Il point di Zabriskie

16 Gennaio 2013 di Simone Basso

“Que sais-tu si j’envie etre libre et sans place, simple reflet sur un verre” (Che ne sai se mi piace essere libero e senza un posto, semplice riflesso sopra un vetro)

Vorremmo volare come Aragon ma l’argomento ci appesantisce, è una zavorra che ci ha perseguitato per qualche lustro. Lance Armstrong che si pente in mondovisione da Oprah pare uno degli ultimi rigagnoli di un’epoca che vorremmo definitivamente alle spalle. Non ci importa quel che ha detto il texano, non sprecheremo tempo ad analizzare le sue parole, ma sappiamo le motivazioni: la galera e (o) la bancarotta sono prospettive che il nostro (?) ha cominciato ad annusare. Galeotta e benedetta fu l’Usada e un’inchiesta che ha rivelato ai fessacchiotti – ovvero il pubblico che ha ammirato l’ennesimo Barnum postmoderno – la realtà oscena. Tutt’al più ci frega che il ciclismo, l’avanguardia epica dello sport europeo, possa proseguire il suo ritorno alla sanità mentale. Il resto è società dello spettacolo e ci fa venire la nausea.

Eppure Armstrong, il miracolato, fu una macchinazione (quasi) perfetta. Nel 1999 la storia è già verosimile, ma all’ambiente, ai verbruggeniani e ai giornalai al seguito, va bene così. Madonna di Campiglio è ancora troppo recente… Positivo a un corticosteroide al Tour de France dopo pochi giorni; il medico della squadra, Del Moral, postdatò la prescrizione giustificandola con l’uso di una crema per il soprassella. La verità è che quella fu un’iniezione, durante la Route du Sud, per massimizzare gli effetti del dopaggio. Bel personaggio il professore dei Postini, Garcia Del Moral era quello capace “..Di infilarti una siringa nel braccio appena entrato nella tua camera.” (Van de Velde cit.); consulente futbalistico, Barcellona e Valencia, nonchè medico di un’accademia tennistica di altissimo profilo. Avete capito l’antifona? Epolandia stava declinando ma i metodi della banda Bruyneel non conoscono imbarazzo. E se succede l’ambaradan, Giro di Svizzera 2001, ‘Armstronz’ positivo all’epo, si aggiusta il contenzioso con una generosa donazione all’Uci. Che è l’utilizzatore finale della vicenda, prima con l’Amaury (ovvero la società che organizza la Grande Boucle) e poi contro…

Quando i francesi si smarcano sembra ormai troppo tardi: il tourannosauro, il kampionissimo monouso, ha già sette Tour nel carnet. Però, essendo egomaniaco e avendo perso ogni senso della realtà, Lance ritorna e si frega da solo. La gloria comprata con i milioni di dollari, Ferrari ringrazia commosso, una malattia esibita nemmeno fosse il barattolo della Campbell, una vergogna che i media (complici quindi colpevoli) diffondono viralmente. L’Astana prosegue sulla scia della vecchia US Postal, la base è la solita Spagna, e si arriva al teatro kabuki per negare l’evidenza: un bel dì alcuni dirigenti Uci fanno ritardare di mezz’ora un controllo a sorpresa dell’Afld, l’agenzia antidoping francese. Gli spostamenti del 2010, per le analisi incrociate che formano il profilo del passaporto biologico, sono chiaramente falsi; servono a coprire gli stage di Armstrong e soci con il Dottor Mito. Lo stesso screening dell’atleta di Austin denota alterazioni, come testimonierà il professore australiano Christopher J. Gore (sic): ben sette provette – tra il 2009 e il 2010 – trovano i reticolociti innaturalmente bassi, ovvero il segnale che il sangue era stato alterato. Però l’Uci squalifica Pellizzotti, non Armstrong; il vaso di Pandora lo scopre, finalmente, Floyd Landis. Ad aiutarlo l’agente federale Jeff Novitzky.

La leggenda si dissolve e l’albo d’oro del Tour si ripulisce un pò: anche il Rijs a sessanta di ematocito pare una vergine a confonto del Terrore instaurato dal 1999 al 2005. Che comincia a sgretolarsi allo zenith o presunto tale, il 23 Luglio 2004, quando la maglia gialla – al culmine dell’arroganza – andò a fermare Filippo Simeoni in fuga, testimone chiave del processo a Ferrari. Una scenetta triste, infame, con il contorno di tre quarti di gruppo soddisfatto per la lezione al reprobo. Pensate che quel pomeriggio una telegiornalista Rai disse ciò che pensava (“Lance Armstrong non è un campione”) e fu esclusa dalla diretta del giorno dopo… Ecco, l’omicidio del simulacro Armstrong ci restituisce almeno un’idea di giustizia, di verità. Difatti può permettere al mestiere del ciclista professionista il lusso (…) di tornare ad essere solamente un superatleta, meraviglioso, un fachiro, mai una diva da prima pagina.

Ci sovviene, tra le mille pieghe dell’anabasi, tra tanto dolore, il viso di David Zabriskie. Passista fenomenale che finì diritto nelle fauci dei Postini. Bambi, nel 2003 a Girona, viene instradato da Bruyneel e Del Moral al doping. David era salito su una bici per scappare dalla tossicodipendenza del padre, morto prematuramente. Per lui gli allenamenti lunghissimi, estenuanti, sono catartici: le endomorfine naturali danno sensazioni indescrivibili. Un viaggio infinito. Ma i feroci cani da caccia pretendono fedeltà al loro codice e Bambi tergiversa. Chiede loro se potrà avere – un giorno – bambini sani, se non avrà ripercussioni sul suo stato mentale, addirittura se l’epo fa crescere le orecchie… La prima iniezione la esegue Del Moral e David quella notte non dorme. Piange. Vorremmo che i David Zabriskie di oggi non incappassero in questi incubi, ci basterebbe: del resto dei campionismi di ogni razza non sappiamo proprio cosa farcene.

(Per gentile concessione dell’autore, pubblicato da Il Giornale del Popolo in data 16 Gennaio 2013)

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