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Invidiando i Bucks

Stefano Olivari 22/01/2015

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Il Milan vale la metà di una media franchigia NBA, nella fantasia di Berlusconi, che fino a qualche mese fa sognava di coinvolgere come socio di minoranza quello che un amico ciclomane continua a chiamare ‘Patron Squinzi’ come se Bortolami o Tafi corressero ancora. L’Inter di sicuro ne vale un terzo, sommando quando versato da Thohir per l’aumento di capitale dedicato e la situazione debitoria (che poi il furbo indonesiano ha fatto garantire dai diritti tivù dell’Inter stessa, ma va detto che le cifre del calcio non sono mai quelle che sembrano). Il Bologna ne vale un centesimo, il Parma ancora non è chiaro, eccetera. Astuta introduzione calcistica, pura carne da impression, per arrivare alle valutazioni che Forbes ha fatto delle franchigie NBA, valutazioni fatte schizzare dai savoldiani due miliardi di dollari pagati l’anno scorso da Steve Ballmer per i Clippers che dovevano essere venduti per la vicenda Sterling ma che di certo non sono stati svenduti. Il dato clamoroso è che in un solo anno la valutazione di una squadra NBA è salita in media del 72%. Con i picchi dei Lakers, primi assoluti con 2,6 miliardi, e dei Knicks, secondi con 2,5. Al terzo posto finalmente una squadra decente anche nel presente, i Bulls, con 2, poi Celtics, Clippers (valutati 1,6, nonostante il prezzo pagato da Ballmer), Nets, Warriors, Rockets, Heat e Mavs al decimo posto con 1,15. Al trentesimo la franchigia che costa meno, i Milwakeee Bucks: secondo Forbes (al di là della graduatoria consigliata la lettura dell’articolo di Kurt Badenhausen, pieno di considerazioni interessanti sui singoli mercati) soltanto 600 milioni di dollari. È evidente che l’effetto Ballmer si è sommato ai nuovi megacontratti televisivi e all’immagine di una lega che negli USA è ‘sentita’ in proporzione meno che da noi (vale meno del football, anche di quello di college, e del baseball) ma che ha il vantaggio di proporre il meglio di uno sport conosciuto, magari superficialmente ma conosciuto, in tutto il mondo. Così come è evidente che chi opera in città più grandi avrà più pressioni, ma anche evidenti vantaggi. Senza il salary cap e la difficoltà nel commettere reati fiscali sarebbe un campionato sportivamente ridicolo come quelli europei, al di là del valore dei giocatori.

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