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Il saluto di Cremona

Oscar Eleni 01/06/2020

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Oscar Eleni a spasso per una lunga via milanese dedicata all’esploratore romagnolo Romolo Gessi caduto a Khartoum insieme al generale Charles Gordon. In mano la meraviglia del giapponese Murakami che, all’improvviso, nel suo libro Kafka sulla spiaggia fa entrare in scena un vecchio capace di parlare con i gatti. Pensano che sia uno stupido, lui se ne frega. Lo dovremmo fare anche noi parlando con i gattini ciechi del nostro sport, del nostro giardino senza piante.

Compagno ideale per queste giornate dove siamo sempre più delusi, da chi governa, da chi non ubbidisce, da chi ci dovrebbe curare e litiga con chi nega l’esistenza del virus, o del male, la stessa cosa per evasori da posteggio in doppia fila. Come dice un saggio, il mondo sembra avanzare verso una qualche rovina, sperando che l’avanzata sia lenta. Delusi, ma non sorpresi se i prezzi aumentano, se i piagnoni che non hanno mai regalato niente adesso vorrebbero brindare a tutte le ore, tirare calci al pallone negli stadi vuoti facendo star male chi, ad esempio nel basket e nel volley aveva deciso che la baracca andava chiusa. Saggezza? Forse.

Intanto la barca affonda, le società fanno i conti e scoprono che avere Balotelli a libro paga è una dannazione. Balo, sempre lui. Be’, s’impegna molto e vorremmo ricordare al caro Belinelli, riapparso sui nostri schermi grazie a Walter Fuochi (per fortuna lui non cede, lavora dove lo aiutano a non cedere anche se hanno perso il candido manto in Olanda e forse in edicola) che il talento perduto dimostra come non tutti gli antipatici aiutino a vincere. Lui, il dolce Beli che aspetta un nuovo contratto, ama i tipi come Jordan, è impazzito, come molti, per The Last Dance, sapendo bene quello che succede nel santuario dello spogliatoio, dove si si perde per una gelosia di troppo, o, magari, si vince, anche se preferiamo credere che siano le squadre vere a farlo, per una concessione del fuoriclasse antipatico.

Mondi che sono la vera essenza della vita nello sport. Mancano i giochi dello spogliatoio. Se ci  fate caso il rimpianto di molti, da Vieri in  giù, è per quelle facce che non vedranno più, una famiglia che non ricostruiranno altrove. Per questo si resta sbalorditi quando lo sport viene lasciato nelle mani di chi quelle porte dello spogliatoio le ha trovate sempre chiuse. Siamo delusi, ma non sorpresi, che si dia maggiore credito ai legatoli del calcio piuttosto che a un Tardelli. Tutto è chiaro, con o senza pandemia.

Onore a chi non vuole titoli di carta e non conquistati sul campo, ma forse lo Zanetti virtussino vede più lontano di chi ha chiuso tutto, lasciandoci le mani. Peccato che nei consigli federali, e quindi al CONI, ci siano pochi che si sono guadagnati il pane sul campo. Certo se Petrucci, padrone del basket a patto che sia azzurro, avesse in consiglio Bianchini, Recalcati, magari il Tanjevic che poteva insegnargli tanto ancora, forse non dovrebbe aggiungere nelle interviste accomodate che tutto quello che decide lo fa insieme al consiglio. Ci mancherebbe. Ma dubitiamo che i suoi interlocutori, maestri del dai vai nella ricerca del voto, abbiano l’autorevolezza di quelli che anche adesso danno i consigli migliori. Certo non li ascolterà nessuno, proprio come accadde con Recalcati dopo Atene 2004, come è successo tante volte, quando serviva Canossa e non un Caesars Palace in mezzo alle dune.

Si piange sui talenti in fuga perché altrove pagano meglio, di più, ma anche questo è un giochino da paese dei balocchi. A Milano, secondo voi, si può piangere oggi se Icardi va a Parigi? Vorrebbero farci credere che è proprio così. Bugie fra arrampicatori  sugli specchi che vorrebbero sgridare, come il simpatico Calò, se ci si alza in piedi quando il luogo comune sul calciatore che pensa soltanto ai soldi, lui e chi lo amministra, diventa realtà.

