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Il tesoro di Bud Spencer e Terence Hill
Paolo Morati 28/02/2014
La scomparsa di Remo Capitani, il Mezcal (quello che non perdona…) de Lo chiamavano Trinità, avvenuta qualche tempo fa, ci aveva sollecitato un intervento a tema più volte rimandato, dedicato ai film di Bud Spencer e Terence Hill. La successiva discesa di quest’ultimo in bicicletta al teatro Ariston di Sanremo, in modo preciso e senza sbavature, con tonaca e cinturone, ci ha ricordato ulteriormente la promessa che ci eravamo fatti. E allora giù di getto a scrivere di un Mario Girotti ancora in ottima forma, forte del grande successo che la serie Don Matteo continua a mietere, attore giustamente molto celebrato dal pubblico al pari di Carlo Pedersoli, la cui ultima collaborazione insieme risale a Botte di Natale del 1994.
In poche parole, Bud Spencer e Terence Hill, Bud e Terence, due cari amici per il popolo di mezzo mondo. Sì perché i loro film sono realmente stati degli sbanca botteghini da noi così come all’estero, molto più di tanto esaltati premi Oscar, Leoni, Palme e Orsi d’Oro. Certo il loro non è mai stato il cinema ‘impegnato’, e per questo ingiustamente poco premiato a livello nazionale. Ad ogni modo, incassi importanti ovunque, grazie a quella grande idea di trasformare gli spaghetti western (genere con il quale si confrontarono anche loro) in commedie. Ripresentando poi lo stesso antagonismo di personaggi nelle pellicole successive, questa volta fuori dai saloon. Poi in Italia, dove bisogna fare per forza mostrarsi colti ma a modo nostro, un po’ di ritrosia si insinuava, non capendo fino in fondo che quelle storie pulite e serene avrebbero per sempre impresso un’immagine positiva nella memoria. Fortuna che c’erano i ragazzini a riempire le sale, e non solo gli adulti. Ragazzini che cresciuti si sarebbero incollati al televisore a ogni replica di questi film.
La nostra classifica? Amiamo molto Più forte ragazzi, oltre ai due Trinità. Forse per quel suo sapore malinconico di una storia che poteva chiudersi con la morte del ‘matto’ e invece è andata avanti. E poi non sarebbe stato male gridare di essere immortale mentre si atterrava dopo avere attraversato una tempesta con una baracca di aereo. E che dire di una lettiga ancorata al cavallo? Chi non avrebbe voluto scorrazzarci dopo una buona fagiolata? O magari fare un giro su una ‘cariola’ di genere Dune Buggy presa in prestito in Altrimenti ci arrabbiamo, sognando magari di mangiare a colazione la marmellata Puffin di Chi trova un amico trova un tesoro? Il massimo sarebbe però stato girare a Miami Beach, con una Lincoln Continental Mark III con le corna sul cofano, che trainava una vacca da latte per noi che siamo Nati con la camicia. Fino a liberare gli animali della foresta, imprigionati da cattivi senza scrupoli, dopo aver fatto un giro su un pulman scalcinato con fucili caricati a salve mentre si guardava Io sto con gli ippopotami dal finestrino.
Tante le situazioni indimenticabili dei film di Bud Spencer e Terence Hill (che hanno fatto ottime cose anche da soli e di genere diverso), per i quali dobbiamo ringraziare anche altri grandi personaggi a cominciare da Italo Zingarelli ed Enzo Barboni, così come musicisti di valore. Primi protagonisti in tal senso Guido e Maurizio De Angelis, noti anche come Oliver Onions, per le loro storiche colonne sonore. Anche se lo straordinario tema de Lo Chiamavano Trinità era del maestro Franco Micalizzi con quel fischio che legò perfettamente con la storia. Per concludere non si possono dimenticare i caratteristi, dal già citato Remo Capitani al malcapitato Riccardo Pizzuti (che li rappresenta tutti) più volte bersaglio delle manate dei due protagonisti, fino ai doppiatori storici dei loro film di coppia: Glauco Onorato e Pino Locchi. Il tesoro del sorriso di Bud e Terence, va detto, è anche merito loro.