Il rumore del Chiasso
26 Marzo 2011
di Stefano Olivari
di Stefano Olivari
9 – L’anno del Casale, il primo scudetto a tavolino, la Svizzera italiana e lo svago del 1916.
La formula della diciassettesima edizione del massimo campionato italiano di calcio ricalca purtroppo quella dell’edizione precedente, con la FIGC che sogna questo Super Bowl italiano qualche decennio prima del Super Bowl vero. Il Torneo Peninsulare evidenzia le differenze tecniche e di organizzazione fra Centro e Sud, ma anche all’interno dello stesso Centro: dove la Lazio domina il girone laziale (che sarebbe meglio definire romano, sei su sei partecipanti sono della capitale), batte la Spes Livorno campione toscana e nella finale Centro-Sud distrugge l’Internazionale Napoli. Nel torneo Maggiore emerge fin da subito una fortissima realtà piemontese, il Casale: che vince il girone ligure-piemontese davanti al Genoa e poi si conferma nel girone finale a sei squadre (con le prime due di ogni raggruppamento) sempre davanti ai rossoblu. La Juventus, risorta dalla quasi retrocessione dell’anno prima, è quarta, ma alla doppia finale nazionale va ovviamente il Casale: che contro la Lazio non ha alcun problema, diventando così per la prima volta Campione d’Italia. Una squadra che non viene dal nulla: l’anno prima è stata la prima italiana a battere un’inglese, con lo storico 2-1 al Reading in tournéee. Da sottolineare che Il Reading negli stessi giorni batte Genoa, Milan i campioni dell Pro Vercelli e addirittura la Nazionale. Quello del 1913-14 è un campionato memorabile e viene vinto da quella che è l’espressione di una piccola città (la più piccola ad avere mai espresso una squadra campione d’Italia di calcio, prescindendo dal discorso sulla Novese che faremo più avanti) e di un ambiente ancora non professionistico al contrario di quello della maggior parte delle avversarie. La maglia è nera, non come presagio di quello accadrà qualche anno dopo in Italia ma come sfida al bianco della Pro Vercelli con cui la rivalità è fortissima fin dalla fondazione. Il calcio è riuscito a radicarsi nelle grandi città ma anche in provincia, forse non è stato frutto di una strategia ma di sicuro il risultato è buono e ancora oggi ne godiamo i frutti visto che il calcio in Italia viene seguito ad ogni latitudine e da ogni classe sociale.
Il diciottesimo campionato di serie A, ancora con la denominazione di Prima Categoria, è ricordato come il più confuso della storia e non a caso l’assegnazione del titolo è ancora oggi discutibile. Colpa dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, che ne interrompe la fase finale, ma colpa anche di una formula che nei gironi regionali o interregionali include praticamente chiunque: l’obbiettivo è aumentare il numero delle partite e degli incassi, l’effetto pratico è quello di annoiare. Al Centro Lazio e Roman (insieme ad Alba e Fortitudo nel 1927 farà nascere la Roma, anticipandone comunque i colori giallorossi) si qualificano per il girone di semifinale insieme alle toscane Pisa e Lucca, ma il girone non verrà mai terminato a causa degli eventi bellici. Al Sud lo stop arriva prima della disputa della finale di ritorno fra Naples e Internazionale Napoli. Nel torneo Maggiore fra fallimenti finanziari e folli accorpamenti regionali (La Lombardia, divisa in tre parti, porta le sue squadre in tre gruppi diversi) si arriva alle cosiddette semifinali che in realtà riguardano 16 squadre divise in 4 gironi. Le prime di ognuno dei gironi (Genoa, Inter, Milan e Torino) arrivano finalmente al gironcino finale ma anche lì ci si interrompe per la guerra a una giornata dalla fine, quando il Genoa è in testa con 2 punti di vantaggio su Torino e Inter. Il 23 maggio 1915, data prevista per la disputa dell’ultima giornata, l’Italia dichiara guerra all’Austria. Ma già da giorni la FIGC ha prudentemente sospeso il torneo, con la motivazione che la guerra durerà poche settimane e che il campionato di Prima Categoria sarà quindi ultimato in estate. Per la sventura di milioni di uomini, le cose non andranno così: Nord, Centro e Sud non avranno campioni e tantomeno ci sarà un campione nazionale. Nel 1919 il Consiglio Federale si riunirà per decidere il futuro dei campionati e nell’occasione con un colpo di mano si decide che il Genoa è da considerarsi campione d’Italia 1914-15. Il primo scudetto deciso a tavolino, visto che i rossoblu non sono matematicamente nemmeno campioni del Torneo Maggiore e che in ogni caso non hanno giocato con la campione del Centro-Sud. Ma nessuno protesta, ci vuole una guerra mondiale per mettere nella giusta prospettiva le polemiche calcistiche.
