Il partigiano Daniel

16 Dicembre 2013 di Oscar Eleni

EleniOscar Eleni dal centro studi Fenoglio di Alba dove hanno portato le armi nascoste da Milton, il nostro vero maestro di pensiero e, purtroppo, non di scrittura. Asciutta, bellissima la sua, mentre qui, lo capite, lo vedete maledicendo, ci si allarga e si svapora. Siamo andati  alle cento torri per falsificare una vita come la nostra  ben diversa da quella del Partigiano Johnny e  dal furore delle battaglie langarole nella resistenza, anche se in questa questione privata, che è anche il nostro amore per la palla al cesto, concepito ai tempi in cui Papetti giocava e non era ancora illustre medico, non era diventato l’attento osservatore di questa metastasi dove le porte girevoli hanno tolto identità comprensibili allo spettatore medio, continuiamo a perdere il senso dell’appartenenza visto che quello della competenza è caduto in disgrazia. Certo meglio di Alba sarebbe stato perdersi fra le rose tardive intorno al Wellington Hospital di Londra dove si è spento l’attore irlandese Peter O’Toole, il nostro capitan Jim che beveva a dismisura, l’amatissimo Lawrence d’Arabia che ha cercato d’insegnarci qualcosa anche quando il generale turco voleva violentare il biondo prigioniero.

Due posti per ricordare personaggi mitici nella settimana dove Gargantua ha lanciato il messaggio più intrigante del momento: l’Emporio Armani potrebbe riavvicinarsi al riottoso Daniel Hackett, ma di certo lo ha già fatto se chi vede il rosa della vita ha già fatto un paginone fingendo di essere andato per intuizioni meravigliose nel difficile territorio di chi ha dissodato i campi aridi di Assago e Desio, riempito tribune, trovato progetti per giovani e gente matura, aree VIP dal profumo di Giò. Non prendeteci per iloti del sistema, gli schiavi stanno altrove e poi anche ad Hamelin, dove sono esperti in pifferai , chiederebbeo un minimi riserbo alla risata pantagruelica anche se fanno bene il loro mestiere. E’ vero che il colpo sarebbe decisivo, anche se nessuno è obbligato ad usare soltanto incenso per garantirsi benevolenza, se diventa ridicolo parlare di revisioni delle spese societarie nel deserto economico dove tutte le avversarie sono almeno ad 5 milioni di euro dalla prima collina armanizzata. Però è anche vero che non bastano i soldi per vincere, come dimostrato dai fatti, nel tempo e soprattutto oggi.

Tornando ad Hackett, bisogna dire che con  questo santo  giocatore, strappato ai leoni impoveriti di Siena che ha bisogno di realizzare subito per non trovarsi scoperta ancora di più con gli stipendi di febbraio, Milano avrebbe tutto per puntare alle finali di eurolega nell’arena scrostata del Forum. Basta attendere la sfida di giovedì della Mens Sana contro Malaga e poi sapremo se il sacrificio deve essere fatto. Sarebbe uno dei pochi regali di questo periodo che non lascerebbe il magone dell’inutilità a chi avesse deciso di farlo. Hackett ci avrebbe fatto risparmiare i 500 mila euro necessari per avere una wild card al prossimo mondiale, con Hackett Siena e Banchi hanno scritto un capitolo nuovo nella saga del cavalier Minucci da Chiusdino, diventato grande senese al teatro dei Rozzi, l’uomo che poteva tutto e che ora è inseguito nella taiga dai lupetti e dalle volpi che lui stesso aveva scatenato in altri periodi, che lui sembrava tenere prigionieri. Daniel che tiene a bada i leoni della nostalgia nei due mondi separati: quello dove non perdono uno scudetto dal 2007, quello dove non lo vincono dal 1996 e hanno già prenotato almeno il doblete italiano per questa stagione pur sapendo che manca ancora qualcosa, che servono recuperi decisi per arrivare sulle tracce di chi adesso guida la corsa.

Romeo Sacchetti come tallonatore nella prima linea di questo basket che lui vorrebbe far diventare speciale come il rugby che lo ha affascinato, fulminato, per fortuna in vecchiaia, perché se fosse capitato prima, quando il basket lo faceva soffrire in periferia, fino allo sdoganamento di Bologna, Torino, del sciur Gamba che in azzurro gli tolse la catena del pregiudizio, non avremmo avuto un uomo chiave nei successi dell’Italia a Mosca e Nantes. Non avremo mai squadre dove chi tallona, chi apre il gioco, chi affonda avrà sempre un sostegno: sul campo, fra i dirigenti, nello spogliatoio. Non è vero che il rugby è soltanto paradiso, chiedete alle prime linee in cielo quando devono essere inviate nel territorio di competenza e si rifiutano di passare all’inferno perché già lo hanno vissuto nella mischia, ma è pur vero che nella palla ovale se tradisci un sostegno, se non aiuti nei recuperi, se fingi di non  avere responsabilità nel placcaggio sei marchiato e non riverito come succede fra i cesti dove pure vediamo eccellenti allenatori messi alla berlina da giocatori mediocri.

