Il tifo della Betancourt
11 Luglio 2008
di Stefano Olivari
A grande, cioé di nessuno, richiesta torna la rubrica sul più grande evento sportivo del pianeta. Con tutto il rispetto per i Giochi Olimpici di cui oltretutto siamo adoratori, solo la Coppa del Mondo di calcio poteva diventare tema di discussione fra Ingrid Betancourt ed i suoi carcerieri delle Farc: magari hanno parlato anche delle sfide fra Bolt e Powell, piuttosto che di Nadal e Federer, ma ne dubitiamo. Solo sul calcio chiunque è in grado di avere un’opinione, spesso con gli stessi fondamenti di quella degli addetti ai lavori. ”Ho adorato la testata di Zidane a Materazzi, credo che anch’io avrei fatto lo stesso. E me la sono presa con quelli che lo hanno criticato”: parole della politica colombiana liberata (grazie ai soliti americani cattivi: visto che fra i 15 ostaggi ‘riscattati’ c’erano 3 agenti della DEA, l’agenzia antidroga) dopo sei anni di prigionia, che ha spiegato come la finale di Berlino sia stata uno degli eventi mondiali che l’ha colpita di più negli ultimi tempi e di come Italia e Francia dividessero il tifo dei guerriglieri. Ma al di là delle emozioni del momento come è stata storicizzata la situazione? Prima di tutto bisogna ricordare che quello del Mondiale tedesco era uno Zidane superlusso, in controtendenza rispetto alla sua ultima stagione al Real Madrid: superprestazione con la Spagna negli ottavi (assist per Vieira e gol personale nel finale), ottima contro il Brasile nei quarti (assist per Henry e gestione melinara della palla da cineteca), Zidane fu decisivo anche contro il Portogallo in semifinale con il rigore del passaggio del turno. Tutti ovviamente ricordano anche il rigore della finale, concesso per fallo di Materazzi su Malouda, che al 7′ Zidane trasformò grazie anche ad una traversa fortunata diventando il quarto giocatore della storia a segnare in due diverse finali mondiali (con il Pelé 1958-1970, il Vavà 1958-1962 ed il Breitner 1974-1982). Poi la partita, il pareggio guarda caso siglato da Materazzi e l’espulsione al 5′ del secondo tempo supplementare (Video: http://www.youtube.com/watch?v=PLLez12OqlU ) Delle provocazioni del difensore azzurro si sono date troppe versioni: parole sulla sorella, sulla madre, addirittura sul terrorismo (”Figlio di una puttana terrorista”, le parole di Materazzi secondo Sun, Daily Star e addirittura del Times), mentre a noi risulta secondo le testimonianza di un azzurro che era a dieci metri di distanza che l’argomento principe fossero le allusioni su leggende torinesi riguardanti Marcello Lippi e Veronique, la moglie di Zidane (”Porta a tua moglie i saluti di Lippi”, sarebbe stata questa la frase incriminata). Dopo la testata, il cartellino rosso mostrato da Elizondo con l’ausilio della prova televisiva (merito del quarto uomo Medina Cantalejo) non dichiarata. Poco da dire sull’espulsione, molto sulle parole. Versione di Zidane: insulti a sorella e mamma. Versione di Materazzi: mai toccata la mamma (unico argomento tabù per il difensore, che l’ha persa da bambino), si parlava della sorella. Insomma, versioni parzialmente coincidenti oltre che, per quanto ne sappiamo, parzialmente false. Molto equilibrata ci sembrò la stampa francese, di solito accusata di sciovinismo, molto politica la sentenza della FIFA che diede due giornate di squalifica a Materazzi sulla base di congetture e tre a Zidane a mo’ di buffetto: un’assurdità, visto che ogni fallo di reazione dipende evidentemente da una provocazione. Forse Totti non era un’icona del multiculturalismo come Zidane, forse Poulsen non aveva l’aspetto truce di Materazzi, forse l’UEFA è costretta a meno equilibrismi rispetto alla FIFA, ma di sicuro la vicenda è stata molto più che calcio. Con Zidane, di famiglia musulmana ma per niente praticante, costretto a recitare a vita la parte del ragazzo maghrebino di strada che ce l’ha fatta. Per piacere ai francesi biondi ma anche agli immigrati che non ce l’hanno fatta o non ce la vogliono fare, mettendo a tacere le voci di ‘tradimento’ di un’imprecisata identità islamica. Problema diventato evidente dopo un’Algeria-Francia, quando Zidane fu insultato dai tifosi algerini perché suo padre durante la guerra di liberazione algerina aveva combattuto per la Francia, guadagnandosi lo spregiativo termine di ‘harki’ (qualcosa di peggio rispetto a ‘collaborazionista’). Insomma, al di là delle parole di Materazzi (che mille altri difensori avranno dedicato a Zizou, oltretutto), le radici di quel gesto vanno ricercate forse anche in quel bisogno di approvazione dal basso che molti campioni hanno per sentirsi più ‘veri’. La testata al crociato Materazzi rientra in questo discorso, insieme al nervosismo per una finale che stava andando verso i rigori nonostante un evidente dominio francese.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
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