Kindle in the wind

25 Gennaio 2008 di Stefano Olivari

1. I regali più belli sono quelli inaspettati: un luogo comune, fondato proprio come tutti i luoghi comuni. In occasione dell’ultimo Natale l’amico Stefano ci ha fatto una sopresa per i nostri parametri pazzesca, recuperando una copia del mitico, mitologico, indimenticabile libro di Arnaldo Taurisano, ‘Il Mangiabasket’ (Mondadori, 1972), oggetto di culto di qualunque giovane appassionato di basket nei primi anni Settanta. I più ricordano Taurisano come grande allenatore di varie squadre e soprattutto della Pallacanestro Cantù in un decennio d’oro (anche se le due Coppe Campioni sarebbero arrivate nel 1982 e nel 1983 con Bianchini e Primo), ma anche come scrittore la sua produttività è stata alta: Basket Boom Story e L’Albero del basket le opere più conosciute, insieme a vari manuali ed a tanti testi tecnici. Ma è il Mangiabasket che rimane in un certo senso il libro perfetto: in uno stile scorrevole un misto di nozioni per neofiti, curiosità per appassionati, schemi per aspiranti allenatori e giudizi giornalistici che si fanno leggere e rileggere. Ogni capitolo si presta a divagazioni, che nelle prossime puntate non mancheranno. La cosa che più colpisce, in un’opera destinata al pubblico generalista, è l’attenzione all’aspetto tattico ed all’essenza nel gioco, con spiegazioni alla portata di una persona di media intelligenza. Un approccio oggi inimmaginabile non solo nel basket, ormai cosa per editori di nicchia, ma anche nell’onnipresente calcio: a chi verrebbe mai in mente di scrivere un libro sulle tattiche e sui movimenti in campo delle venti squadre di serie A? Invece non ci si riesce a staccare, anche al netto dell’effetto nostalgia, dall’analisi delle caratteristiche dei giocatori dell’Eldorado Bologna (Bergonzoni, Orlandi, Lombardi, Stefanini e Schull) piuttosto che di quelli della sua Forst (Marzorati, Recalcati, eccetera), con ripasso dei giochi base delle loro squadre. Cosa vogliamo dire? Che nei confronti dello sport questo atteggiamento da evangelizzatore entusiasta, ci verrebbe da dire alla Taurisano, un po’ si è perso. Il basket è nato nelle scuole, non nelle sfide di paese o nei circhi per il popolo bue che chiede la morte dello sconfitto. Ed i libri del Tau ce lo ricordano.

2. Come qualunque edicolante sa, il fatturato vero dei grandi quotidiani è dato dai collateral. Cioé da prodotti più o meno editoriali che sfruttano il traino di un marchio conosciuto per essere venduti in maniera capillare e sfruttare nel contempo l’Iva ridotta (dal 20 al 4%, il trucco è qui) riservata ai giornali. Però finora, anche nei casi più trash (posate, spille, monete), un collegamento con qualcosa di sportivo c’era sempre stato: il nome di Comotto piuttosto che la faccia di Dacourt o la maglia di Simic. Con ‘Salute per tutti – L’enciclopedia medica della Fondazione Umberto Veronesi’ la Gazzetta dello Sport ha sfondato anche questo muro. Non che un’enclopedia medica (9,99 euro a fascicolo, 10 sarebbero stati troppi) sia da denigrare, anche se avrebbe più senso sul web per essere costantemente aggiornata, ma a far riflettere è che con il giornale in sè un editore che si basi solo sul mercato, invece che su assistenzialismo più o meno mascherato, non riuscirebbe più a stare in piedi. Non a caso le diffusioni sono drogate (quotidiani gratis in classe, sui treni, negli stadi) e tutto è diventato free press mascherata. Un effetto perverso che si è trasmesso anche sulla distribuzione: senza le Winx ed i Gormiti metà dei 60mila punti vendita di giornali si troverebbe in difficoltà. Ma se nel giornale ‘puro’ non credono nemmeno i suoi editori, perché dovrebbero crederci i lettori?

