Illusi da Tom Cruise

12 Agosto 2013 di Stefano Olivari

Cocktail è uno di quei film che ai loro tempi hanno avuto uno strepitoso successo di pubblico e che vengono citati a ripetizione, non fosse altro che per arricchire uno scialbo servizio di telegiornale sulle bevande dell’estate 2013, sul fascino dei barman o sulla Giamaica che è tornata di moda. Però depurati dall’effetto nostalgia non reggono, come del resto anche la quasi totalità del cosiddetto cinema d’autore, il passare del tempo. Possono giusto essere tollerabili in un notte passata a combattere con le zanzare e con un gatto che pretende la prima colazione alle 4. La storia è quella di Brian Flanagan, ma sarebbe meglio dire Tom Cruise perché il film sfrutta biecamente il suo primo periodo di grande successo (nel 1988 aveva già alle spalle Top Gun, Il colore dei soldi, Risky Business con la Rebecca De Mornay che ha popolato molte nostre notti, ma soprattutto I ragazzi della 56esima strada, che meriterà un post a parte perché da lì è uscita una generazione clamorosa di attori), aspirante miliardario di New York che non riesce a trovare lavoro (negli anni Ottanta!) e che quando capisce di non poter fare lo schizzinoso trova un posto nel locale di Doug (interpretato da Bryan Brown, che in quel 1988 fu coprotagonista anche nel commovente Gorilla nella nebbia). Il rapporto fra il maestro di vita sgamato e il giovane entusiasta non è esattamente inesplorato nella storia del cinema, ma il regista Roger Donaldson ha una mano leggera e così la parte più ricordata del film è proprio quella in cui i due uomini, diventati soci, diventano stelle della New York notturna con cocktail preparati in maniera spettacolare, a livello giocolieri, in mezzo alla confusione più totale e a groupie urlanti. Per una di queste Brian e Doug litigano e Cruise decide così di andare in Giamaica (mitizzata ‘perché si guadagna tutto in nero’), dove incontra la ricca-finta povera Jordan. Interpretata da Elisabeth Shue, adesso in CSI ma che  negli anni Ottanta era perfetta per le parti di sweetheart (la fidanzata acqua e sapone): memorabile nel primo Karate Kid (Per vincere domani)… Stop allo spoller, ma anche alla nostalgia. Più andiamo avanti e meno ci viene voglia di rifugiarci in un passato, anche solo cinematografico, felice. Che nel caso di Cocktail ha ispirato anche certi orrendi discorsi di fine pasto dei decenni successivi, del genere Lascio tutto e apro un chiringuito.

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