Juve No Euro, quando la storia è diversa

25 Settembre 2014 di Paolo Morati

Da poco è stato pubblicato un libro (disponibile in ebook su Amazon, attualmente in testa alle classifiche di vendita nella categoria calcio) intitolato Juve No Euro, che racconta partendo dagli anni Trenta del secolo scorso le imprese (in particolare quelle mancate) della Juventus  nelle competizioni internazionali. Abbiamo intervistato l’autore Gabriele Porri (interista e storico del calcio) per farci raccontare cosa l’ha spinto a scrivere un volume di questo tipo e quali sono i suoi reali sentimenti (e opinioni) verso la squadra più scudettata d’Italia.

Lei è uno scrittore e storico interista, noto per i suoi libri che hanno denunciato gli attacchi dei media (ma non solo), contro la Beneamata. Non crede che questo suo nuovo lavoro venga visto con una certa diffidenza e tacciato di soggettività?

Mi occupo di ricerche storico-statistiche anche per lavoro, forse storico è un parolone ma in ogni caso per questo lavoro mi sono documentato come per tutti i lavori da me scritti, a partire dalla storia della Serie A dal 1929 al 1949 dove racconto, insieme a Michele Sarno, anche del quinquennio juventino 1930-1935. Tuttavia, quando è arrivato il momento di raccontare le sconfitte europee della Juventus, ho scelto un registro ironico, dichiaratamente di parte. “Juve No Euro” è storico nei contenuti e ironico nel tono, lo si capisce già dal titolo che fa il verso ai movimenti contrari alla moneta comune. Il problema esiste quando si è faziosi ma si fa di tutto per sembrare obiettivi. E questo non è il mio caso, si intuisce già dall’introduzione.

Come è nata dunque l’idea di Juve No Euro? Qual è lo scopo di un volume di questo tipo e il target a cui si rivolge?

È nata durante la scorsa stagione, quando i bianconeri si avviavano a conquistare lo scudetto record dei 102 punti e venivano raccontati dai media come se fossero la squadra più forte del mondo, ma nel frattempo uscivano dalla Champions League in un girone tutto sommato facile, e poi anche dall’Europa League. Vedendo poi che le cause dell’eliminazione venivano ricondotte soltanto alle condizioni del campo del Galatasaray, ho pensato che sarebbe stato interessante e divertente ripercorrere la loro storia europea, che non ha niente a che vedere con quella domestica. Intendiamoci: la Juve ha vinto abbastanza anche in Europa, ma come squadra leader del movimento che ha, insieme a Spagna e Inghilterra, dominato le coppe, ci si sarebbe aspettati molto di più. Invece è la terza squadra italiana per vittorie nella competizione più prestigiosa. Lo scopo è semplicemente quello di farne conoscere gli insuccessi (ma si parla anche delle due Coppe Campioni vinte e dei derby d’Europa, sia vinti che persi), specialmente ai tifosi di quelle squadre che si sentono spesso dare dei “perdenti” dagli juventini. Però potrebbe interessare anche qualche juventino che voglia conoscere meglio la propria storia.

Visto che vuole essere un libro sostanzialmente basato sui fatti, con ironia ma contemporaneamente rigore storico, quali sono le fonti su cui ha effettivamente lavorato? 

Ho consultato i giornali dell’epoca, libri, siti internet, visto anche i video delle partite (intere o spezzoni). Insomma, le fonti che solitamente si consultano quando si vuole scrivere qualcosa di storico. Le chicche e le curiosità sono parecchie, le lascerei scoprire al lettore. Piuttosto si scopre la ciclicità della storia, con la Juve vincente in Italia mentre le altre italiane vincono in Europa. Questo fin dalla notte dei tempi: nel 1932 per esempio, i torinesi vinsero il campionato sul Bologna (con contestazioni ed episodi dubbi nello scontro diretto) e poi la Coppa Europa Centrale l’ha vinta il Bologna. C’è anche il racconto di come alcune finali, che solitamente erano giocate su partita di andata e ritorno, eccezionalmente si sono svolte in partita unica in casa della Juve o comunque in Italia (con due sconfitte su tre). Ma le curiosità sono molte altre.

Il libro esce in ebook, indipendente, acquistabile su Amazon. Come mai questa scelta? È stata voluta o non ha trovato nessun editore disposto a pubblicarlo. Secondo lei perché è così difficile avere spazio per un libro di questo genere?

Rispondo con le parole di un editore che conosco: “Le sconfitte non fanno vendere, tanto meno quelle della Juventus”. Ora, io sinceramente non penso sia un libro così “scomodo” come può sembrare, non è né un’inchiesta né un libro di denuncia, è solo un racconto, benché di sconfitte e fatto da un tifoso avversario. Allo stesso tempo però basta scorrere le uscite di libri di calcio su Amazon o su Ibs.it e si vede come molti titoli siano sulla Juventus: conoscendo quanto sono agguerriti i suoi tifosi (basti pensare al ritiro dal mercato del libro “100 buoni motivi per odiare la Juve”, edito nientemeno che da Rizzoli), posso capire come mai un editore che ha in catalogo alcuni di questi titoli non voglia pubblicarne uno contrario, con il rischio di non venderli.

Quali sono le ragioni per cui la Juventus non ha raccolto in Europa tanto quanto in Italia, e quali sono le speranze per questa stagione? Crede che i bianconeri possano aspirare a vincere la Champions League e se no che cosa le manca per raggiungere tale obiettivo? E più in generale, qual è il futuro internazionale del calcio italiano?

