Il Populous di San Siro

22 Dicembre 2021 di Stefano Olivari

Inter e Milan hanno annunciato che il progetto scelto per il loro nuovo stadio sarà quello della cosiddetta Cattedrale, dello Studio Populous. L’idea è quella di giocarci a partire dalla stagione sportiva 2026-27, quando gli Zhang e i Singer saranno soltanto un ricordo, fra l’altro proprio grazie all’impianto che prenderà il posto di San Siro e che consentirà di vendere a prezzo maggiorato club che hanno sempre fatto perdere soldi ai loro azionisti di maggioranza (che poi li hanno guadagnati su altri tavoli, ma è un altro discorso).

Diciamolo subito: nessuno crede seriamente che il nuovo stadio possa essere fatto in questo modo, abbattendo San Siro e lasciandone un moncherino. Il trucco, non esattamente da Silvan, sarà far credere ai compratori che lo stadio ci sarà ed in effetti il mondo è pieno di scemi, anche con i soldi.

Nell’Italia del no a tutto e del rimpianto del buon tempo antico (a Roma Nanni Moretti rimpiangeva le vecchie estati, “Calde, grigie e democristiane”), di ogni sasso che diventa un monumento, sarebbe in ogni caso difficilissimo portare a compimento un progetto basato soltanto sullo stadio, figurarsi quindi un’operazione immobiliare sul circondario che pur ridimensionata rimane notevole.

Il recentissimo cambio di rotta di Sala, più aperto al dialogo (addirittura sulla vendita-affitto lungo del Meazza) dopo settimane di chiusura, testimonia realismo politico più che un cambio di quel pensiero unico che lega alle costruzioni, spesso invendute, lo sviluppo di una città. Una città che nel caso di Milano ha gli stessi residenti (circa 1.400.000) di trent’anni fa e 200.000 in meno rispetto al 1961 (numeri del censimento, non li stiamo inventando). Nemmeno può iniziare il discorso sul commerciale, visto che in tutto il mondo il modello del mall è in declino senza bisogno di dare colpe al Covid. Il taglio delle volumetrie accessorie colpirà proprio quel tipo di idea.

Comunque vada a finire, non capiremo mai alcune cose. 1) Perché Inter e Milan non si facciano ognuna un proprio stadio altrove, le zone disastrate ma comunque ben servite dai mezzi pubblici non mancano. 2) Dov’erano i difensori dei ‘monumenti’ quando nel 1990 fu inaugurato l’osceno terzo anello di San Siro. 3) Perché in ogni città la discussione su nuove opere si riduca al derby fra speculatori mordi e fuggi contro pubblico da museo: uno stadio nuovo, rispettando leggi e ambiente, con soldi privati, sembra impossibile?

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