Basket
Il potenziamento di Hackett
di Oscar Eleni
Pubblicato il 2013-07-01
Oscar Eleni che danza sotto le terribile pioggia cinese del Dunhuang, guardando nubi colorate dove vedi le facce dei giocatori di Azzurra Tenera sconvolti dall’estate. Dicono che molti pittori e scrittori si sono ispirati alle facce viste fra le nuvole. Ecco, fatelo anche voi come noi raminghi tapascioni fra canestri dove ci stavamo innamorando della Nazionale femminile quando sono arrivati i lampi della Serbia guidata bene dalla figlia di Bozo Maljkovic che troveremo nella foresta verde degli europei alla guida di chi organizzaa e si è già pentito di non aver fatto a metà con l’Italia. Peccati di gioventù, ma anche debolezze psicologiche così evidenti in un sistema che perde squadre, miti, senza idee e con una base atletica modesta.
Tornando alla carie della Nazionale vera speriamo che alla fine di luglio, quando ci sarà il raduno, tutto sia sistemato e che la NBA non metta altri ostacoli o catene. Certo sentire Hackett che saluta per andare in America a potenziarsi sotto la guida di papà Rudy, uno che ha fatto belle cose sul campo per il basket italiano, ma fuori non è mai stato veramente al suo posto direbbero a Siena dopo averlo trovato fra i critici per la posizione sul campo del giocatore più affascinante nelle finali scudetto, dovrebbe inquietare. Non lo diciamo per Cuzzolin che è il potenziatore, riabilitatore, nutrizionista, ufficiale dell’azzurro cielo, ma in generale per questi ragazzi di ventura che vacillano sull’argine, fra contratti da rinnovare e squadre da trovare come il peripatetico Mancinelli che adesso vorrebbe volare sui fiori di Reggio Emilia che sono belli proprio perché di campo e non di serra come questa orchidea abruzzese che non ha tempo per diventare un’ala perché gli affari e la vita lo hanno sempre intrigato più del lavoro serio su debiti con il talento che ha contratto quando gli cantavano che era il numero uno e lo facevano sentire eroe anche negli anni della micragna fortitudina finita con la retrocessione.
Nuvole colorate per questo basket dove una pubblicità al giorno toglie la critica di torno e fa andare in confusione chi annuncia urbi, ma sopratto agli orbi, di inesistenti passi indietro che ti farebbero rotolare nel magazzino, molto lontano dalla vetrina che ha sempre stuzzicato i grandi industriali, i grandi manager che fino al giorno prima erano quasi anonimi, o, perlomeno potevano nascondere barchetta ed ambizioni e fare bene il loro mestiere, spesso così diverso da quello che serve nel mistero agonistico dello sport.
Stupendi i ragazzi di Sacripanti che hanno vinto il torneo De Silvestro-Bepi Meneghin, per nazionali under 20, a Domegge, quando nella foto ricordo si sono messi in posa con tanto di occhiali scuri come i pollastri ricchi dell’Armani che anche perdendo tanto sono comunque rimasti alla ribalta persiono nei giorni della finale scudetto dove loro non c’erano, facendo venire qualche dubbio a chi apriva i giornali. Li mostrano per ricordarci cosa?
Già. Come si è capito dalle parole del numero uno nella tenuta Armani il dolore è stato elaborato. Si riparte per nuove avventure. Luca Banchi il nocchiero, ma che non deve illudersi di trovare a bordo una bussola precisa come quella che gli offriva sempre Ferdinando Minucci nei momenti di burrasca che ci sono stati anche a Siena, pensate al finale di campionato ed Eurolega, quando si è scoperto che l’uomo di Grosseto sembrava meno solido del Pianigiani lamentoso degli ultimi tempi. Ora Milano lo peserà e valuterà, anche se il capolavoro con la Siena meno forte resdterà per sempre. Si prepari a volare da solo. Dove prima c’era l’erba ora c’è una cittadella di visir dal finto potere, dal fiuto incerto, dal valore dubbio come dimostrano i fatti, i risultati. Gente che si gira dall’altra parte, come giusto nella pestilenza milanese che dura dal 1996, untori e monatti uniti nella stessa lotta al ricordo, se gli fanno vedere un bel libro come quello scritto da Werther Pedrazzi sulla saga delle Scarpette Rosse Olimpia.
