Il trofeo Tim prima dei cellulari

26 Gennaio 2011 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Il dominio interrotto, l’eurogol di Bugnion, l’era delle coppette, la leggenda della Palla Dapples, il triangolare no.

1. Il dominio del Genoa si interrompe nel 1901, con il Milan che al suo secondo anno di attività vince il quarto campionato della storia italiana. Lo fa superando proprio il Genoa, essendo ancora in vigore la formula del challenge round, nella finale secca giocata a Ponte Carrega. Gli uomini di Kilpin non sentono la pressione della trasferta e vincono tre a zero (in gol va anche lo stesso Kilpin). Il campo dei partecipanti è ancora modesto (cinque squadre, Genoa compreso), l’interesse non decolla. Anche il Milan è di matrice inglese, come soci e giocatori: gli italiani che ne fanno parte sono quasi tutti borghesi come Guido Valerio (padre della futura campionessa di tennis Lucia Valerio, l’italiana che condivide con Laura Golarsa il miglior risultato italiano a Wimbledon: quarti di finale) e l’ingegner Giannino Camperio (le cui scelte da dirigente indurranno alcuni soci nel 1908 a fondare l’Inter). Siamo ancora nella nicchia di una elìte, da cui non si uscirà per anni. Il quinto campionato (8 partecipanti, record) vede il ritorno alla vittoria del Genoa, che nonostante il challenge round sia ancora in vigore riesce ad ottenere dal Milan di giocare la finale sul suo campo. A Ponte Carrega Salvadé e Pasteur II regalano il quarto titolo ai rossoblu, mentre il Milan si consola con un robusto indennizzo finanziario: nonostante il luogo comune, i borghesi di Genova hanno avuto il braccino meno corto di quelli di Milano. L’ultimo campionato federale della storia si disputa nel 1903 ed è ancora il Genoa a prevalere, in finale sulla Juventus, sul proprio campo di casa.

2. Dopo sei campionati federali i confini del calcio sono ancora troppo angusti e così nel 1904 la FIF, con l’intento di giocare più partite fra quelle poche squadre bene organizzate, tira fuori dal suo cilindro la Seconda Categoria. Che non è una serie B, a dispetto del nome, ma all’inizio è un equivalente del campionato riserve. Infatti le squadre della Prima Categoria sono le solite, al di là del cambio di denominazione (basta con Campionato Federale), mentre quella della Seconda sono composte dai rincalzi e dai giovani di quelle della Prima. C’è un Genoa II, una Juventus II, eccetera. Inutile dire che anche quell’antenata della serie B (pochi anni più tardi i nuovi affiliati partiranno dalla Seconda) viene subito dominata dal secondo Genoa. Quanto al campionato di Prima, sesta vittoria su sette edizioni dei rossoblu: ancora in finale contro un’agguerrita Juventus. Una partita ricordata per il gol decisivo, mitizzato proprio perché visto solo dai presenti a Ponte Carrega. Autore il terzino svizzero Etienne Bugnion, uno svizzero che da ragazzino è stato fra i fondatori del Losanna, che con un tiro da oltre la metà campo (così si scrive all’epoca, perché metterci a fare i fenomeni mettendo in dubbio tutto?) sorprende il portiere della Juventus. Al di là della dinamica, è di sicuro questo di Bugnion il gol che fa più parlare in quegli anni pionieristici, guadagnadosi qualche riga anche sulla stampa non specializzata. E se anche sono stati 40 metri invece di 60, va bene lo stesso.


3. Quelli di inizio Novecento sono gli anni della grande rivalità fra il calcio federale e il cosiddetto calcio ginnastico, che ha da poco iniziato a disputarsi con le regole inglesi. Stiamo parlando sempre di un pubblico modesto, poche centinaia di spettatori, oltre che di riscontri mediatici quasi inesistenti. Per questo i dirigenti più illuminati si inventano qualsiasi cosa pur di far parlare del loro sport. C’è così un proliferare di tornei, coppe e coppette di cui è difficile valutare l’importanza, sia a distanza di oltre un secolo che nello stesso periodo in cui sono in voga. La ragione è semplice: partecipano sempre le stesse squadre e alla fine il campionato sembra quasi un di più. Un po’ come se oggi Inter, Milan e Juve disputassero un trofeo Tim ogni 15 giorni e poi per due mesi facessero un campionato ‘ufficiale’ con altre tre o quattro squadre. Fra questi tornei ormai sepolti dalla polvere della storia una menzione speciale la merita la Palla Dapples. Un trofeo ideato dal già citato Henri Dapples, attaccante del Genoa diventato dirigente. Questa palla d’argento viene messa in palio in una gara unica fra il detentore e lo sfidante, che acquisisce il diritto di essere tale solo in base alla velocità nel consegnare la lettera di sfida alla vincente. Infatti ogni volta è una gara ad aspettare fuori dal campo la vincitrice per potersi disputare la coppa la partita dopo (a volte una settimana dopo, altre un mese). Ulteriore perla del regolamento: per superare la squadra detentrice bisogna batterla, perché il pareggio per lo sfidante vale come una sconfitta. E stiamo parlando di uno dei trofei più prestigiosi, che la stampa sportiva dell’epoca considera almeno quanto una vittoria in campionato. La Coppa, attualmente nel Museo della storia del Genoa, passa di mano in mano (Juventus, Milan, Torino, Milanese, Pro Vercelli, Andrea Doria) e fra il 1903 e il 1909 questo challenge si disputa quasi 50 volte (statistiche contrastanti, ma siamo in quest’ordine numerico), con Il Milan a dominare nell’albo d’oro. Poi sparisce appena il campionato comincia a diventare una cosa seria.

