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Cinema

John Avildsen, l’uomo che voleva uccidere Rocky

Stefano Olivari 17/06/2017

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John G. Avildsen, morto poco fa di cancro a Los Angeles, è stato un grandissimo regista. Ma questo lo sanno tutti, tranne quelli che preferiscono film con coppie romane in crisi che organizzano cene in terrazza e rimpiangono gli anni Settanta, Ottanta, Novanta, forse anche il futuro. In ogni caso per la sua filmografia c’è la benemerita Wikipedia. Da sempre troviamo il genio nel buon artigianato e non nella merda d’artista, ma non siamo evidentemente i soli perché fra cento anni Rocky (Frank Capra, non il pizzicagnolo, disse ‘Questo è il film che avrei voluto fare e non ho mai fatto’) e Karate Kid saranno studiati e analizzati, senza nemmeno il filtro della nostalgia.

Il primo Rocky, del 1976, era a bassissimo budget anche perché Stallone era all’epoca uno sconosciuto non molto lontano dai perdenti che avrebbe poi magistralmente interpretato. Fu completato in 28 giorni, fra girato e montaggio… Avildsen si tirò fuori dagli episodi successivi, dedicandosi ad altro, ma tornò in pista per Rocky V, nel 1990. Nella sua testa, e anche in quella di Stallone, alla fine del film Rocky avrebbe dovuto morire, magari pronunciando una frase storica, ma in corso d’opera i produttori si opposero e così abbiamo potuto vedere anche il trascurabile Rocky Balboa e il buon Creed, non diretti da lui.

Fra le mille cose era stato anche scelto come regista per Saturday Night Fever, ma rinunciò all’incarico perché a suo giudizio la sceneggiatura era troppo cupa e pessimista. In più interviste ha spiegato il suo amore per gli outsider o gli sfigati che alla fine ce la fanno contro ogni previsione ed in generale il suo odio per il cinema che deprime gli spettatori. Un grande.

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