Si vive lo stesso senza avere il consenso generale, questa rubrica lo dimostra per la rabbia del ragnetto che vede il male e la corruzione che è in lui dentro i pensieri altrui, si va avanti per voglia di combattere anche se ad una certa età hai visto tutto e se scopri di essere impotente, il sciur padrun dalle braghe belle bianche comanda nella risaia e nel fienile, verrebbe la voglia di mettersi a guardare tutto da lontano. Lo faremmo se avessimo certezze televisive in diretta, ma qui non si capisce quasi più niente, fra Rai, la nuova SportItalia, Telelombardia e Milanow, il digitale ballerino e perfido, con il segnale che sfuma. Comunque sia mettiamoci sotto la galleria che porta dal mar Giallo a quello Nero, aspettiamo: le campagne abbonamenti sulla fiducia sono già aperte. Qualcuno a Milano si è presentato anche facendo ironia: avete promesso 42 partite, le potete garantire visto come siete andati negli ultimi anni? Nessuno ha fato una piega. Garantiamo, garantiamo accidenti, corbezzoli, uffa.
Qualcuno, pochissimi per la verità, purtroppo è la cruda realtà, hanno scommesso sulla futura Virtus Bologna del Villalta illuso di schivare i debiti del pregresso e le interferenze di chi, non facendosi mai ricordare per un buon lavoro da Roma in su, garantisce sui conti dell’immaginifico con calamita per l’ex Bologna città del basket. Niente da fare e lo squittio di Gigli, il nervosismo di Poeta segnalano che ad Arrigoni non si chiederà di fare soltanto il mago Zurlì, ma anche di andare oltre Houdini e Copperfield.
Tornando ai ragazzi di Domegge, dove il migliore italiano è stato il comasco Awudu Abass, il ragazzo che Cantù scoprì nella crisi e poi dimenticò nella tormenta dei giorni in cui chi si lamentava di più la vacca l’era sua, ricordino che nell’europeo in Estonia sarà tutto molto diverso come ha scoperto il Dalmonte dopo lo zucchero arbitrale di Jesolo, l’elettrino che deve avercela con il nostro “rincointuito” come il suo capo Pianigiani ai tempi dell’esclusione del Polonara che alla fine della stagione ci ha dimostrato che, forse, avevano ragione loro a non considerarlo, anche se c’era il tempo per lavorarci sopra. Insomma ha lasciato fuori Paul Biligha e adesso ci diranno che non è poi così bravo come si pensa. Certo. Ma come carattere ci ha detto molto più dei prescelti per il bagno tunisino.
Far alzare l’aquilone nella tempesta e andare a fotografare quelle nuvole. Perché abbiamo la sensazione che nel raduno azzurro del 24 luglio nella sala Azionisti dell’Edison a Milano, in foro Buonaparte, avremo tante sorprese negative? Sensazioni. Ma la fame è tanta e allora speriamo che almeno quella dia la spinta al trenino del Pianigiani legato davvero alla causa con il tempo pieno. Si torna ai tempi di Giancarlo Primo. Vedremo con quali risultati, se la controparte è rappresentata dai certi drigenti e allenatori dispettosi che di questa Federazione sembrano sbattersene alla grande non immaginando quando è vendicativo il Petrucci.
Come mai nel roseo mondo che celebra il record medaglie a Mediterranei, ci mancava anche di vincerne di meno contro sperimentali, giovani in viaggio di studio e per fare esperienza, si è scritto niente sulla vittoria del Boscia Tanjevic contro la sua Serbia? Forse l’ultimo hurrah per un grandissimo che al nostro basket ha fatto bene almeno quando Dan Peterson. Meritava almeno dieci righe.
Siamo felici per la promozione di Pistoia ma, soprattutto, per quella del Paolo Moretti che ha combattuto davvero nella sua vita di campione e poi di allenatore. Benvenuto.
Nella disperazione per lo stato di malattia quasi incurabile delle vocazioni a Pesaro una cosa ci consola: la scelta del tigre Dell’Agnello per la panchina, se ci sarà una vera panchina. Non pensiamo che sia più bravo dell’eccellente Markowski, ma è un francescano della passione, uno che se ha un pezzo di pane ed un solo pesce prova a far credere che sia festa per tutti.
