Italia Nova

9 Febbraio 2009 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla Baia delle Balene per decidere, finalmente, prima che il basket riesca a riprogrammare un cronometro evitandoci il brodo dei finali con SKY tipo Fortitudo-Montegranaro, se Amundsen ha voluto davvero la morte di Scott, se i norvegesi sono andati nell’Antartico con la stessa rabbia di Pianigiani per battere tutti gli altri, soprattutto questi inglesi di Roma, della Bologna virtussina, di Teramo, di chi insegue. Come succede ai cani da caccia se in terra butti del pepe, vedi soltanto gente che perde la testa. Strano in un mondo dove pedali, pedali e scopri che un allenatore vincente annulla il precedente allenatore vincente, meglio, lo ridimensiona, anche se nelle corse bisogna aspettare la fine per sapere chi ha vinto davvero, o, perlomeno, come si è costruito un primato. Ve lo direbbero in qualsiasi osteria e se capiti in una certa parte di Bologna resterai senza parole, senza lacrime da sorriso, quando ascolterai due tifose della Fortitudo e una della Virtus, signore mature, discutere su Savic e sugli allenatori che cambiano ruolo ai giocatori perché la calunnia, si sa è un venticello. Baia delle balene e Terra Nova. Chi è stato al freddo di tirature troppo basse straparla, si vendica come può, balbettando come sempre.
Per fortuna nella Terra Nova c’è il nuovo principe, il Dino Meneghin a cui tutti gettano fiori, ma che qualcuno insidia, già adesso, prima che cominci, dopo aver capito che il tipo non si piega facilmente. Sai, dicevano, quando sente il caldo della poltrona, vede intorno a se tutti quei cortigiani comincerà a sciogliersi e a parlare il politichese. Ci hanno provato prima della santa elezione delle 20 schede bianche. Bianche come la neve marcia. Si erano presi per i capelli litigando sul rappresentante degli allenatori non professionisti e quando ha vinto il veterano Bruno Sebastiano Boero su Massimo Meneguzzo a qualcuno è venuto in mente che si stava tramando qualcosa. Prima ancora c’erano stati scambi episotolari e chi ha scritto al futuro presidente, usando lo stesso tono che gli serviva per spaventare il Maifredi, circondato dai piccoli Iago del rimborso spese, terrorizzato dai cambi di ordini in corsa del Petrucci che faceva Tarzan lanciandosi da un albero all’altro, insomma questo tipo dalla schiena quasi dritta, quando si è sentito dire che poteva tranquillamente sedersi fuori dal Palazzo, ha cambiato atteggiamento, dicendo che era stato tutto un equivoco. Bene. Evitiamoli in futuro, anche se nel rinnovato consiglio, a parte Crosara e Barnaba, si nota che i rappresentati degli allenatori, dei giocatori, sono sempre gli stessi. Ora vedremo come spiegheranno le firme sui precedenti verbali, le toccate con fuga. Meneghin li conosce bene tutti, non avrà problemi ad identificare i portatori di siluri infetti. Per adesso ha chiesto soltanto di lavorare tutti insieme. Chi non lo conosce davvero gli chiede di essere soltanto Dino. Accidenti che razza di esploratori ci troviamo a frequentare prima di raggiungere la baia delle Balene.
Meneghin e il mondo nuovo che lo circonda, che lo obbligherà a dormire dentro letti che non sono il suo, ma dove potrebbe adattarsi presto se la smetteremo tutti di individuare il problema unico del basket nazionale nella ricerca dello spazio adeguato per i giocatori italiani, addirittura pensando di abolire il torneo di A2 perché si pensa che abbia mura di cartapesta, mentre invece potrebbe diventare il palazzo per la costruzione della generazione dell’Italia nova, anche se tutti sanno benissimo che sono in A2 i Martinoni, i Melli, anche se tutti, adesso che se ne è andato Gilberto Sberlati, ricordano quella Rimini del Topone, quella dove erano nati Myers, Ruggeri e Ferroni, anche se il nuovo lo vedi soprattutto nel secondo campionato di serie A, anche se nel primo lo spazio per i ragazzi che hanno talento e volontà si riesce pure a trovare perché se a Roma, guarda un po’, regrediscono Gigli e Datome, in altri posti vedi avanzare qualcosa di interessante.
