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Calcio

Il terzo anello di San Siro

Stefano Olivari 15/01/2021

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Il terzo anello di San Siro non è meritevole di tutela. Il Ministero dei Beni Culturali ha bocciato l’istanza portata avanti non dai soliti residenti nimby, quelli per principio contrari a qualsiasi innovazione, ma da uno dagli architetti, Enrico Hoffer, che il terzo anello avevano progetto in vista del Mondiale del ’90. Una notizia non marginale, in quella partita sporca che ormai è diventata la vicenda del nuovo stadio di Inter e Milan. Società entrambe a proprietà straniera, entrambe in vendita ed entrambe con la convenienza ad infilare nel pacchetto anche un sì definitivo alla Grande Opera, senza poi per forza (anzi) portarla a termine. Tanto fra quattro o cinque anni, ma forse anche fra quattro o cinque mesi, di Suning ed Elliott non sentiremo più parlare.

Il terzo anello del Meazza, quindi, quell’obbrobrio senza senso che senza alcun merito, se non l’età, abbiamo purtroppo visto nascere fra il 1987 e il 1990. Con la sua costruzione che andò di pari passo con la numerazione di tutti i posti e che fu approvata dal Comune, proprietario (tuttora) dell’impianto, nel febbraio del 1987. Con sindaco il socialista Paolo Pillitteri, i finanziamenti governativi per tutti gli stadi di Italia ’90 e non solo per quelli, un preventivo di 64 miliardi di lire, trasformati in luglio in 90 e in ottobre in 98 (alla fine sarebbero stati 230), che comprendeva anche la copertura totale dello stadio, un anello che da subito perse un lato lungo, quello con alle spalle via Piccolomini, per la vicinanza (non imprevedibile) con l’ippodromo del trotto, l’abolizione dei parterre che a dispetto del nome non erano posti di lusso ma i posti in piedi al livello del terreno, di fianco al campo. Una partita vista nei parterre, lo abbiamo fatto fino al 1988, valeva una vita, in mezzo a vecchi uomini con cappotti schifosi, che ti fumavano in faccia e sapevano tutto loro: fantastici, altro che il 4K HDR.

Il progetto di Hoffer e dei colleghi nasceva dal progetto della Fininvest, quindi di Berlusconi, che già da un anno era presidente del Milan, ma al di là di questo tuffo nel passato siamo più interessati al presente. Cosa sta succedendo per il nuovo stadio, fra un proclama e l’altro? Perché Gazidis sogna di inaugurarlo nell’estate 2025, sei mesi prima delle Olimpiadi… Sul piano formale mancano tre tappe: scelta di uno dei due progetti in discussione da parte dei club, approvazione della conferenza dei servizi della Regione, approvazione del consiglio comunale. Siccome nessuno dei due progetti, da 1,2 miliardi l’uno, prevede per il nuovo San Siro e per l’area circostante meno di 5 anni di lavori, significa che in ogni caso si sarebbe già in ritardo per i Giochi. Il tutto con un 2021 da campagna elettorale, con l’abbattimento di San Siro che non porterà popolarità ad alcun candidato. Come per la TAV e altre opere, sembra impossibile una discussione laica fra talebani delle costruzioni, da NFL del poveri, e talebani del piccolo mondo antico.

Rimane senza risposta la solita domanda: perché non si è mai seriamente presa in considerazione una ristrutturazione di alto livello, che lo stadio rimanga di Milano o che venga venduto-svenduto ai club? Domanda posta da alcuni ingegneri agli uffici tecnici del Comune, un piano di ristrutturazione da 300 milioni con il terzo anello che diventerebbe una sorta di galleria panoramica, con negozi e tutto quello che secondo i media e gli acquirenti delle quarte maglie ufficiali sembra indispensabile. E pazienza se i centri commerciali, dall’America al resto del mondo, davano segni di declino ben prima del Covid. Di certo il Comune dovrà almeno dare una risposta ad un piano che nemmeno imporrebbe a Inter e Milan di emigrare durante i lavori.

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