La battaglia del mainstream

8 Ottobre 2013 di Paolo Morati

Mainstream

“Con internet il pubblico è diventato più sospettoso rispetto al marketing, ma riesce a riconoscere, indipendentemente dalle nostre strategie, il buon film dal cattivo, in pratica il pubblico oggi è intelligente”. Questa frase è di un direttore marketing incontrato dal ricercatore francese Frédéric Martel, autore del volume Mainstream pubblicato in Italia da Feltrinelli a fine 2010.

Il direttore marketing in questione lavora per uno studio cinematografico a Hollywood e la sua ‘uscita’ è solo uno dei tanti spunti interessanti che emergono scorrendo le pagine di questo saggio sottotitolato ‘Come si costruisce un successo planetario e si vince la guerra mondiale dei media’ e che analizza in modo dettagliato, con svariate testimonianze, diversi scenari non solo tecnologici, ma ancor più storici e sociali.

Una guerra che ‘per colpa’ di internet ha visto sparigliare le carte e cambiare sostanzialmente le regole del gioco con i produttori di contenuti che si sono trovati di fronte nuovi fenomeni, non sempre legati alla pirateria. Quella contro quest’ultima è in ogni caso secondo Martel una battaglia persa in partenza, riferendosi al precedente di un secolo fa quando l’industria discografica cercò di proibire la radio. Con però dei rischi nuovi e inattesi. Se prima la pirateria riguardava soprattutto Paesi comunque poco redditizi ed era esclusivamente in forma materiale (ossia con duplicati dei supporti fisici) con internet si è verificata la smaterializzazione dell’opera coperta da copyright, con i contenuti scaricabili ovunque, togliendo quindi introiti anche in mercati strategici per l’industria. “Il pericolo è in casa” riassume Martel, che descrive nel libro tutta una serie di ripercussioni nei rapporti con gli altri Paesi da coinvolgere in questa guerra che lasciamo approfondire a chi vorrà leggere il libro.

Tornando al cambiamento che internet ha imposto alle strategie di marketing, un danno è però arrivato anche dalla cosiddetta ‘fuga di immagini’ che rovina i piani di comunicazione ancor prima che essi possano effettivamente mettersi in moto. Per questo, gli studios sono corsi ai ripari e, non riuscendo a battere il nemico, si sono ‘alleati’ con esso. Ogni film che si rispetti ha oggi quindi il suo bravo sito, con anteprime della lavorazione, la condivisione di contenuti e la diffusione deliberata su YouTube di spezzoni dei film. Il tutto, spiega Martel, sfruttando (o contrastando) anche il passaparola online attraverso campagne specializzate o addirittura modificando le relative pagine su Wikipedia.

Ma il digitale ha anche abbassato i costi di produzione rendendo virtualmente possibile per tutti realizzare un film. Un caso eclatante è rappresentato da The Blair Witch Project, uscito nel 1999 e costato 35.000 dollari incassandone la bellezza di 248 milioni. Un film realizzato da studenti, promosso su internet, capace di far dichiarare a un dirigente, si legge in Mainstream: “L’incertezza e la paura ci hanno sconvolto, letteralmente – e da allora non ci hanno più lasciato”.

Quello che vale per il mondo del cinema vale naturalmente anche per la musica, probabilmente il settore colpito maggiormente dal fenomeno internet. Non a caso un ormai rassegnato Bruce Lundvall (storico discografico americano) parla così della sua industria: “Non si può più nemmeno chiamare così perché ben presto non ci saranno più dischi… la generazione mp3 ha vinto ma non è la mia generazione”. Il riferimento è anche al successo di iTunes e servizi simili che stanno portando al declino del supporto fisico, al di là della mazzata che il download illegale ha in ogni caso dato al settore.

Nelle 440 pagine di Mainstream c’è questo e molto altro, una analisi dettagliata di meccanismi e sfide proprie dei media che rivela nel contempo come un grande successo in Occidente possa impallidire rispetto ad alcuni fenomeni orientali da noi pressoché ignorati. Spiegando quello che accade dietro le quinte di cinema, musica, televisione… Un volume, in sostanza, pieno di testimonianze che vanno a toccare svariati settori e Paesi, descrivendo logiche e strategie di un universo, quello dell’intrattenimento, in cui si combatte sostanzialmente (e come sempre) per piacere a più persone possibili.

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