Inter, Zhang e Thohir meglio dei milanesi ricchi

Le difficoltà finanziarie e gli errori degli imprenditori stranieri che investono nel calcio italiano non devono far dimenticare un discorso già ben fatto da Commisso: quello sulle alternative...

27 Maggio 2021 di Dominique Antognoni

Il lungo addio degli Zhang all’Inter ci ha fatto tornare indietro con la memoria ad un passato neppure troppo lontano. Ricordate Erick Thohir? Ora fa il ministro in Indonesia, è a capo di quelle che in Italia si chiamano partecipazioni statali. E i soldi che derivano dalle altre attività non gli mancano, anzi. Però non è questo il punto. Quando era il proprietario dell’Inter accadde qualcosa che scaldò molto il cuore del direttore di Indiscreto, convinto che la società nerazzurra dovesse essere nelle mani di un milanese, o comunque di un italiano, di fede interista. Insomma, le stesse cose che scrive sugli americani della Roma o del Milan, cambiando colori, il pezzo è sempre uguale: nel calcio ci vuole una componente di tifo.

Ma torniamo a Thohir e ad una modesta testimonianza personale, che nel mondo del copia e incolla vale secondo noi di più di chi copia le notizie dal web (poi molti lettori non capiscono la differenza, ma è un altro discorso). I fatti. Una sera Ernesto Pellegrini invitò Eric a cena a casa sua. L’indonesiano accettò, senza sapere che a casa Pellegrini, a poche centinaia di metri da San Siro (non mettiamo l’indirizzo per questioni di privacy), lo avrebbero aspettato altri nove imprenditori milanesi e interisti. Perché Pellegrini aveva in mente un piano, molto semplice: acquistare l’Inter insieme a questi soci.

Da uomo concreto Pellegrini disse a Thohir, senza giri di parole: “Le diamo 200 milioni, così ci guadagna anche qualcosa, perché lei voleva solo guadagnare da questa operazione. E così ci veniamo incontro”. Un concetto giusto, senz’altro. Uno dei dieci ricchi interisti raccontò tutto a noi, altri lo fecero giornalisti di quotidiani importanti: erano e sono quasi tutti persone che fanno notizia. Il piano era chiaro: ognuno dei dieci avrebbe iniziato con 20 milioni a testa, e tutti erano già d’accordo, per poi eventualmente ricapitalizzare in un secondo tempo.

Per farla breve: sulla stampa non uscì nulla, in televisione nemmeno. Il motivo? Chiamarono Pellegrini, il quale negò, anzi, nicchiò, fece capire che c’era una trattativa in corso e che non era opportuno scriverne in quella fase. Per non guastare dei rapporti personali i giornalisti si fermarono lì. D’altronde, perché mai dare una notizia? Quanto a Thohir, ascoltò con attenzione la proposta ma disse che in quel momento si aspettava di guadagnare dall’operazione Inter molto di più.

L’abbiamo preso alla larga per arrivare a dire che Zhang avrà torto o ragione, però se oggi è il proprietario dell’Inter lo è perché nessun imprenditore italiano ha considerato conveniente acquistare il club. Ovvio che non ci si guadagna con il calcio, quindi ringraziamo la famiglia Zhang. Non è che stiano impedendo all’Inter di avere un futuro roseo, come se lo scudetto fosse ormai roba vecchia, semplicemente provano ad assicurarle un presente, fra perdite personali e grattacapi mica da ridere.

Enrico Mentana disse che l’ammontare dei danari dei tifosi dell’Inter presenti nella tribuna autorità a Madrid, il 22 maggio del 2010, superava il PIL del Malta. Per cui o.k., Zhang non va bene. Però tornerà a casa con le ossa rotte, mentre tutti quelli che tifano l’Inter solo gratis e se invitati in tribuna d’onore se ne stanno tranquilli, con il pullover attorno al collo a guardare il mare, nella casa in Versilia. Fra uno che cerca di tenere a galla una situazione sfuggita di mano per mille ragioni e uno che sta degustando una bollicina in riva al mare, prendiamo sempre Zhang. Sostituite i fiorentini di Commisso con i milanesi ed il concetto non cambia.

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