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Italia amore mio?

Indiscreto 27/01/2021

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Io credo sempre nel futuro, nella giustizia e nel lavoro”. Così iniziava Italia amore mio, canzone classificatasi al secondo posto del Festival di Sanremo del 2010 dopo una clamorosa rimonta a suon di televoto. Interpretata dal trio Pupo, Emanuele Filiberto di Savoia e Luca Canonici, il brano scatenò diverse polemiche per il contenuto giudicato retorico, che a dieci anni di distanza, riletto nei giorni dell’ennesima crisi di governo in un momento più che decisivo, offre nuovi spunti di riflessione.

Io credo sempre nel futuro, nella giustizia e nel lavoro… Nel sentimento che ci unisce intorno alla nostra famiglia… Io credo nelle tradizioni di un popolo che non si arrende… E soffro le preoccupazioni di chi possiede poco o niente”. Ecco: futuro, giustizia e lavoro. Quello che chiunque si aspetterebbe come conseguenze di sagge decisioni della politica. E ancora: famiglia, tradizioni e un popolo che non si arrende. Con i versi successivi a ripercorrere la storia di Emanuele Filiberto fino al grido “Italia amore mio” del tenore Canonici. Ora, i lettori di Indiscreto si chiederanno perché rispolveriamo questo brano, al di là del fatto che ci questa canzone ci sia sempre piaciuta.

Presto detto: l’idea è quella di chiederci quanto gli italiani come popolo siano interessati alle sorti del Paese e quanto invece il destino della nazione interessi solo quando si gioca a calcio, per poi tornare a curare il proprio orticello. E, nel contempo, quanto (e se) la politica (e quelli che amministrano e stanno nel mezzo) sia interessata veramente a far funzionare bene la macchina dello Stato e il sistema Paese intero, o invece alla fine risulti più comodo e conveniente mantenere lo status quo che (magari?) favorisce interessi particolari anziché collettivi? Insomma chi secondo voi chi oggi potrebbe veramente intonare “Italia amore mio”? E chi invece rema contro un vero cambiamento?

Su tutto c’è il fatto che Italia amore mio 11 anni fa fu derisa dalla critica e di fatto le fu impedito di vincere, probabilmente perché considerata fuori dai tempi. Ma la recentissima retorica sulla gente in lockdown che canta dai balconi (che cosa avranno fatto di eroico a parte scaricare Netflix?) non ci è sembrata migliore.

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