Anche qui ricorro alle parole altrui, in questo caso di uno dei giornalisti sportivi italiani più famosi, nonché tifoso juventino, Roberto Beccantini: «Pensate: da uno “scudetto”, il Nottingham Forest ha ricavato due Coppe dei Campioni (1979, 1980). La Juventus, invece, deve ancora vincerne una su azione: la prima arrivò su rigore, la tragica sera dell’Heysel, la seconda ai rigori, con l’Ajax. In patria, la sudditanza psicologica accompagna il censo delle protagoniste. All’estero, le ‘scorte’ sono più distribuite. Inter e Milan hanno capito subito quanto contasse l’Europa. La Juventus, fabbricata dagli Agnelli per produrre titoli, ci ha impiegato un po’.» Come non concordare?

Da interista che cosa ha invece invidiato (e invidia oggi) alla Juventus e che cosa pensa invece che l’Inter abbia in più rispetto alla squadra torinese, non solo in termini di giocatori?

Da anti-juventino (dove anti sta per “antipatizzante”, lasciamo perdere parole come “odio”) ovviamente non invidio nulla ai bianconeri, l’Inter in più ha… l’interismo, che è difficile da spiegare a chi non sia tifoso nerazzurro. Così come penso accada lo stesso per milanisti, romanisti, fiorentini, napoletani e tifosi di tutte le altre squadre. La Juve, essendo la squadra con più tifosi, ha due componenti molto diverse tra loro: una di simpatizzanti che spesso non conoscono nemmeno le regole del calcio, e un nucleo forte di “gobbi militanti”, difensori strenui della juventinità che però spesso sfocia nello sberleffo del forte sul debole. Ecco, secondo me la satira e lo sberleffo dovrebbero sempre essere rivolti a chi è forte: questo potrebbe anche essere un motivo di orgoglio per i tifosi bianconeri.

Torniamo indietro di qualche anno, all’era Mourinho all’Inter e alla pubblicazione da parte del Collettivo Bauscia (di cui faceva parte) di due storici volumi: Manuale di Prostituzione Intellectuale e Triplete. Ovvero la prostituzione intellectuale non si ferma mai. Che cosa ha rappresentato per il calcio italiano (e per l’Inter), nonché per l’informazione che vi ruota attorno, il biennio dello Special One?

Per il calcio italiano rappresenta un’occasione persa, perché abbiamo avuto la squadra campione d’Europa e del Mondo e il numero uno al mondo degli allenatori in Italia e, per una serie di motivi (mancanza di potere mediatico dell’Inter in primis), anziché esaltarli sono stati contrastati o minimizzati. Vivo a Roma e ho sentito cose su Mourinho nelle radio sportive locali, da parte di giornalisti, di un’arroganza unica, trasudanti disprezzo per lo Special One. Poi gli stessi, magari nella rete nazionale per cui lavoravano, di fronte a lui si mostravano accondiscendenti. Si parlava di “crisi Inter” perfino ad aprile 2010, figuriamoci. Proviamo invece a immaginare cosa sarebbe successo se Mourinho il Triplete lo avesse fatto altrove, per esempio in una squadra esaltata (ne parlo nel libro) per una striscia di imbattibilità in Europa, senza contare che in mezzo alla serie ci sono sei pareggi nel girone che sono costati un’eliminazione.

Passate ormai diverse stagioni, qual è l’eredità che ha lasciato Calciopoli? E il calcio è veramente ancora così importante per gli italiani?

Per certi versi Calciopoli mi ricorda un altro grande scandalo, Tangentopoli. Con le dovute proporzioni, ovvio. Più che altro, nei giudizi morali: durissimi subito dopo lo scandalo, presto sono stati sostituiti dalla solita sufficienza per cui se lo facevano tutti, allora non era grave. Invece, volendo fare un esempio che vale per tutti gli sport, se prevale il merito vincono gli atleti migliori, se prevale il doping vince chi ha gli “scienziati” migliori, se prevale la – chiamiamola così – politica sportiva vince chi ha i dirigenti più “maneggioni”. Contiamo poi che dopo Calciopoli c’è stato il calcioscommesse, tra i cui condannati c’è l’attuale CT della nazionale, quindi eredità di Calciopoli intesa come cambiamento in positivo non c’è stata. Sull’importanza del calcio, vale sempre la massima di Arrigo Sacchi: è la cosa più importante delle cose non importanti.

Se dovesse infine citare uno juventino che le sta simpatico che nome farebbe e perché? E se non ci fosse l’Inter per che altra squadra tiferebbe? Magari proprio la Juventus? Lo ammetta…

Ne parlo anche nel libro (ecco, alla fine svelo una chicca), mi sta simpatico Montero che era un duro in campo e fuori. Al ritorno da una trasferta disastrosa in coppa, all’aeroporto fu contestato per la sua amicizia con alcuni ultras del Torino e fece a botte coi suoi stessi tifosi! Degli juventini attuali invece non mi sta simpatico nessuno. Se non fossi interista non tiferei Juventus, anche perché se alla fine sono diventato interista in una famiglia di juventini, proprio non c’era questa possibilità. Ho simpatia per alcune squadre straniere: l’Atletico Madrid, il Liverpool, il Basilea. In Italia non saprei, mi piacciono le squadre “storiche”.

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