Il senso della Raducanu

12 Settembre 2021 di Stefano Olivari

Come può la giocatrice numero 150 del mondo aver vinto gli US Open, partendo dalle qualificazioni? Dopo il trionfo di Emma Raducanu a Flushing Meadows se lo chiedono sia quelli che seguono poco il tennis sia quelli che lo seguono molto. Senza contare che Leylah Fernandez, sua rivale in finale, era numero 73. Da domani saranno rispettivamente 23 e 28. Cose da tennis femminile, con una storia piena di meteore anche di alto livello, o c’è di più?

Secondo noi bavosi che imploravamo più inquadrature per la mamma della Fernandez c’è di più, visto che non stiamo parlando di trentenni che hanno azzeccato il tabellone giusto ma di due diciannovenni con stili diversi (ordinata progressione  per aprirsi l’attacco in lungolinea la pseudo-britannica, aggressività e fiammate incrociate la pseudo-canadese) ma entrambe con grandissime prospettive.

A dirla tutta, la Fernandez ha facilitato il compito alla sua avversaria battendo Osaka, Kerber, Svitolina e Sabalenka (si sono vinti Slam con molto meno), ma sfruttare i buchi nel tabellone, al di là delle superpartite contro Bencic e Sakkari, è un merito e non una colpa: noi moriremo senza aver vinto lo Slam della Giorgi. Chissà se la Raducanu reggerà un futuro con la pressione addosso, intanto ha vinto uno Slam e l’ultima più giovane di lei a farlo era stata una diciassettenne Sharapova a Wimbledon 2004.

In trepidante attesa per Djokovic-Medvedev, sottolineiamo ancora una volta la bellezza del pubblico degli US Open, che dal vivo abbiamo apprezzato purtroppo solo in due edizioni, così diverso da quello di borghesi annoiati e di turisti con il selfie-stick. Davvero trascinante, con la direzione del tifo che cambia anche più volte all’interno della stessa partita.

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