Italiani come Alida Valli

12 Gennaio 2009 di Stefano Olivari

A 70 anni suonati Sergio Vatta si rimette in gioco. Il mago del calcio giovanile, l’uomo che trasformava i ragazzi del Torino in oro, tende a realizzare un progetto che porta avanti da tempo: rifondare l’Unione Sportiva Fiumana, società sciolta nel 1947 dopo il definitivo passaggio di Fiume alla Jugoslavia. Vatta è nato a Zara ed é una delle duecentomila e passa persone che in quegli anni hanno vissuto in 95 campi profughi d’Italia prima di sparpagliarsi per il mondo. Nei campi ha vissuto per dodici anni, ma la Dalmazia, la sua terra, gli è sempre rimasta nel cuore e ci va appena gli impegni di lavoro glielo consentono. Ora vorrebbe riportare in vita quella gloriosa società calcistica, in cui maturarono campioni come Ezio Loik, Rudi Volk, Marcello Mihalich, i fratelli Mario e Giovanni Varglien.
Se dovesse rinascere, la Fiumana avrebbe sede a Torino. In Piemonte risiedono circa 40 mila tra profughi e loro discendenti. Inoltre Torino è la città dove campioni come Loik e i fratelli Varglien hanno mietuto vittorie a ripetizione, vestendo le casacche di Torino e Juventus: il legame con la città è molto forte, dunque, e si può dire che i massimi talenti del calcio fiumano hanno trovato proprio là il luogo in cui esprimersi ai massimi livelli. Tale ordine di considerazioni ha indotto il sindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio, Guido Brazzoduro, ad autorizzare la rifondazione dell’Unione Sportiva Fiumana da parte del gruppo di profughi torinesi oggi impegnati in questo inedito tentativo.
La Fiumana ha chiesto di essere ammessa al Campionato di Prima Divisione (la vecchia Serie C/1) per la stagione 2009/10: i promotori dell’iniziativa sono convinti che alla squadra spetta di diritto ricominciare l’attività agonistica – come altre società poterono farlo già nel 1945 – da dove si era forzatamente interrotta nel 1943, poiché quando la società fu sciolta la squadra militava in quella categoria. E ciò in base a due leggi, una del 1952 e l’altra del 1983. L’auspicio di Lucio Toth, presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, è che tutte le componenti del mondo dell’Esodo possano coagularsi intorno alla Fiumana, non facendone altro uso se non quello sportivo. La Fiumana intende interpretare il ruolo di società modello per trasparenza e metodi educativi che vorrebbe impiegare nell’insegnamento dello sport: si inizierebbe col calcio, ma si desidera proseguire con altre discipline, sino a diventare in futuro una polisportiva. Il “progetto Fiumana” è un progetto sportivo ma anche sociale: la rifondazione del sodalizio assume oggi un preciso significato, in quanto è intenzionato a diventare un polo di aggregazione per Esuli e per Rimasti.
Affinché nella storia di queste terre, come ha scritto Silvio Forza rispondendo sulle pagine de La Voce del Popolo a Lucio Toth, “Alida Valli possa diventare un’attrice (anche) dei croati di Pola quanto Mate Parlov deve essere considerato un pugile campione anche degli esuli”. Ecco, noi italiani rimasti a Fiume vorremmo veder messi uno accanto all’altro Abdon Pamich e Luciano Sušanj, perche ognuno di loro ha scritto pagine storiche dell’atletica leggera, oppure Rudi Volk e Pero Radaković, Ezio Loik ed Enzo Zadel, Mihalich e Bruno Veselica, i fratelli Varglien e le tre generazioni di portieri di casa Ravnich – tutti da considerare con le dovute proporzioni nella scala dei valori. Ognuno di loro ha segnato un’epoca, lasciando tracce più o meno profonde. Un discorso che si riallaccia in qualche maniera al tema dell’assurda, anacronistica frattura tra esuli e rimasti, perché “anche noi condividiamo la necessita di uscire dal ghetto”, e del fatto che l’Italia di oggi a volte rivendica il suo diritto all’italianità culturale di queste terre, e poi cade nel tranello dell’approssimazione, della trascuratezza, dell’ignoranza delle vicende del passato, con corrispondenze da Rijeka, Opatija, Poreč, Pula, disconoscendo i toponimi italiani, storici, di queste località.
(Fonte: Bruno Bontempo, Panorama)
L’AUTOREVOLE COMMENTO DI INDISCRETO: progetto emozionante e con grandi fondamenti sia nella storia che nell’attualità (Torino), ma è matematico che venga bollato mediaticamente come un progetto ‘di destra’ anche se al momento siamo ancora nella fase della simpatia (a una bella storia non si rinuncia). Con il paradosso che nemmeno la destra attualmente al governo lo difenderebbe: meglio dare al popolo Beckham, sia pure solo per un mese, che ricordare la vigliaccheria di stato ed aprire fronti polemici a causa di poche migliaia di persone oltretutto divise in correnti e sottocorrenti. In questo momento Abete avrebbe meno grane di immagine iscrivendo alla LegaPro una squadra palestinese: insomma, forza Vatta ma non ci crediamo.
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