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Il ritmo di Arsenio Lupin

Paolo Morati 21/10/2013

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Ci sono delle serie televisive che ti rimangono nella memoria più di altre anche per merito delle sigle. Una di queste è, nel nostro caso, Arsenio Lupin (Arsène Lupin) con protagonista Georges Descrières scomparso sabato a 83 anni. Con quella iniziale, bellissima, composta da Jean-Pierre Bourtayre e animata da una sagoma che ruotava su una roulette, e quelle finali, L’arsène e Gentleman Cambrioleur cantate da Jacques Dutronc, a passo di valzer.

Ma era tutta la (co)produzione internazionale guidata dalla francese ORTF sul ‘ladro gentiluomo’ inventato da Maurice Leblanc a essere di alto livello, con i ritmi di allora meno assillanti – qualcuno li definirà noiosi e soporiferi- rispetto a quelli delle controparti odierne, offrendo la possibilità di concentrarsi e ragionare su storie che la prima volta le avevamo viste in bianco e nero, anche se in realtà girate a colori. Oggi, in forma restaurata, fanno quindi emergere al meglio la grande attenzione a scenografie e ambientazioni anni ’20 (i romanzi sono invece ambientati nella Parigi della Belle Époque) che sulla Rai di allora non era possibile cogliere.

Ottimo Descrières nei panni di Lupin e dei suoi travestimenti – ironico, riflessivo e coerente con la sua particolare etica e senso della giustizia – così come Yvon Bouchard in quelli del suo aiutante Grognard – spesso con il suo volto capace di contendere al primo i ricordi in una serie trasmessa in Italia sul primo canale a cavallo tra il 1971 e il 1975 per due serie da 13 episodi da 55 minuti ciascuna. Pochi ma buoni…

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