Il Vangelo secondo Chinaglia, tristezza degli Squallor

19 Ottobre 2020 di Indiscreto

Alfredo Cerruti è morto e scriviamo questo post ascoltando, rigorosamente su musicassetta, Il Vangelo secondo Chinaglia, contenuto nella raccolta Strappeggio degli Squallor. Cerruti è stato un grande manager della discografia (CBS, CGD, Ricordi) italiana e anche un autore televisivo di successo, l’Indietro Tutta di Arbore la sua trasmissione più famosa. Alla sua morte, avvenuta a 78 anni, è stato però ricordato, in alternativa, come ex di Mina e come fondatore degli Squallor, di cui era l’ultimo componente ancora in vita. Siamo più preparati sugli Squallor, che per alcuni anni vendettero tantissimi dischi, ne abbiamo comprati decisamente troppi, ma che da tanto erano stati dimenticati.

Un gruppo nato ad inizio anni Settanta come una goliardata fra amici, tutti pesi massimi della musica che volevano ritagliarsi uno spazio di cazzeggio. Giancarlo Bigazzi, il più grande paroliere italiano (secondo noi Mogol non gli prende nemmeno la targa), autore di infiniti successi da Gloria a Self control, da Lisa dagli occhi blu a T’innamorerai, da Ti amo a Montagne verdi. Daniele Pace, anche lui paroliere (Sarà perché ti amo e Nessuno mi può giudicare i successi più grandi), quello di Pace-Panzeri-Pilat. Totò Savio, altro gigante, lui più musicista, con canzoni che vanno da Cuore matto a Maledetta Primavera, artefice di quasi tutti i grandi successi di Massimo Ranieri.

Per farla breve, quelle canzoni goliardiche e onestamente volgari, per chiamare le cose con il loro nome, nell’Italia degli anni Settanta ebbero un successo assurdo se si pensa che gli Squallor non comparivano mai in televisione, che le loro canzoni quasi mai passavano in radio e che non tenevano concerti. Insomma, purissimo passaparola a due livelli: quello nostro, preadolescenziale, per gente divertita dalle parolacce, e quello un po più alto centrato sul nonsense. Tutta roba comunque inascoltabile nel 2020, anche sottoforma di nostalgia.

Al contrario degli Skiantos, formatisi più tardi, e di Elio e le Storie Tese, molto più tardi per ovvie ragioni di età, gli Squallor non avevano alcuna ambizione e proprio per questo il loro successo fece incazzare molti cantanti e musicisti della loro epoca, anche quelli con i quali lavoravano (che peraltro Cerruti apertamente disprezzava). La canzone demenziale è un ghetto e loro, da professionisti della musica, erano i primi a saperlo, per questo nel 1994, alla fine della Prima Repubblica, si sciolsero senza problemi (Pace era già morto da anni, oltretutto). Cosa resterà degli Squallor? Crediamo niente, tanta intelligenza sprecata per un pubblico che pur numeroso aveva smesso di ascoltarli da decenni. Che tristezza. Uno spreco forse necessario per poter poi trovare la giusta concentrazione in Serie A.

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