Atletica
In viaggio con Juantorena
di Oscar Eleni
Pubblicato il 2022-04-11
Oscar Eleni fra i volontari che raccolgono 250 chili d’immondizia dalla Darsena milanese sul Naviglio. Voglia di fare, ma anche uno sfogo vedendo tanti brutti ceffi in questo mondo che sembra aspettare soltanto il primo pazzo capace di lanciare una bomba atomica. Sui Navigli non per cercare gli 85mila dollari che sembrano servire per farsi un rifugio antiatomico di trenta metri quadri, ma per maledire anche soltanto questa idea. Meglio di stare a casa belli rovinati, come diceva Beppe Viola che dalla sua nuvola riderà come un pazzo dopo aver scoperto che nella meravigliosa corsa di Aintree, la più vecchia del mondo sportivo come ci ha raccontato finemente Cimbricus, ha vinto un cavallo dato 50 a 1 e montato dal fantino dilettante Sam Waley-Cohen.
Meglio girovagare con la mente schivando le chiacchiere televisive, cercando di capire dalle vene varicose quanto siamo diventati vecchi, scoprendo che si piange di più, ci si commuove, se si trova il surreale di Frassica o del mago Forest, se hai la fortuna di vedere su SKY il viaggio di Juantorena nella gloria. Ci fermiamo dieci minuti per guardare e ascoltare il coccodrillo al 99 per 100 di Giancarlo Chittolini. Un bel viaggio con un geniale allenatore che ha curato muscoli e a sua volta si è fatto curare da grandi maestri arrivando in fondo con Gigliotti e non soltanto con Lambruschini a cui dedica “La vita è corsa, la vita è sogno”. Ci fermiamo su queste due storie per far ricredere Augusto Frasca, il nostro caro Virgilio di tanti viaggi nella grande e piccola atletica, convinto che ci interessi soltanto la palla sbucciata del basket, sapendo che avendo scritto di tanti sport, visto tanti mondiali, ci piacerebbe essere aiutati a ricordare che se il basket per noi è passione, l’atletica è anima, storia vera dell’umanità di qualsiasi genere, razza, religione.
Dicevamo di Alberto Juantorena Danger che avremmo accompagnato volentieri quando ha portato un fiore sulla tomba di Fidel Castro, ascoltandolo mentre raccontava la sua storia all’americano Newhouse, discendente da schiavi come lui, l’avversario battuto per 14 centesimi alle Olimpiadi di Montreal. Due giganti, Alberto come atleta, allenatore, creatore, ministro, lo statunitense come grande rivoluzionario in pista e nella vita dove ha trovato la pace nel ranch che si è guadagnato. Amatissimo Caballo, anche se a Montreal, la nostra seconda olimpiade, tolse il record mondiale degli 800 a Fiasconaro nella gara che non avrebbe voluto correre. Fu l’allenatore polacco che gli avevano dato a Cuba il mago della scoperta dopo averne valutato la falcata negli allenamenti. Un po’ quello che fece Vittori anni prima quando a Firenze portò il quattrocentista Fiasconaro sulla tennisolite del campo di Marte fiorentino e si accorse che pochi giorno dopo quel rugbista avrebbe fatto saltare in aria l’Arena milanese e il record del doppio giro di pista.
Da Fidel nel ricordo, portandosi dietro il primo incontro al mondiale di baseball vissuto all’Avana dove c’era anche Isabella Seragnoli, la giovane tigre che aiutava la Fortitudo nella palla base mentre il cugino sognava quella del basket a cui arrivò portando in dono tante cose, oltre a scudetto e grandi storie. Isabeau che ora è entrata nel club delle donne miliardarie, anche senza il Montenegro, una che certo avrebbe più piacere di essere raccontata sui giornali per quello che ha fatto insieme al marito, l’esterno della nazionale Meli, per rendere migliore la vita di gente meno fortunata di lei.
Castro anche nella cena in piedi quando Nebiolo portò a Cuba il mondo e Juantorena si nascondeva fra la mariposa bianca per agguati a nuovi amici, magari anche ad una delle cinque mogli alle quali ha chiesto scusa nel filmato Sky ammettendo di essere stato un cattivo marito. Alberto il cavallo, come cantavano in un locale dell’Avana quando Flavio Vanetti, dopo aver gioito come noi per Valentina Vezzali campionessa del mondo nel fioretto, impietosito dal collega quasi prepensionato, organizzò una cena e ci fece comprare il CD dedicato al comandante Che Guevara e al corridore del mito.
