La bambola di Moratti

15 Settembre 2011 di Antonio Cacopardi

di Antonio Cacopardi
Il gol subito dal Trebisonda, con Lucio che scorta l’avversario mentre si sistema il pallone per il tiro e Cambiasso (reduce da una conferenza stampa dove le sue indecorose argomentazioni gesticolanti sono state accettate dagli scribacchini con il consueto spirito da maggiordomo) che, invece di stringere sotto e raddoppiare, si preoccupa di coprire con studiata accuratezza la visuale a Julio Cesar è, oltre ogni parola, l’immagine più nitida di ciò che si sta vivendo attualmente nel mondo Inter. Confusione all’ennesima potenza.
Responsabile? Chi, se non colui che, dopo aver cercato in prima battuta Marcelo Bielsa, icona mondiale della difesa a tre, ha deciso di rivolgersi a Giampiero Gasperini, fautore italiota della medesima linea difensiva composta da tre centrali e, dopo appena un paio di partite, gli ha imposto di cambiare schema? Non sono assolutamente un amante dei moduli che prevedono la difesa a tre, che ritengo molto più complessi da interpretare e che spesso e volentieri, checchè ne dicano i tanti cialtroni che quotidianamente dissertano di pallone, sono più difensivi degli schemi con linea difensiva a quattro sia perché le evenienze di gioco costringono spesso gli esterni da abbassarsi e a formare una linea difensiva di cinque, lasciando inesorabilmente il centrocampo in inferiorità numerica, sia perché nell’undici vengono schierati tre centrali, quindi tre giocatori dalle caratteristiche prettamente difensive. Cosa che, invece, non succede quando si gioca con la difesa a quattro, dove i centrali sono due e gli altri due sono terzini, le cui prerogative tecniche possono essere di vario tipo. Non mi risulta, ad esempio, che Zeman, l’allenatore con meno angosce difensive di tutti, abbia mai giocato con una difesa a tre. Ugualmente, spero che nessuno voglia dirmi che il Brasile che giocava con la difesa a quattro composta da due centrali e da Cafù e Roberto Carlos terzini (peraltro anche ottimi esterni al Mondiale 2002, quando la difesa era a tre) fosse meno offensivo del Cile di Bielsa o del Genoa di Gasperini, o del Napoli di Mazzarri…
Tornando al Signor Moratti, la questione è semplice: dopo aver vinto tutto grazie a Mourinho, si è stufato della bambola e, in vena di capricci, ha iniziato a cambiarle i vestitini e a strapparle i capelli. La strada intrapresa è questa, quella dell’autolesionismo, e il presidente interista la sta percorrendo da ormai oltre un anno a grandi passi, senza mai voltarsi indietro. Ed ecco Benitez, al quale viene praticamente impedito di lavorare; Leonardo, al quale si comprano i giocatori che, giustamente, chiedeva il tecnico spagnolo. Poi, la grande idea: proviamo a stravolgere la bambolina, portiamola a Casablanca e facciamole l’operazione per cambiare sesso…Facciamo la difesa a tre, affinchè si veda che la nostra bambolina è sempre e comunque la più bella e che noi siamo i più bravi a vestirla. Tanto, se dovessimo sbagliare pacchianamente l’abito, potremo sempre difenderci dicendo che siamo gli unici onesti e responsabili che si vogliono adeguare agli standard previsti dal fair play finanziario. Che tutti gli altri, giustamente, ignorano e che può essere utile solamente a chi ha bisogno di alibi per i suoi fallimenti.
Se avessi perso completamente il mio senso della dignità e riuscissi ancora a fare il giornalista, seguendo gli ordini degli editori e i desiderata degli intervistati, farei a Moratti le seguenti domande.
1) Perché, in un mercato in cui il valore di Mata è di 30 milioni, quello di Falcao di 40 e quello di Alvarez di 12, ha ritenuto “congrua rispetto al valore del giocatore” l’offerta di 25 milioni da parte dei russi per Eto’o?
2) Volendo per forza vendere un top player, non pensa che, conseguentemente all’idea di football e alle esigenze di organico dell’allenatore da lei scelto, sarebbe stato più razionale vendere Snejider piuttosto che Eto’o?
3) Anche guardandosi intorno, pensa davvero che una squadra di vertice europeo possa essere competitiva senza avvalersi della prestazione di giocatori i cui stipendi sono a due cifre?
4) In base a quali valutazioni si è comprato, per 12 milioni, un giocatore che, pur avendo 23 anni, non era mai stato convocato nella nazionale del proprio paese (Alvarez)?
5) Come sono stati impiegati i circa 100 milioni di euro frutto del successo nella Champions League 2010? Rispondendo, la pregherei di rispettare la mia intelligenza e quella dei lettori, e di non dire che sono stati utilizzati per coprire buchi di bilancio perché nelle grandi società calcistiche i bilanci si sistemano con aumenti di capitale.
6) Qualora, come è pienamente nel suo diritto, non abbia più voglia, intenzione o possibilità di spendere ciò che, al di là degli alibi forniti dal cosiddetto fair play finanziario, è necessario e doveroso spendere per
mantenere l’Inter al livello che le compete e che è richiesto dalla sua storia, dal suo blasone e dalle aspettative dei tifosi, non crede che, proprio in virtù del suo amore per i colori nerazzurri, sia il caso di prendere seriamente in considerazione l’idea di fare un passo indietro e cedere la società a chi, sceicchi o russi che siano, oltre ad arrivare a Milano con le liane e i paracadute qualora vedesse il cartello “vendesi”, garantirebbe l’indispensabile impegno economico?
7) Per concludere, qualora decidesse di rinnovare il suo impegno alla guida dell’Inter, non crede che sia il caso di fare piazza pulita in società? E per piazza pulita intendo liberarsi sia di chi ha fatto scelte di mercato senza senso, sia di chi ha messo Forlan nella lista Champions, sia di chi non si è degnato di rispondere, neanche negativamente, alla richiesta fatta da parte di un sacerdote missionario di poter avere in dono dieci, dicasi dieci, magliette da bambino dell’Inter col numero di Eto’o, sia di chi pratica la censura sui
commenti critici postati dagli utenti sulla pagina ufficiale dell’Inter su Facebook, sia di una simpatica centralinista del numero verde dedicato ai tifosi e agli abbonati, la quale, al sottoscritto che l’anno scorso, il giorno dopo Inter-Rubin Kazan, chiedeva come mai non fosse stato pubblicato sul tabellone dello stadio il risultato conclusivo dell’altra partita del gruppo di Champions disputatasi in contemporanea, rispose, seccata, che il risultato ce lo si poteva far dare telefonando a casa.
Dopo di che, uscirei dalla sala stampa e andrei al bar della curva a porre una sola domanda: Vi ritenete tifosi, con tutti il rispetto, del Chievo, dato che, avendo vinto una Champions League, vi sentite in debito di gratitudine eterna con la società e i dirigenti che sono riusciti a farvela vincere o che altro c***o deve succedere affinché intraprendiate l’unica strada che in questi casi va percorsa, cioè quella della dignità e di una dura e severa contestazione a squadra e società?

Antonio Cacopardi
(15 settembre 2011)

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