Grazie a Bertomeu, l’uomo delle idee e delle decisioni importanti nell’Eurobasket, per aver detto, con stile, in modo da non offendere ma soltanto per chiarire, come stanno le cose nel borgo dell’Italbasket. Certo che è sbalorditivo sapere da Roma che mancano i sesterzi per la grande ribalta mentre a Nanterre, periferia di Parigi, vincono scudetti e si mettono lancia in resta per il torneo più duro. Certo Nanterre è gemellata con Pesaro, magari non hanno fatto una tavolata da 3 chilometri sul mare, ma ci sono e hanno progetti. Roma, poi, è caduta ancora una volta, nel dopo cena. Troppi brindisi hanno fatto dimenticare che il vero artefice del risultato sul campo è stato lo staff tecnico. Ci mettiamo anche Alberani, al primo posto se il suo ego lo impone, ma diteci subito e pubblicamente che il mancato rinnovo a Calvani nasce da una delle tante idee bislacche che hanno fatto buttare soldi nella sabbia a Toti, dai tanti consiglieri non richiesti, e non per un scontro caratteriale e per gelosie fra i due uomini più importanti della squadra finalista e rivelazione del torneo.
Tornando a Bertomeu, stupito e mareggiato per i gamberi all’italiana, gli diciamo che da noi la cosa nuova è che l’amianto spingerà Milano lontano lontano: Assago, già cattedrale non modernissima, con tabelloni segnalatori da torneo aziendale, e fuori mano, nei giorni senza cantanti, Desio e forse anche oltre per allenamenti e partite. Su questo bisognerebbe urlare tutti insieme, Lega in testa, ma adesso che il Proli fa il nome, come nuovo arconte del consorzio societario, del Gherardini congedato dai rettilosauri di Toronto, sai che rumba dispettosa, con ripicche, trappole inganni. Progresso? Chi se ne fotte. Proli ha bisogno di qualcosa in più dei titoli giovanili, meritoria opera di reclutamento nel territorio più vasto anche se le purghe annuali nel settore sanno tanto di azienda dove si lavora a cottimo e non per crescere insieme e dare linfa alla prima squadra, per non far scoprire a Giorgio Armani che il suo nome viene spesso chiamato in causa a sproposito, che i suoi soldi sono spesso usati per mettere insieme figurine e non squadre. Se è vero che il Forum è costato, col Lido, oltre un milione di euro, allora ritirare i quattrini dal Pala fantasma di piazza Stuparich e chiedere una nuova collocazione. Esiste.
Certo che Gherardini in Lega farebbe comodo. Esiste una necesità immediata di buone idee, anche di rischiose idee per uscire dalla palude dove siamo affondati. Ognuno faccia il proprio mestiere, chi sa fare di conto, ma non vede oltre la scrivania, faccia solo i conti.
Messaggio per il prossimo campionato dove tutti avranno meno soldi da spendere, persino Varese che si affida al Frates privato persino delle tessere d’ingresso dall’Olimpia dove il ser Biss di turno propone famigli e non talenti, spaventato al punto da negare fino a scadenza contratto il nuovo accordo con la Cimberio, ridimensiona e allora cosa c’è da preoccuparsi se persino Siena fa sapere che se qualcuno prendesse in carico i contratti di Hackett e Moss la prossima stagione sarebbe più facile da affrontare economicamente, si capisce. Milano resta in testa di lunghezze, ma la sua corsa non è per vincere un torneo dove le avversarie si presentano con pochissime protezioni, ma far sentire che il nome Armani è da grande Europa. Quella la sbarra da superare.
Commossi dal concerto al sax del Charlie Yeleverton che non abbiamo visto nella festa varesina per la grande idea del Vanetti che voleva una passeggiata Cezanne anche per i cestisti del sogno ai tempi di Borghi e Bulgheroni.
Giusto che Caserta abbia pensato a Lele Molin per la sua panchina dopo la partenza di Sacripanti per la Cantù che è stata madre e famiglia. Una persona seria arrivata in piena burrasca e infatti gli hanno subito fatto capire che anche cadendo Trinchieri, ed era caduto prima del patto per il bene comune, non sarebbe stato lui il sostituto.
Onore delle armi al Marco Bonamico che ha fatto della Lega di A2 una organizzazione dinamica, con tante idee, molta passione. Lui, col Pungetti ai remi della comunicazione, ha dato davvero il massimo. Premio? Si faccia da parte. Italia loro.