Il pulpito di Nedved

4 Febbraio 2020 di Vincenzo Matrone

In questi ultimi due giorni abbiamo visto opinionisti, giornalisti, avvocati e magistrati prestati al calcio dare opinioni sulle frasi di Rocco Commisso dopo Juventus-Fiorentina. Con il presidente del club viola passato rapidamente da accusatore ad accusato, secondo le migliori tradizioni dei media italiani che hanno trovato una bella e genuina sintonia con lo sportivo Pavel Nedved, quello che aveva eletto a suo nemico mortale Moreno, il rapper di Amici.

La prima frase tipo dei sedicenti uomini di sport è la seguente: “Invece di portare la cultura dello sport americano Commisso si è subito adattato alla cultura del sospetto italiana”. Peccato che per il calcio italiano i sospetti nascano non da una imprecisata cultura ma dalla storia recente. Perché se con la vostra azienda partecipate ad una gara di appalto in Norvegia e la perdete siamo sicuri che non penserete ad un complotto mafioso/politico, anche se forse la mafia (chiamata magari network) esiste anche lì e anche in Scandinavia vi hanno derubato.

Se il tutto invece avviene in Italia un piccolo sospetto inevitabilmente viene. In altre parole: sembrare onesti è importante almeno quanto esserlo, per la credibilità di uno sport forse è anche più importante. Non ci improvvisiamo conoscitori degli sport americani, abbiamo letto che anche lì ci sono stati giocatori che hanno venduto partite anche se forse mai i loro arbitri sono stati minacciati negli spogliatoi e invitati da dirigenti delle squadre a telefonare con schede svizzere.

La seconda frase tipo usata contro Commisso prescinde dagli Stati Uniti: “Un tesserato non può usare certi toni”. Il problema non sono i toni della predica ma il pulpito, perché la lezione arriva dalla Juventus. Che con quasi gli stessi dirigenti due anni e mezzo fa, dopo un rigore sacrosanto assegnato al Real Madrid di Cristiano Ronaldo, disse frasi molto più pesanti (cuore, bidone, spazzatura) di quelle pronunciate da Commisso per due rigori quasi inventati.

Quanto al pulpito da cui parla Nicchi, chissà cosa ne pensa Ronaldo (non Cristiano) ricordando il ’98 e non soltanto per il fallo di Iuliano. Un collezionista di giornali potrebbe ritrovare qualche editoriale dell’epoca, in cui si invitava il Fenomeno a prendere esempio dalla cultura sportiva americana, quella dove l’arbitro viene rispettato.


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