3. E-book, Tablet Pc, E-paper e via futureggiando: il sogno di ogni editore è quello di abbattere gli anelli della distribuzione, riducendo allo stesso tempo i costi di produzione, ma tutte le iniziative para-elettroniche finora sono state portate avanti con poca convinzione ed ancora meno entusiasmo del mercato. Adesso, ora o mai più, ci prova la più grande libreria del mondo, cioé Amazon, con il suo Kindle. Che si presenta come una sorta di superpalmare, strutturato però quasi esclusivamente per lo scaricamento di contenuti e per la lettura, con funzioni limitate e comandi abbastanza basic. Kindle già adesso permette di farsi mandare da Amazon (spese di invio a carico dell’azienda) circa 90mila fra libri, riviste e quotidiani di tutto il mondo: in teoria una rivoluzione per editori e lettori, ma in pratica? In pratica il piacere della lettura, quando i testi sono oltre una certa lunghezza, è impossibile da riprodurre su uno schermo, ma si sta lavorando per qualcosa che gli si avvicini. L’apparecchietto costa 399 dollari ed un libro recente di largo successo internazionale, mettiamo I Pilastri della Terra di Ken Follett, può essere scaricato per 6,39 dollari a fronte dei 14,97 dell’edizione cartacea. Se la risposta dei lettori è incerta, più entusiasta è e sarà quella di chi libri e giornali li produce: anche con poche centinaia di copie vendute si potrà resistere, abbassandosi il punto di pareggio (il famoso break even). Il problema vero, nei paesi più ignoranti, è che chi non legge su carta difficilmente leggerebbegli stessi articoli, con lo stesso formato, su uno schermo. Meglio (si fa per dire) le brevi sul web, o la radio con il dee jay che legge l’ultimora del Televideo…

4. Ogni giornalista ha in canna l’articolo-temino dai toni commossi per la scomparsa della piccola distribuzione, magari tromboneggiando sui suoi viaggi in stile ”Ah, quella libreria carinissima di Saint Germain…”. Però nemmeno nelle fantasie più sfrenate della nostra adolescenza avremmo mai concepito Amazon ed il suo potere sulle nostre vite. Che non si traduce nel leggere più libri di una volta, anzi, ma nel sapere qualcosa su migliaia di opere mai lette grazie alle review dei lettori (spesso amici o nemici degli autori dell’opera, a giudicare dai toni) ed alla avvolgente funzione che mostra quali sono le altre opere più cercate da chi si è interessato a quel libro. In un gioco di rimandi si rimane intrappolati e ci si incuriosisce a tutto, perdendo sostanzialmente del gran tempo. Nelle notti insonni, aspettando la partita Nba delle 3 e 30 su Sportitalia, si può e si deve fare. Ma se tutti sanno cos’è Amazon, non è proprio inutuitivo rendersi conto delle sue dimensioni come azienda: quasi 15mila dipendenti ed un fatturato 2007 che dalle proiezioni (non ci sono ancora i dati ufficiali, o almeno noi non li conosciamo) supera gli 11 miliardi di dollari. Tutto in poco più di una decina d’anni: anche senza la retorica sul self made man (famiglia benestante, laureato a Princeton) partito con le pezze sul culo, uno come Jeff Bezos potrebbe esistere in un solo paese al mondo. In altri a 44 anni si è ancora considerati ‘giovani imprenditori’, al di là del fatto che il requisito fondamentale sia essere figli dei vecchi…

5. Non c’è strumento di rilevazione al mondo che sia al di sopra di ogni sospetto, a maggior ragione nel micromondo gonfiato dell’editoria. Per questo di fatto non si sa se Repubblica abbia superato o no il Corsera come copie vendute (in una recente intervista Carlo Caracciolo ha detto di sì), per questo ci sono direttori che in passato asserivano di stabilire record di diffusione ogni settimana grazie ai loro scoop di calciomercato, per questo esistono duecento indici spesso in contraddizione fra loro e che hanno l’unico scopo di assegnare un contentino al numero più alto possibile di editori: un po’ come le fasce secondarie a Miss Italia, da Miss Cinema a Miss Sorriso. Ed in Francia la situazione non è diversa: anche lì non si sa chi venda di più, come quotidiani. Perché il più letto è senza dubbio l’Equipe (a fine 2006 circa 365mila copie), ma il giornale sportivo più citato del mondo è stato fatto diventare secondo nelle varie classifiche, che premiano Le Parisien con oltre mezzo milione al giorno. Peccato che Le Parisien, quotidiano di Parigi in senso ampio (ce ne sono parecchie edizioni, a seconda del sobborgo di riferimento) sia primo solo grazie ad una sua versione n
azionale, Aujourd’hui en France. Come dire, mettendo insieme Repubblica ed i quotidiani locali del gruppo. Insomma, è sportivo il quotidiano nazionale più letto di Francia. Più letto di Le Figaro, più di Le Monde, più di tutti i nomi da rassegna stampa internazionale.

(pubblicato anche su www.settimanasportiva.it)

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