Serve il coraggio degli allenatori, servono tecnici che sappiano insegnare ed educare. Meneghin lo ha capito. Così come deve aver capito che le società di vertice possono resistere a tutto, meno alla tentazione di fare per conto loro. Perché mettersi in un tale vicolo cieco? La serie A chiede regole che durino almeno una legislazione, diciamo quattro, meglio otto anni. L’associazione giocatori dice che non va bene, ma cosa ha fatto davvero per il movimento salvo chiedere aumenti di stipendio? A cosa ha rinunciato, dove si è sacrificata? Difficile dirlo. Non parliamo dell’associazione allenatori, perché tutti sanno che serve il coraggio di un Tanjevic per mettere in serie A il sedicenne Gentile, per lanciare come straniero il ragazzo Bodiroga, il birbone Fucka, perché tutti conoscono come ha camminato Belinelli nella Fortitudo di Repesa, perché ci sono le prove che i D’Ercole, i Berti, i meno famosi trovano spazio soltanto se chi li allena ha il coraggio di rischiare con loro. Non è vero che l’unico problema è la protezione del giocatore italiano. E’ vero che serve uno sforzo comune per avere qualcosa che assomigli al progresso della Spagna. Ci vuole coraggio e se Mike D’Antoni manda in quintetto a Portland il Danilo Gallinari non ancora al meglio, in una partita delicata, persa di un punto per il tiraccio del maledetto Brandon Roy, allora dobbiamo dire che non furono casi i giorni in cui qualcuno lanciò Bulleri, mise nella mischia Bargnani. Terra Nova con un vero principe a governarla, uno che conosce bene come vennero costruite le navi da medaglia d’oro di Nantes e Parigi, dei successi di Mosca, Barcellona ed Atene, uno che sa cosa può servire un Mian, cosa può dare un Lamma, uno che non prendeva certo in giro Rombaldoni per la sua timidezza, a proposito il nostro poeta si è rifatto vivo a Venezia , in A2 accidenti, con un quasi trentello, insomma come si costruiscono certe squadre. Meneghin chiede alle gente del mondo che gli ha cambiato la vita, la natura diceva che avrebbe lanciato bene il disco o il peso, di lavorare con lui. Ci riusciranno i ragazzi delle schede bianche, quelli che per salvare il posto hanno fatto finta di non ricevere posta in risposta? Vedremo.
Pagelle nella foresta di San Antonio Pintuyacu, villaggio della natura dove si riconosce che una scuola per sopravvivere ha bisogno di fede, cultura, lavoro, sudore, amicizia:
10 A Dino MENEGHIN che si è anche commosso mentre parlava all’assemblea dell’Ergife sbalordendo chi pensava che fosse fatto di ferro, chi proprio non ha mai vissuto una vigilia di fianco a gente che andava in campo a mettere la faccia, ma che non è mai stata sicura di niente, perché niente è mai certo su un campo.
9 Al REGGIANI di Cremona, presidente in una avventura dove è stato protagonista anche Sigei Kupec, per averci ricordato che tipi come lui, come lo Sberlati di Rimini avevano dato davvero qualcosa di speciale al movimento, anche se poi sono andati male, anche se poi hanno sbagliato, anche se non sempr
e si poteva condividerne le scelte come direbbe Topone Pasini che mai ci perdonò di aver visto nel suo presidente di Rimini qualcosa che ricordava il Bogoncelli dell’Olimpia. Certo che era una esagerazione, ma sapendo che con lui avrebbero lavorato Cervellini e Carasso ci fidavamo. Sbagliammo, ma è stato un bene anche vivere in quel tempo.
8 A Nando GENTILE che manda al diavolo tutti quelli che vorrebbero festeggiare con lui le 9 vittorie consecutive, record che eguaglia la striscia dell’orco Repesa. Lui, il Nando che sa ballare, conosce i suoi polli e infatti aspetta un sostegno per finire la stagione alla grande, per finirla nella finale scudetto adesso che l’Europa sembra diventata più amara, ma nessuno direbbe mai che in Eurolega andava meglio Gelsomino, perché tutti sanno che era sbagliata la squadra di allora, così come non convince ancora quella di oggi.
7 A Luca DALMONTE che pensava di non essere ricordato dal popolo cestistico di Avellino e invece è stato accolto da grandi applausi, una spinta che gli deve essere servita nel finale dove con lucidità ha portato alla vittoria questa Cantù che era partita per salvarsi e ora lotta per diventare la più bella delle scommesse di Merlino Arrigoni.
