Il soffitto di Moraschini

21 Gennaio 2019 di Oscar Eleni

Oscar Eleni alla ricerca della luce nella notte di eclisse chiedendo invano un posto sulla barca dalla vela rossa dove Paolo Rumiz cerca di raccontare la storia di triste di Europa rapita e violentata da un Dio o, almeno da uno che si crede tale come capita adesso a molti nel valutare le opinioni degli altri. Settimana di fisiologica eclisse anche per molte squadre, Milano prima di tutte, ma guai a parlarne male e siamo preoccupati per il nostro caro Wertherone che su Pianeta basket ha paragonato la squadra di Pianigiani a quei tacchini che vorrebbero volare, senza riuscirci. Eresia, urleranno dalla roccaforte dominata dall’intransigente Bernardo Gui che nel Nome della Rosa se la prendeva più con Guglielmo di Baskerville che con il quasi eretico Fra’ Dolcino. Vietato parlar male dei santi, meglio prendersela con i fanti mandati all’assalto senza le scarpe. Il potere, spesso, confonde. Sei il più ricco, hai i giocatori più forti almeno per l’Italia. Tutti lo sanno e quasi non ci provano, salvo le menti illuminate di due allenatori che guidano squadre del Sud. Milano cade ad Avellino e Brindisi. Succede, nessuno fa processi, sì certo nella Milano che si mangia tutto, chiedere a quelli del calcio, qualcuno vede del marcio in Danimarca, ma siamo sicuri che la società resisterà a tutto, anche alla tentazione di fare quello che troppe volte ha sbagliato in passato. Cambiare. Meglio resistere sul progetto controfirmato. Sarà la primavera a dirci se le scelte sono state tutte giuste.

Olimpia e non Inter dove dovrebbero essere licenziati tutti quelli che hanno scambiato Zaniolo con Nainggolan. Certo l’Europa si allontana e lascia Pianigiani vicino al minotauro. Questo merita almeno una riflessione da parte di quelli che valutano in base ai bilanci. In Europa, non in Italia, ovviamente. Strano. Certo da chi ha messo sul tavolo 26 milioni di euro, quinta forza nel meccanismo di Bertomeu, ci si aspetterebbe almeno un’Eurolega da quinto, sesto posto fisso e non questa altalena da frigidi che ne prendono sempre troppi, anche quando vincono e non ci sono tante scuse se a Brindisi incassi 101 punti. Una punturina, certo, per chi domina da lontano, sapendo che riconquistata la salute non ci sarà davvero lotta a Firenze in coppa, nei play off per lo scudetto, roba di casa nostra soltanto nostra purtroppo, vedendo le paturnie e i problemi delle immediate inseguitrici che stanno un giro dietro: le svenevolezze di Venezia, le amnesie casalinghe di Cremona, gli incidenti e la cassa quasi vuota di Avellino, il ritorno sulla terra della Varese che con gli stipendi del quintetto base della Milano da bere farebbe due campionati. Poi c’è Sassari con il suo Diablo. Lontana, però, soprattutto adesso che deve ricostruire un gioco dopo aver perso il James dell’isola.

Il basket ci ha preso la mano nella prima di ritorno, che dice purtroppo soltanto cose importanti per quello che accade in coda. Urrah per Boniciolli, segno che la fortuna aiuta chi è davvero audace e, magari, passa più tempo in palestra che davanti allo specchio per chiedere sempre chi è il più bravo del reame. Questo testone di triestino, poeta, rivoluzionario e marinaio, ci presenta un quasi sconosciuto come Zanotti e, seguendo la scuola del suo maestro Boscia, la loro separazione ancora ci addolora, dice quello che dovrebbero sapere i governanti: se ti alleni, se hai voglia, se lo meriti, il campo dirà chi sei. Fondo della stiva dove la sirena Torino aspetta che dal naufragio esca qualcuno con idee più chiare di quelle che hanno distrutto la stagione iniziata sul carro del marziano Larry Brown poi bruciato dal Bernardo Gui che vaga cercando colpevoli, sbattendo sui soffitti bassi di troppi palazzetti indegni, cominciando da quello di Brindisi, piccola chiesa intitolata al grande Elio Pentassuglia, ma inadeguata come dice da anni l’ex presidente di lega Marino che con Vitucci sta portando verso castelli importanti questa squadra brindisina che intanto ci ha restituito un talento come Moraschini, un quasi purificato costretto sempre a guardare incredulo verso gli dei che gli rubarono la finale scudetto con Trento, che lo hanno mandato ad espiare in A2, domandandosi se davvero la difesa di Milano fosse degna di una prima della classe.

Del gioco di mister Pi discuteranno i posteri. Per qualcuno contano le vittorie. Con Siena stravinse. Facendo anche qualche cosa di interessante in Europa, pur senza giocare mai finali. Con Milano ci prova. Domandarsi se ha amministrato bene il personale non è sacrilegio, casomai è blasfemo dire che Sandro Gamba lo critica perché trascinato da altri. Non erano arrivati a tanto quelli che se la presero con lo Spartacus di via Washington quando lo insultarono per difendere il loro investimento. Gamba ha sempre criticato la sua Olimpia quando non la vedeva coraggiosa o generosa. Lo sanno Bucchi, Banchi, Repesa, Scariolo. Tutti quelli che hanno vissuto la nuova era della società. Conoscendolo come si può dire che è trascinato nella critica da chi non ama Pianigiani? Pazienza. Liberi tutti: i difensori e quelli che criticano. O no? Certo deve essere il clima che tormenta quando arriva l’eclisse.

