Intellettuali di Seattle, tornate nelle caverne
23 Giugno 2001
di Stefano Olivari
Popolo di Seattle uguale violenza, si sente e si legge dai soliti mascelluti cultori del ‘Legge e Ordine’. E’ una colossale cazzata, naturalmente, perche’ il cosiddetto popolo di Seattle e’ formato da fedeli di ideologie diversissime, con l’unico comune denominatore del rifiuto della modernita’. I mass media italiani, sempre piu’ isterici all’avvicinarsi del G8 di Genova, stanno facendo passare il pericoloso messaggio che il problema sia solo di ordine pubblico, e non culturale. Fosse solo per questo, basterebbe mandare un milione di soldati e massacrare i tiratori di pietre e molotov. Il problema non e’ evidentemente qualche testa spaccata, ma che verso la gente (si’, la gente) viene veicolato un messaggio antiglobalizzazione, che diventa con un breve passaggio anti-progresso. Che bello quando la luce veniva dal fuoco e non da un interruttore comodamente spinto. Che bello quando la frutta era marcia e scarsa, pero’ senza pesticidi. Che bello quando a Capri non c’erano turisti, la poverta’ era piu’ dignitosa. Che bello quando si mangiava dall’antipasto al caffe’, senza questi orrendi panini veloci. Che bello quando non esistevano i cellulari, in famiglia si parlava di piu’. C’e’ una parte d’Italia che non vuole tornare indietro, ed e’ disposta a pagare i prezzi (i pesticidi, ad esempio) che le comodita’ impongono. Questa parte d’Italia e’ la maggioranza, e Berlusconi non c’entra niente. Gli intellettuali da salotto sono pregati di prenderne nota, prima che la sangria vada loro di traverso.
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