Io brillo, lo spirito di Ljuba Rizzoli

23 Gennaio 2023 di Stefano Olivari

Poche autobiografie sono al tempo stesso leggere e durissime come quella di Ljuba Rizzoli, e per una volta non è merito della fantasia della coautrice, Tiziana Sabbadini, che ha messo in italiano scorrevole una vita semplicemente pazzesca già di suo. Anzi, molti episodi sono pieni di omissis, per non rovinare la memoria dei morti. Nell’era di ChatGPT non ci piace scrivere cose didascaliche, ma ci siamo accorti che la regina del jet set europeo degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta non ha nemmeno una pagina Wikipedia dedicata e quindi qualche informazione forse ci vuole.

Ljuba, all’anagrafe Maria Luisa Rosa, nata nel 1932 a Milano da un famiglia agiata ma certo non paragonabile alle sue amicizie successive, ha conquistato l’immaginario collettivo degli italiani senza essere un personaggio dello spettacolo o avere una sua carriera di altro tipo. Lo ha fatto soltanto con il suo charme, sopravvissuto alle tragedie (su tutte il suicidio della figlia Isabella Rizzoli, a 22 anni), ai rovesci finanziari dei Rizzoli (quasi tutti dovuti alla fallimentare era del Corriere della Sera piduista), alla vecchiaia che di solito non fa sconti ma a lei ne ha fatti.

Ci ha sempre affascinato, Ljuba Rizzoli, non soltanto come donna ma anche come giocatrice d’azzardo senza limiti, regina di un’idea di Costa Azzurra in cui a cena, nella leggendaria villa di Cap Ferrat, ci potevano essere contemporaneamente Oriana Fallaci, Alain Delon, Grace Kelly, Gianni Agnelli, il futuro re saudita Fahd, Clay Regazzoni, Brigitte Bardot, Nancy Reagan, Lea Pericoli e via così. Non un salotto, perché Ljuba non ha mai avuto pretese intellettuali pur essendo un’esperta d’arte al livello dei professionisti delle case d’asta, ma un ritrovo di famosi e soprattutto ricchi contenti di vivere e consapevoli della propria fortuna, senza tormenti offensivi per chi non arriva alla fine del mese.

Per questo i suoi migliori amici sono stati persone di mondo come Marina Cicogna e Agnelli, nell’epoca in cui non aveva responsabilità alla FIAT ma anche dopo: a vent’anni dalla morte dell’Avvocato, con ricordi servili anche di fronte a una bara, la sua migliore descrizione arriva proprio da Ljuba Rizzoli, capace di coglierne la tristezza di fondo, l’italianità a dispetto della sua immagine internazionale, l’anima da cazzaro disperato che quasi cercava la morte (qualcosa di simile ha detto Jas Gawronski in un’intervista al Corriere della Sera, quella dei soldi nelle mutande di Boniek).

Il titolo del libro viene dalla sua seconda grande passione, i gioielli (i ‘brilli’), non solo per indossarli ma anche come bene rifugio (su suggerimento di Edda Ciano), merito di investimenti più fortunati della roulette, che nonostante tutti i problemi le consentono di vivere ancora oggi in maniera strepitosa a Monte Carlo. Durissimo il racconto degli anni dopo la morte di Isabella, figlia quasi miracolosa (dopo uno stupro subito da adolescente le avevano detto che non sarebbe mai diventata madre), fra elettroshock e perdita della memoria. Durissimo anche il modo in cui la trovò morta nel 1987, dopo che si era gettata dalla finestra, ammesso che ci sia un buon modo per morire o trovare una figlia morta.

Fra le parti che più ci sono piaciute quella sul Corriere della Sera, acquisizione con cui Andrea Rizzoli aveva voluto dare concretezza ai sogni del padre di possedere anche un grande quotidiano. Operazione caldeggiata da Angelo junior, suo figlio, ed osteggiata da tutti gli altri, Ljuba compresa. Forse i conti non sarebbero tornati comunque, ma la presenza di Tassan Din e la malattia di Andrea contribuirono a non farli tornare.

Prima del libro prodotto da Cairo nel 2017, sul nostro comodino da quell’epoca, Ljuba era conosciuta principalmente per i suoi amori ricchi sfondati: su tutti il petroliere Ettore Tagliabue e Andrea Rizzoli (ex presidente del Milan della prima Coppa dei Campioni e figlio del mitico Cumenda Angelo, che per lei aveva una simpatia senza secondi fini), con l’unica eccezione forse di Rolland Courbis, ex difensore del Monaco e di altre squadre ma soprattutto allenatore giramondo. Adesso non si è trasformata in un Premio Nobel, ma in una donna che ha vissuto al 100% delle sue possibilità. Chi può dire di averlo fatto?

stefano@indiscreto.net

 

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