Sarà per questo che in tanti vorrebbero sapere cosa agita in questi mesi il Gianni Petrucci che Daniele Dallera ha riportato alla ribalta con una sapiente intervista sul Corriere. Stiamo parlando della rivoluzione in casa Coni, dei Guido da Lusignano che stanno assediando la Kerak del palazzo Acca. Petrucci, Barelli e il suo nuoto splendido e splendente, il Binaghi più da ping pong che da tennis. Sugli ultimi due non sapremmo cosa dire, ma sulle dichiarazioni di Petrucci c’è tanto: saggezza, astuzia politica. Non sappiamo se voglia tornare a correre seguendo il sottosegretario Giorgetti che viene dal basket dove è stato allenatore nella Varese del periodo aureo e di quello bulgheroniano. Sulla vicenda lasciamo spazio ai competenti dello sport che duella con la politica, credendo ai maestri dello Sport che ci ricordano le suore di clausura sfrattate dal terremoto di Norcia, ma che ora vogliono tornare anche se dovranno vivere in un container.

Nel momento dei mesti addii (Ciao grande Federer? Addio super Vonn?), pensiamo alla rivoluzione in atto nello sport italiano, stupiti che Salvino Tortu abbia più spazio con il suo ragazzo d’oro, bello, solare, ma impegnato in un mondo di gente che va forte davvero, di quando mai ne ebbe il professor Vittori con Mennea, ma forse sbagliamo noi, comunque attenti alla troppa luce. Una cosa che ci spaventa pensando a Federica Pellegrini. Felici che abbia già trovato una strada televisiva per il dopo nuoto, ma, confessiamo, speravamo tanto che potesse ancora macerarsi fra le sue 400 paia di scarpe pensando principalmente al nuoto, non perché pensiamo che possa fare ancora meraviglie al mondiale o alle Olimpiadi di Tokio, ma perché il suo modo di interpretare sport e allenamento, vita di gruppo e gara individuale ci piace ancora molto. Lei insegna, va seguita. Non imitata.

Pagelle da cestino sotto l’eclisse.

10 Al doge VITUCCI che ha resistito nei momenti in cui Brindisi era e non era. Ci ha lavorato, ha trovato una strada e, soprattutto, una squadra. Grazie per aver restituito Moraschini a patto che tenga sempre un bastone fra le bretelle per ricordargli che il pallone è prezioso e non si butta mai via, soprattutto alla fine per fare la giocata da applausi stile piccolo Madison.

9 Ad Ario COSTA se nel doloroso viaggio che tocca alla sua Pesaro riuscirà a vedere un’altra salvezza, anche cambiando dolorosamente nocchiero. Con Boniciolli ha trovato un credente, ma se ci sarà salvezza, dategli anche una squadra degna della storia di una città che al basket ha dato genialità e non soltanto Alceo o Scavolini.

8 A BUSCAGLIA per come sta uscendo dalla trappola dove Trento si era messa proprio da sola sbagliando la costruzione della squadra. Sarà vita dura fino in fondo, ma servirà a crescere anche se dalla finale scudetto si chiuderà senza play off.

7 A Vincenzo ESPOSITO per come è riuscito a far volare di nuovo Sassari dopo i guai iniziali, l’incidente di Bamforth. Ora il Diablo dice che potrebbe tradire Sardara soltanto se lo chiamasse un college americano. Metterlo subito ai ferri, interrompendo le comunicazioni oltre l’isola.

6 A VIRTUS ROMA, ma attenti al tigre Dell’Agnello e Bergamo, e FORTITUDO, attenti a Treviso e Max Menetti, perché ci fanno credere che il basket ritroverà in serie A due società con una grande storia e palazzi adeguati.

5 Ai PROPRIETARI di TORINO e CANTÙ se non si faranno davvero da una parte perché queste due realtà importanti meritano davvero un futuro diverso.

4 A Romeo SACCHETTI che non prende slancio dalla dichiarazione d’amore del presidente federale al Corriere e si fa incatenare da Trento. Ancora una volta in casa.

3 A Pietro ARADORI che sembra davvero in sofferenza nella nuova Virtus di Sacripanti. Non siamo mai stati suoi ciechi ammiratori come molti, ma ci dispiace che non trovi felicità in una squadra che sta facendo cose discrete. Non vera Virtus, ma quasi.

2 A PISTOIA adesso che si trova davanti alle porte di una retrocessione dolorosa. Ci dispiace per Ramagli, ma anche per chi credeva che fosse facile sostituire il vecchio padrone.

1 A TRIESTE che spesso incanta, ma poi fa un disastro a Bologna perdendo palloni in quantità industriale. Sì, certo, neopromossa, sì, certo, oltre le previsioni, ma certi giocatori andrebbero messi alla porta quando vivono di lune e sembrano assenti.

0 Ad EUROSPORT, benedetta sia questa televisione che ha rivoluzionato il giardino del basket, allattando una nuova generazione, perché da un po’ di tempo si preferiscono le due bordocampiste Cicchinè e Sabatini a certi berci, a certe visioni di una bellezza da visionari.

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