In questa crisi, mentre la Lega ci commuove mettendo una fotografia di una selezione dei tempi dorati, allenatore Gamba, sul campo Morse, Lienhard, Kenney, Raga, il Polzot mai capito, Farina, scopriamo che qualcuno ha ancora voglia di protestare tipo burrasca Pasquali quando dice chiaramente quello che altri pensano: il protocollo federale sulla ripresa allenamenti è complicato e gravoso economicamente. Commenti? Zero. Altrimenti il presidente s’arrabbia e un lodo Petrucci non si nega a nessuno.

In questa atmosfera da palude, con il calcio che in notturna ci farà passare il caldo e la noia, il basket tira qualche pietra nello stagno. Milano e Messina sembrano avere idee chiare, certo sembrava le avessero anche all’inizio dell’ultima stagione in grigio. Ettorre fa sapere che senza partite si finisce nella nicchia delle brevi. Verità tipo acqua calda. Il nostro Tancredi, però, lavora pure per costruire una Armani a sua immagine e somiglianza, qualcuno dirà speremo de no, ma sarebbe ingiusto.

Buona l’idea di avere Davide Moretti a corte dopo il bel lavoro a Texas Tech. Giusto liberare la falena Della Valle. Per lui ci saranno tanti a bussare alla porta dell’ agente, un po’ come per il suo allenatore dell’anno scorso. Certo far credere che potrebbe tornare a fare coppia con Aradori suona strano. A Reggio Emilia sembravano cane e gatto. Magari, col tempo, questa antipatia è sfumata a favore di contratti che assicurino migliori esistenze. Interessante puntare su rocca Hines al centro, pazienza se non è giovane e qui siamo un po’ perplessi.

Ma che ne sappiamo noi mai ammessi alle tavolate dove la banda del “mi so” indica la luce? Niente. Se avessimo avuto un seguito difficilmente avremmo visto senza una panchina adeguata il Buscaglia che ha trovato in Dalla Salda, ohibò, uno a cui non piaceva il gioco degli arzan dove il talento era ben nascosto. Auguriamo ad Antimo Martino di trovarlo questo talento, lui che è giovane e bravo abbastanza per non farsi domande sulla scelta di casa Fortitudo ora che ci vorrebbero convincere di aver riportato Basket City in piazza Grande perché, come ai tempi belli dell’alleanza Tesini-Porelli, sembrano viaggiare insieme i padroni delle due società capaci di illuminare il nostro basket per anni.

Speriamo sia così, ma anche noi, come l’inesauribile Nano Ghiacciato che ogni giorno dialoga, insegna, racconta, intriga, esalta, siamo amareggiati sapendo che la Virtus andrà in Fiera e la Effe a Casalecchio da Sabatini, lasciando vuoto il tempio di piazza Azzarita. Chissenefrega diranno gli autori dell’esodo. Forse anche Sacchetti che nello stesso giorno in cui si è staccato dall’isola felice di Cremona ci ha fatto capire la crisi perché forse forse il cavalier Vanoli ha deciso di chiudere. Doloroso, ma nella peste va così, a porte chiuse.

Speriamo che il 15 giugno alla siora federal arrivino invece buone notizie dal Vanoli, ma pure da Pistoia, Pesaro e, soprattutto Roma che attende il salvagente Malagò come suggerito dal Petrucci che sa quando è tempo di guerra col presidente del Coni e di pace con il padrone dell’Aniene. Il Petrus che sogna Genova in serie A. Bello, ma le radici sembrano tanto lontane. Romeo che torna a Bologna dove fu felice nell’anno della scommessa Fernet Tonic perché era davvero una Bologna delle meraviglie, perché quella società inventata aveva due porti sicuri dove rifornirsi di passione, idee, stiamo parlando del papa Parisini, quanto ci manca, di Beppe Lamberti, le notti con lui, fortunatamente, non finivano mai. Speriamo che Sacchetti abbia il tempo per fare un buon lavoro. Lo scontro fra lui e Djordjevic arricchirà una città che nella battaglia ideale si è  sempre esaltata, anche dovendo tenere a bada troppi esaltati.

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