L’assurdo campionato italiano 1914-15 merita di essere ricordato anche perché per la prima volta non è totalmente…italiano. Infatti il Chiasso, squadra di una città della Svizzera ticinese confinante con l’Italia, fin dal 1913 ha chiesto di poter essere considerato una squadra lombarda. Un po’ per i buoni rapporti con Inter e Milan, un po’ per accelerare la sua scalata (sarebbe infatti nella serie C della Confederazione), è nata questa aspirazione. Che solo la confusione del 1914, con la riscrittura di tutti i gironi, riesce a tramutare in realtà. E così dopo una serie di amichevoli contro le migliori squadre della Promozione (l’equivalente all’epoca della serie B) lombarda, la Cremonese e il Savoia Milano, il Chiasso viene inserito nel girone Lombardia Centrale-Emilia della Prima Categoria. Finirà quinto su sei, comunque a poca distanza dal Bologna terzo e dalla Milanese quarta. L’avventura italiana del Chiasso durerà fino a tutta la stagione 1922-23, quando il club rossoblu lascerà la Seconda Divisione (dove è stata retrocessa non per i risultati del campo ma per un lodo arbitrale ricordato come ‘Il Compromesso Colombo’) e tornerà ad essere svizzero. L’esperienza è comunque memorabile, perché in quell’era paleo-professionistica vengono accettati principi che ancora oggi si faticano a concepire. Basti pensare allo scandalo destato da Rangers e Celtic di Glasgow quando hanno manifestato l’idea di affiliarsi alla Premier League inglese.
Già nell’estate del 1915 appare chiaro che la guerrà durerà molto più delle poche settimane preventivate, ma il mondo del calcio non si perde d’animo. The show must go on, anche perché quel tipo di guerra richiede sì un enorme tributo di sangue militare ma di fatto non tocca la popolazione civile se non sottoforma di impoverimento generalizzato. Dopo un campionato terminato con la sospensione appare chiara una crudele realtà: ci sono di sicuro molti calciatori costretti a partire per il fronte (e alcuni non faranno ritorno a casa), ma la maggior parte con magheggi vari è riuscita a imboscarsi o a stare in zone più tranquille rispetto all’Isonzo. Insomma, volendo quasi tutti i club potrebbero mettere in campo formazioni paragonabili a quelle delle stagioni precedenti. Non potendo organizzare un nuovo campionato, visto che quello 1914-15 è stato sospeso, la FIGC si inventa la coppa. E’ la Coppa Federale, che formalmente assegna un nuovo trofeo ma non il titolo di campione d’Italia. Un escamotage triste, una manifestazione che parte con molte defezioni (la principale quella della Pro Vercelli) e con l’esclusione delle squadre del Centro-Sud. Prudentemente si evita di coinvolgere squadre venete e si costituiscono cinque gironi regionali, le cui vincitrici si disputeranno la coppa in un giorne finale. Essendo il Centro-Sud e il Veneto ancora lontani dal livello delle grandi tradi
zionali, la Coppa Federale sul piano tecnico vale come un campionato. Inutile dilungarsi su partite di cui nessuno ha memoria, è però importante ricordare che vince il Milan trascinato da Aldo Cevenini (il primo dei celebri fratelli, ma il più famoso è il terzo) superando di pochissimo Juventus, Modena e Genoa. E’ l’ultima grande vittoria rossonera prima di un trentennio difficilissimo. Una vittoria che vale uno scudetto ma che non è uno scudetto: negli albi d’oro potrebbe però almeno essere equiparata a una Coppa Italia. Rimarrà comunque l’unica edizione della Coppa Federale, per tre anni i calciatori scampati alla cartolina precetto giocheranno solo torneini provinciali. (9-continua)
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
(pubblicato sul Guerin Sportivo)
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