6 A SKY perché ci regaleranno una coppa Italia in orari commestibili anche per la stampa scritta. Non ci voleva molto, così come non sarebbe davvero un sacrificio infilarsi nel vuoto del pomeriggio domenicale dopo il calcio, anticipando la serie A perché, ve lo direbbero anche alla Coni servizi, facendo i conti sulla spesa trasferta, sui pernottamenti, sulle cene e sui pranzi, già si potrebbe risparmiare senza andare a toccare i poveri giocatori come sta facendo la pallavolo. Grazie anche per i 15 minuti di anticipo dell’Eurolega? Ma non fate ridere. Un grazie basta e avanza.
5 A Fausto MAIFREDI che è rimasto in un angolino, tutto silenzioso, mentre Petrucci lo infamava con il commissariamento immotivato, i suoi compagni di cordata lo impiccavano, perché è venuto il momento di farci sapere tutto, di spiegare perché è diventato presidente esiliato e con ignominia, lui che, speculando sui successi sportivi, potrebbe comunque dire che nessuno altro presidente ha vinto più di lui. Ma certo l’uomo è consapevole che vantarsi non ha senso, perché si vince, si perde, si sbaglia, tutti insieme e nessuno può sentirsi vergine dai candidi manti.
4 A Lino LARDO che dopo l’ennesima sconfitta in trasferta della Rieti che non ha riconosciuto ci racconta che è molto risentito. Non può essere vero, come non sembrano vere certe dichiarazioni su Bulleri, su Milano e il decentramento, perché lui sa che in certe condizioni quella sua squadra è da considerare comunque eroica se si batterà per la salvezza fino alla fine.
3 A BOYKINS e FORTE per il loro incredibile uno contro uno. Certo si giocava cinque contro cinque, ma cosa importa? Quel duello galattico, di talento intossicante direbbero nella pieve dell’eco dove non tutto sembra così tranquillo, ha spaccato in due il mondo del basket così come lo conosciamo, così come non lo vorremmo. Incanto e pregiudizio, stupore e clangore. Dagli all’allenatore che cambia i ruoli e non riconosce un regista, un pivot. Dagli all’untore Sacchetti che fa una gran fatica ad adeguarsi, lui che ha vissuto l’incanto del Pozzecco in trionfo.
2 A Fabrizio FRATES che ancora si domanda perché avendo messo in una squadra certi giocatori questa squadra è svanita nello spazio di poche settimane, facendosi prendere dal panico. Non esageri. Vedrà che a Caserta le cose cambieranno, o almeno così dicono quelli che magari già pensano ad un nuovo allenatore anche se adesso all’agenzia di collocamento non ne hanno di freschi da mettere sul mercato.
1 Alla NBA che ha festeggiato i 25 anni di potere del commissioner David STERN. Dilettanti direbbero alla Lega italiana dove i presidenti sono stati mangiati come passatelli del Diana. Cosa volete che capiscano gli americani? Tenersi uno che decide davvero, che decide per il bene comune? Ma stiamo scherzando.
0 Alla terna ARBITRALE di Udine perché ci siamo domandati davvero se nel prepartita erano stati offerti bianchi e rossi di qualità, alle TERNE ammaliate dal Facchini che sgrida anche il custode della palestra. Alle TERNE che non sospendono partite quando dalle tribune arrivano fischi velenosi, traditori. Insomma le cose non vanno bene come direbbero a Montegranaro pensando a Bologna, ma non certo perché il Cerebuch triestino, come hanno insinuato a Udine, dirigeva il triestino Boniciolli. Ecco dove portano i cattivi arbitraggi: alla cattiva coscienza italiana. Bei tempi quando i lombardi dirigevano Milano-Varese, i romani erano in campo con la Roma capoccia di Bianchini, quando i Vitolo decidevano scudetti dando tre giornate di squalifica, non estinguibili da multa, si arriva a due, ma il caso volle che fossero tre come direbbero alla Bella Napoli, al presidente federale Meneghin. Lo stesso che domenica 22 febbraio metterà la ghirlanda d’onore della casa gloriosa del nostro basket al collo del farmacista toscano evitando di strangolarlo con uno dei polsini che gli tirò centrando il povero Duranti.
Oscar Eleni
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