di sicuro, adesso, questi dirigenti che arrancano nel loro mar rosso di bilancio, non meriterebbero aiuto, ma la decenza consiglierebbe almeno una discussione pubblica. Meglio spendere per una bella coreografia che andare a letto senza cena per tenere in vita un vivaio? Che palle tutte ste domande. Be’, siamo o non siamo nella bolla?

I pensieri oscuri pensando al basket che ha congedato dai quarti di finale quattro belle società. Fuori senza appello, dopo Trento, anche Treviso e Trieste. Fuori dopo una battaglia fra logica e follia la Sassari del vulcano Pozzecco. Restano in quattro a ballare la danza scudetto. Milano si troverà fra Scilla, dove si nasconde il 29° titolo, e Cariddi dove invece danno i premi europei che mancano da tantissimo. Ha già giocato 82 partite. Si spera che ce la facci, come direbbero i fantozziani cronisti capaci di vedere il bello in partite da neurodeliri. Per il basket italiano? Magari. Certo nascondendo che a Colonia, probabilmente, andranno in campo dieci stranieri. Insomma è il movimento che si pavoneggerebbe. Se vogliamo pensare al basket italiano dovremo aspettare le qualificazioni olimpiche. Il resto è sport professionistico senza frontiere, con scuole che danno e prendono.

In queste giornate caotiche siamo solidali con Sardara e Pozzecco per la disperazione e per per come la Dinamo si è fatta mangiare 19 punti negli ultimi 12 minuti. Benzina finita? Certo, se la panchina è corta. Testa alla semifinale con Milano? Probabile. Certo questo De Raffaele sa come mandare sugli scogli chi pensa di aver raggiunto il porto della felicità. La sua storia nella Reyer dice tutto, come la società veneziana, già campione d’Italia con le donne, spiega bene come si deve fare per essere credibili. Fare, portando sui campi oltre 400 fra ragazzi e ragazze, vincendo spesso.

Nel caos salutiamo Treviso, 9 alla società, 9 a Menetti, 10 a Vazzoler che alla fine ha chiesto soltanto una cosa alla gente. “Siate fieri di noi”. Ci mancherebbe. Per Trieste epilogo quasi scontato. Brindisi ha tutto per far tremare Virtus e chi aspira allo scudetto. Dicono che Dalmasson, 9 alla sua storia decennale con i muli, 10 allo stile, 6 alla stagione, dovrebbe andarsene. Peccato anche se il ciclo sembra finito. Ora servirà a Ghiacci uno sponsor solido per andare a prendere rinforzi meno fasulli di quelli visti quest’anno, un americano da 0 su 12 nei play off, uno che non ha neppure preso il ferro nel momento decisivo di gara tre. Questo discorso vale per tante mezze figure ingaggiate nel nostro campionato. Incompetenza? Forse più povertà, ma anche mancanza di conoscenza. Per Sassari soltanto voti alti, nella speranza che restino tutti insieme.

In questa camminata sulle strade bianche dei bilanci ci dicono che prevale lo sbrindellio, come dice nel ciclismo il simpatico Magrini di Eurosport voce tecnica che si ascolta volentieri come il Sacchi del nuoto, vero numero uno. Repesa torna alla Fortitudo che lo ebbe come re per uno scudetto. Peccato che per Dalmonte sia finita così. Pesaro? Come ha detto Gelsomino servono progetti veri per poter accettare la guida di una squadra che avrà sempre poche risorse. Non pensavamo che Bulleri, dopo aver visto l’inferno insieme a Varese, potesse perdere la cappa di allenatore. Diciamo che la sofferenza in comune non ha migliorato il giudizio. Gli auguriamo di trovare  una base per il rilancio. Quella che ad esempio ha offerto Brescia al Magro cresciuto bene nella culla senese prima dei tormenti in tanti viaggi pure in Europa. A Brescia hanno deciso di rifondare, ringiovanendo. Basta che non ci debbano perdere il sonno altri due allenatori, come è capitato ad Esposito e Buscaglia.

Ci si ritrova per le finali del basket o, magari, dopo l’eurolega a Colonia. State sereni. Sbrodolone garantito, pazienza se per pochissimi “mi piace”. Il dèstino, come diceva Porelli quando ci lamentavamo.

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