4. La storia della Palla Dapples non è solo una mania per chiunque pensi che ‘vecchio è bello’, ma è rappresentativa degli sforzi che deve fare il calcio del primo Novecento per uscire dal ghetto. Prima di tutto bisogna dire che è a tutti gli effetti una manifestazione ufficiale della federazione, che ne scrive lo statuto. Un po’ come se oggi la Figc curasse la redazione del regolamento del Birra Moretti. La seconda cosa da dire è che i media, che poi all’epoca sarebbero solo i giornali, si innamorano dello spirito di questa sfida continua e più intuitiva rispetto alla formula del campionato. Sfida che viene lanciata a voce, come abbiamo visto, ma può esserlo anche a mezzo raccomandata o telegramma. Scendono in campo avvocati, spesso giocatori delle squadre coinvolte, e presunti esperti di regolamenti: si arriva all’estremo di comunicare a voce la sfida ai vincitori ancora sudati in presenza di due testimoni e di un notaio. Fa epoca nel 1908 un clamoroso litigio fra Milan e Juventus, che si recano entrambe a Vercelli convinte di avere il diritto di sfidare la Pro Vercelli (questione di minuti nella spedizione del telegramma qualche giorno prima). Ne nasce un putiferio, con il segretario della FIF Baraldi che dà ragione alla Juventus e la fa scendere in campo. L’aspetto davvero interessante è che il calcio riesce a farsi largo sui giornali non in virtù della sua bellezza ma per le sue polemiche. E siamo nel 1908…La Palla Dapples, oggi dimenticata (anche dalla storia del Milan, che vince 23 di queste sfide), è considerata nei suoi quasi 7 anni di vita di sicuro più importante dei campionati FIF e FGNI: la sua storia termina quando la federazione decide di dare centralità al campionato, che nel frattempo ha allargato la sua base, e di essere più restrittiva nei confronti di tutto ciò che è straniero. Sta per nascere la Nazionale, sta per finire l’età pionieristica. 


5. Nel 1904 la FIF viene ammessa a far parte della appena nata FIFA e decide che il suo ottavo campionato debba essere qualcosa di più continuo e presente nel quotidiano rispetto alle sette edizioni precedenti. Per il torneo di Prima Categoria che si concluderà nel 1905 viene introdotto il concetto, rivoluzionario, di gara di ritorno e soprattutto viene messo in soffitta il Challenge Round. In più, visto che purtroppo le regioni sono ancora soltanto tre (Liguria, Piemonte e Lombardia), si decide di assegnare il titolo non più al termine di una finale secca m
a di un triangolare. Sembra quasi una cosa seria, peccato che le squadre siano in totale sei. Anzi, a bene vedere cinque visto che il Torinese di fatto si ritira lasciando ‘sola’ la Juventus. Grande lotta fra Genoa e Andrea Doria, triangolare finale quindi fra Juve, Genoa e Milanese, che ha a sorpresa superato il Milan. Le tre finaliste si affrontano quindi in partite di andata e ritorno, con episodi da calcio d’epoca: Juventus-Genoa ad esempio viene giocata tre volte. La prima partita è annullata a causa di una rissa generale, nata da un’invasione del pubblico, la seconda per neve e solo nella terza si riesce ad arrivare alla fine con un pareggio. Girone e scudetto (ribadiamo però che di scudetto in senso stretto si parlerà solo dagli anni Venti) alla Juventus, che supera di un punto (due punti per la vittoria, uno per il pari) il Genoa: decisivo il pareggio dei rossoblu contro la Milanese trascinata da Umberto Meazza, sorprendente perché è il primo anno che fa calcio. Nata come polisportiva, con il ciclismo come sport principale, ha inglobato la sezione calcio della Mediolanum (da lì appunto Meazza) e nel 1928 sarà obbligata da alcuni gerarchi fascisti a fondersi con l’Inter per formare l’Ambrosiana. Tornando a quella Juventus campione d’Italia, successo confermato anche nella Seconda Categoria, scorrendone la rosa salta subito all’occhio la svolta. Pochi stranieri (tre: un inglese, uno scozzese e uno svizzero), il calcio italiano sta scivolando verso l’autarchia proprio mentre sta conquistando pubblico. (5-continua)


stefano@indiscreto.it

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