Io e lei, Federica era gay

5 Ottobre 2015 di Indiscreto

Raccontare l’omosessualità senza stereotipi è quasi impossibile, almeno in un film, ma Io e lei ci è andato vicino. Questo non significa che il film di Maria Sole Tognazzi, da poco uscito al cinema e visto dagli esigenti critici di Indiscreto, sia un capolavoro ma che almeno prova a trattare la materia senza lo schema gay sensibili e incompresi – etero grezzi e colpevolizzanti. La storia è piuttosto semplice: Federica (Margherita Buy) è un’architetta divorziata e con un figlio grande (Domenico Diele, l’attore che in 1992 fa il poliziotto sieropositivo), che convive con Marina (Sabrina Ferilli), ex attrice e adesso imprenditrice di successo. La loro casa è frequentata anche dal domestico filippino (anche lui gay, caduta di tono) e da un bellissimo gatto tigrato, Bengala (magari non gay, ma da quanto è grasso probabilmente castrato). L’intelligenza della sceneggiatura risiede nell’avere applicato alla quotidianità lesbica le stesse dinamiche di quella etero: silenzi, noia, bugie, poco sesso ma anche momenti di grande felicità basati su piccole cose. La crisi fra Federica e Marina avviene per vari motivi e si materializza con il tradimento di Federica (un uomo), ma la chiave di tutto è di come si venga percepiti come coppia: tutto sommato in maniera orrendamente ‘normale’ in entrambe le famiglie di origine, con tanto di silenziosi pranzi domenicali con doppia pasta al forno e cene del genere ‘Vi ho portato un Morellino di Scansano’ in cui si parla di vacanze. Ideologicamente interessante, il film ha cadute proprio sul tema della famosa ‘sensibilità’: non c’è bisogno di essere lesbiche per notare e odiare le ipocrisie implicite in qualsiasi relazione, non c’è bisogno di essere donne (lesbiche o non) per notare la tristezza di certi rituali. La Tognazzi conferma la buona mano di Viaggio sola (sempre con la Buy) e ed evita citazioni del famosissimo Vizietto (forse giusto il domestico) interpretato dal padre, con il tocco di rendere simpatici i co-protagonisti (grande Ennio Fantastichini) e di introdurre un tema eversivo, anche all’interno di quello che per comodità definiamo mondo omosessuale: cioè il fatto che si possa cambiare idea, andare avanti e indietro o anche stare fermi, senza dover dare spiegazioni. Soltanto che quando hai sceneggiatori (Francesca Marciano, Ivan Cotroneo) considerati ‘de sinistra’ e attori criticamente sdoganati puoi dire cose che a un Povia (Luca era gay) qualunque non vengono perdonate.

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