Certo che faccio fatica a tornare sul sentiero del basket che, prima del recupero di mercoledì, per una sedicesima giornata annullata dal Covid, ha scelto la regina del campionato. Si chiama Virtus Bologna Segafredo, campione in carica. Dopo aver inseguito Milano tutto l’anno l’ha superata nell’ ultima curva mentre Messina contava i pochi reduci rimasti, alcuni davvero imbarazzanti. Vittoria prevista, lezione quasi scontata, dovendo ammettere che nell’inseguimento, mentre Milano esauriva i suoi buoni acquisto troppo in fretta, prendendo anche giocatori di statura, ma con profilo basso come Bentil, il Baraldi mano armata di Zanetti faceva mercato in Russia portando a Bologna Hackett e Shenghelia. Pensavamo che la Virtus fosse già migliore di Milano in ruoli chiave. Adesso è scritto, anche se Hackett, dopo aver fatto diventare Delaney una margherita calpestabile, nella mattanza di domenica ha influito poco, come del resto il georgiano dai lunghi capelli. La differenza è stata evidente quando la maginot francese, Jaiteh e Cordinier, spalleggiata dietro da Pajola, ispirata davanti da Teodosic e liberata dai ceppi difensivi dal Weems mano santa, ha saccheggiato l’accampamento di Ettorre rimasto senza parola dopo 20 secondi quando il solito Tarczewski aveva già due falli, poco prima di fare pure il terzo e sparire nel regno delle ombre dove s’infilava con coraggio soltanto Baldasso. Insomma, tutto scritto? Be’, se Brescia sarà davvero ispirata dal John Brown III che aveva fatto a pezzi l’Armani nella partita di Kazan, non è detto che questa Milano in lettiga non possa perdere pure il secondo posto. Guardando la grande ammucchiata per i play off con 5 squadre a braccetto avendo vinto 11 partite perdendone 14, proviamo a dare un senso a certe sensazioni con i voti irritanti.
10 A TAMBERI, campione olimpico del salto in alto, per aver confessato che il basket resta davvero il primo grande amore e che scegliere l’atletica gli è costato, anche se poi ha dovuto dare ragione a chi gli aveva chiesto di lasciarlo il campetto pensando in grande. Nel nostro campionato c’è parecchia gente a cui bisognerebbe chiedere di lasciar perdere, ma loro non avrebbero un futuro su altre pedane come Gimbo.
9 A TRENTO e TRIESTE, ma guarda un po’ la storia, per aver resistito nei momenti in cui la nube tossica di troppe sconfitte stava mandando in rovina un bel lavoro. Hanno resistito e nell’ultima giornata trovato pure il successo tranquillità. Hanno fatto bene loro a resistere o TREVISO a cambiare? Chiedere ai giocatori, anche se noi, come ha fatto Pablo Laso col Real rimontato da Trinchieri e dal Bayern, preferiamo la salvezza dei tecnici mettendo i giocatori davanti alle loro responsabilità, o anche fuori squadra, senza preoccuparsi se poi regalando i sospesi Huertel e Thompkins perdi pure nel clasico con un Barcellona appena uscito dalla galera umiliante dei 100 punti subiti contro il Maccabi.
8 A MORETTI e DELFINO che hanno riportato Pesaro nella zona play off, allontanandola dalla scivolosa parete che porta alla retrocessione.
7 Al FLACCADORI 30 e lode come ha titolato la Gazza perché ci voleva questo esame di maturità nel giorno in cui Trento tornava alla vittoria e festeggiava le 500 presenze di capitan Forray con la maglia delle aquile che ha onorato alla grande, partendo dal niente.
6 A Marcelo NICOLA i complimenti per aver sbancato Varese e sgelato le mani e i cuori di una Treviso che MENETTI ha fatto diventare squadra di buon livello nella tradizione di una società di grande livello.
5 A CREMONA per aver perso forse l’ultimo treno salvezza, per la troppa sfortuna, per essersi trovata nei guai quando pensava di aver fatto tutto bene. Succede, ma siamo sicuri che Vanoli e Portaluppi non lasceranno andare alla deriva la barca costruita con tanta pazienza.
4 Ai 9500 della finale femminile di eurocup FIBA vinta da Budapest sulle padrone di casa del Fenerbahce Istanbul nel giorno in cui ci fregavamo le mani per i 9000 del Pala Fiera bolognese. Bravi loro, bravi noi a riprenderci nella speranza che il virus non torni come in casa Armani.
3 Agli esiliati di Milano perché nella giornata in cui Messina lasciava il primo posto i suoi ex hanno fatto tutti bene obbligandolo magari a riflettere se quelli che ha preso sono meglio di MORETTI, CINCIARINI, BROOKS e BURNS, considerando che sono tutti tesserati come italiani.
2 Alla FORTITUDO che non ha potuto condividere la felicità cittadina nel giorno in cui la sua scialuppa salvezza si è persa fra le calli veneziane dove c’era chi si domandava come il feroce Aradori dell’ultima vittoria sia diventato quello dei 2 punti e 3 tiri del Taliercio.
1 A BRINDISI che non esce dalla trappola dove si è messa da sola. Mai squadra, mai gruppo, tanto diversa da quella che giustamente faceva paura all’inizio e che ora ha 6 partite per non farsi inghiottire dal mare dell’anonimato nell’anno in cui sembrava fiorire tutto, persino un palazzo rinnovato.
0 Ai figuranti dell’ultima partita dell’Armani dove DELANEY ha voluto assolvere chi era accusato di considerarlo sempre il capro espiatorio per partite andate male. Sbagliato prendersela con uno solo, lui o l’allenatore, o magari Tarcisio TARCZEWSKI, certo si fa fatica a capire certe prestazioni. Ci dica lui chi sbaglia nel vederlo come non regista.