Sacchetti e la troika al comando, Sassari con Brindisi e Siena, Romeo con il Luca Banchi dal canino velenoso, il Marco Crespi Paperoga alla ricerca del santo graal smarrito quando guidava e anche bene la Milano dove  la parola d’ordine era spendere bene, ma spendere pochissimo, insomma, come direbbe il dutur Cattaneo, sorpreso in questa dolorosa meditazione quando al Palalido vennero i Knicks di Mike D’Antoni, erano i giorni in cui c’era un asciugamano per dieci giocatori e non dodici morbide coperte antisudore per ogni viandante con casacca  sociale. Stanno bene lassù, pur sapendo che i conti si faranno alla fine, in primavera, e nessuno di loro, questo è certo, ha le armi per contrastare la “povera” Milano risparmiosa che è coperta in ogni ruolo e con Hackett potrebbe davvero sfidare persino le grandi d’Europa che un tempo sapevano chi erano quelli dell’Olimpia.

Il vero regalo di Minucci al basket troppo spesso senza Europa che lo ha visto priore e capitano per tutte le sue contrade, meno quella di  Azzurra dopo il ritorno del Petrucci, sarebbe proprio quello di convincere Daniel a vestire la maglia che  sarebbe stata già sua due anni fa se al colloquio non lo avessero trattato come un cinno. Meglio per lui aver schivato quella Formentera dei cesti chiusa al pubblico nella secondaria del Palalido, i progressi che doveva fare li ha compiuti con Luca Banchi il maremmano, ne avrebbe  altri con la Nazionale se non fosse stato zoppo e riluttante, ne farà ancora prima di sapere se nel mondo NBA c’è posto anche per lui che sogna questa rivincita di casta e di famiglia da quando era bambino e ai pesaresi faceva sapere che non si sarebbe fermato sotto il colle Ardizio.

Campionato delle spine per Varese ed Avellino, ma, per fortunata coincidenza, chi rimpiange il doge Vitucci al Sacromonte si è accorto che fra i lupi non è che le cose vadano meglio e in una società dove sanno bene cosa hanno dato in mano a Frates l’ultima cosa che hanno in mente, anche se le pressioni sono fortissime, è mettere alla porta lo scorbutico architetto per tentare strade nuove.  Avevano questa idea anche a Roma fino a quando Luca Dalmonte ha scoperto una caverna dove riconoscere gli uomini dai fanciulli golosi. Certo a Siena gli è andata male, ma se pensate a quella riga non calpestata da Baron, se vi viene in mente cosa non ha fatto Taylor, allora vi renderete conto che ogni squadra di questo campionato vive nella polveriera di sentimenti da ignoranza sportiva e tecnica. Insomma tutti tirano quando se la sentono, tutti si girano per dare la colpa al compagno che non li ha aiutati anche se questi fanno fatica a tenere il primo scivolamento come direbbe Cuzzolin, il santo preparatore atletico di Azzurra Tenera, che sarà sbalordito come noi scoprendo che nella nuova Treviso in serie C, anche prendendo Marconato si sono fatti bastonare in casa col santo cammellone fermo a 9 punti.

Stessa atmosfera strana nella Bologna smaniosa di avere almeno un polo sportivo di alto livello visibile dal mare degli altri. Col calcio che è sull’orlo della serie B avrebbero voluto una Virtus scintillante come nei giorni d’oro del Porelli pensiero poi ereditato, soltanto in parte, purtroppo, dal Cazzola che, però, aveva in più l’Ettore Messina più feroce ed ambizioso, più lucido. Niente da fare. Come dice Villalta  questa classifica va  più che bene, stare nelle otto sarà un tormento perché Reggio Emilia e la Venezia rigenerata nella testa  da Markovski sono più forti, perché Avellino potrebbe trovare un Aladino diverso dal consunto Lakovic che l’anno scorso aveva illuso: ora è tornato ad essere giocatore con fosforo, ma dalla scarsa autonomia.

Pagelle  danzando sulle assi improprie di X Factor mentre l’Emporio si sta impossessando di nuovo del Forum di Assago per la seconda fase di eurolega finalmente conquistata con un turno d’anticipo. Pagelle che diamo prima della partita striminzita e streamizzata di Pesaro dove la cosa più dolorosa non è stato ragionare sulle poche possibilità di salvezza della squadra di basket ma vegliare davanti all’ospedale dove hanno portato Valter Scavolini  plurifratturato per un incidente dove la sua bici da corsa è stata investita un’altra volta. Forza Valter, alla causa  è già stata data una milza e anche da non sponsor i ragazzi  di Ariuccio e del Tigre hanno bisogno dell’unico amico in più che serve per cambiare strada un’altra volta come ai tempi in cui c’erano i pullman salvezza da riempire per gli spareggi di Milano. A proposito: una notizia del genere può essere nascosta nelle brevi note prepartita? Mah.

