L’autosorpasso del New York Times

28 Febbraio 2013 di Stefano Olivari

Come mai Starbucks non sbarca in Italia? E’ una delle grandi domande che ogni tanto ci facciamo, proprio quando siamo profondi. E la risposta l’ha data più volte Howard Schultz, che non è il fondatore della catena ma che ne è stato di sicuro il motore con le sue intuizioni (inutile precisare che noi conosciamo il suo nome solo perché è stato l’ultimo proprietario dei Seattle Supersonics, prima della vendita a Clay Bennett e del trasferimento della franchigia NBA a Oklahoma City). Secondo Schultz, amante dell’Italia, le nostre caffetterie-pasticcerie di fascia alta hanno un pubblico troppo affezionato mentre i frequentatori dei bar italiani ordinari mai andrebbero da Starbucks a pagare il triplo il caffé. Dall’alto dei nostri insuccessi rimaniamo convinti che almeno nelle università, negli aeroporti e in qualche posto fighetto gli Starbucks potrebbero avere mercato anche da noi. Ma comunque non volevamo parlare del Frappuccino, bensì dell’accordo che Starbucks ha concluso con il New York Times per far leggere ai suoi clienti 15 articoli al giorno del NYT anche ai non abbonati (il limite attuale è di 10 al mese). Per la catena un modo di offrire un servizio in più, per il New York Times un marketing mirato a un target che si presume medio-alto e comunque più portato alla lettura di articoli di approfondimento di quello degli sports bar. Fin qui il compitino, poi c’è anche una nostra considerazione. E cioé che a forza di ascoltare cialtroni 3.0 che ti dicono frasi come ‘le news sono ormai commodities’ (diciamo cialtroni perché il discorso commodities sta a significare che non vogliono pagarti) ci stiano credendo anche i grandi editori. Quindi è importante che giornali come il NYT rimangano fedeli al principio che l’informazione sia un prodotto che ha dei costi e vada perciò pagato. Per la verità non è sempre stato così, perché è solo dal marzo del 2011 che il sito del giornale è a pagamento (15 dollari al mese), ma di sicuro almeno in questo caso (si potrebbero fare molti esempi in senso contrario) il paywall è stato un successo. Che non ha cannibalizzato l’edizione cartacea. E’ infatti di dominio pubblico che nel quarto trimestre 2012 per la prima volta nella sua storia moderna il NYT abbia avuto più ricavi da vendite (cartacee e digitali) che da pubblicità. E gli abbonati alle varie forme digitali sono ormai vicini a quota 700mila. Tornando all’orticello, è tutta questione di percezione: abbiamo da poco comprato un sacchettino minuscoli di noci macadamia (di cui ignoravamo l’esistenza prima di Master Chef), pagandolo 15 euro, eppure quando si tratta di abbonarsi a un quotidiano (al momento siamo abbonati a tre) siamo lì a valutare attentamente anche il centesimo.

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