10 A Gherardo SABATINI, il figlio del vulcanico Claudio, che ha fatto esplodere il popolo Fortitudo con una tripla sulla sirena che ha affondato l’Empolese. Serie B per 4.000 persone nel caro Madison di piazza Azzarita, serie minore per un’atmosfera che si sognano in tanti nella case legaiole. Girano già i filmati di culto ed è vero che le colpe dei padri non devono mai ricadere sui figli, come vorrebbe qualche aquila senza pace.

9 Al CRESPI che si è messo immediatamente davanti alla porta dello spogliatoio senese dove bussavano i turiferirari del momento per celebrare il record personale di punti del ventitreenne David Cournooh, talento di nuova generazione: ”Sui ragazzi promettenti bisogna avere equilibrio e non credere allo strepito del momento o al balbettante di un’altra partita”. Misura prima di mandarli tutti nella NBA.

8 Al LUCA VITALI che ha deciso di farci  rimangiare tutto quello che dicevamo su di lui quando faceva il monello superbone. Adesso le valutazioni sono quasi sempre alte, serve palloni deliziosi agli affamati orogranata, quasi quasi giurano di averlo visto abbassare il vitino da vespa per  tentare una vera difesa. Caro Zare, se darai ad Azzurra un giocatore  globale e concreto e non soltanto il dodicesimo scelto per avere un polivalente da quattro ruoli saremo tutti grati.

7 Al MANCINELLI che deve aver sentito l’influenza della settimana gloriosa dei  fortitudini di terra, di mare, di quelli che ci sono adesso e  di quelli che c’erano: pure lui, come Sabatini, a bersaglio col tiro da 3, la maledizione di una carriera che sarebbe stata , che può essere ancora meravigliosa, senza questa trappola della gloria effimera dei tiri “quando te la senti”, per la vittoria di Torino contro Casale davanti a quasi 4.000 spettatori.

6 All’ARADORI cacciatore nel regno di Peter Pan Sacripanti, l’uomo dal braccio d’oro che ha cambiato i connotati del classico contro Varese dopo un lungo inseguimento cercando la luce fioca del Leunen che ogni tanto dimentica di avere la reponsabilità del nuovo mondo cantuchiano, quello dove gli italiani giocano davvero e non servono alla pubblicità del momento.

5  Al dottor PAPETTI, ex talento del basket milanese, incubo ancora oggi del povero ragazzino che gli mandammo contro in pressing per una partita allievi dove lui, con tre passi, se lo mangiava facendo sbraitare l’allenatorino incompetente che era in noi, per le domande sui motivi della crisi generalizzata di questo basket che gioca tardi, che si vede poco in televisione, che recupera tifosi più nelle serie minori, che si esalta per l’artificio dei 12.000 spettatori portati dall’Armani al Forum contro il Real Madrid. Sono tutti quesiti interessanti, ma si rivolga altrove, adesso comanda chi non ha bisogno di leggere storie antiche. Questi sanno bene come si conquista la collina, anche fingendo che sia più alta di quello che dicono i misuratori ufficiali come in quel film inglese.

4 A Lele MOLIN che deve avere tanti dentini avvelenati per prendersi tutte le rivincite desiderate se contro le squadre dove lo hanno trattato male alla fine si vendica e porta punti nella cascina di Caserta. Siamo contenti per lui.

3 All’eternauta BONICIOLLI che ha lasciato la via della seta accettando la separazione con spirito anglosassone. Eravamo felici per questa sua avventura che aveva richiesto coraggio Osa siamo spaventati, ma sicuri che presto troverà un  nuovo porto di quiete.

2 Al cavalier VANOLI che ogni anno decide per una esecuzione sommaria degli allenatori che pure hanno salvato la sua squadra. Prima Caja, adesso Gresta. Sarà anche vero come dice Pancotto, ahi ahi, che c’è tutto da sistemare, ma non bisogna  credere al coro che alimentano gli agenti su certi giocatori.

1 A CASERTA che non porta neppure 3.000 perone sulle tribune nel giorno in cui la Pasta Regia torna al successo. Vero che non vincevano in casa da 2 mesi, ma è proprio in queste situazioni che si aiutano le squadre  in difficile digestione dei tanti cambiamenti.

0 Agli ARBITRI di Eurolega che stanno facendo strage dell’eguaglianza competitiva in trasferta. Siamo tornati alle vacche dei tempi in cui la FIBA filava. Non è che in Italia si veda di meglio, ma da noi siamo superiori, se abbiamo arbitri di qualità li nascondiamo, li puniamo, li disossiamo. Il settore meriterebbe una revisione, ma guai parlarne, meglio i commissari speciali del popolo col fischio al naso.

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