Il numero 10 nel calcio: evoluzione o scomparsa?

Il ruolo di fantasista o trequartista sembra essere sempre meno indispensabile nel calcio muscolare moderno, fatto per lo più di scatti, potenza fisica e applicazione tattica. È davvero così?

25 Maggio 2021 di Indiscreto

Totti, Baggio, Del Piero, Cassano e Rivera nel nostro calcio, e ancora Diego Armando Maradona, Platini, Riquelme e Zidane, considerando altre nazionali: il numero 10 sulla maglia ha fino a pochi anni fa rappresentato il calciatore capace di grandi giocate, di cambiare le partite con un’invenzione, un gesto tecnico, una punizione. Questo era vero fino a pochi anni fa, ma il ruolo di fantasista o trequartista sembra essere sempre meno indispensabile nel calcio “muscolare” moderno, fatto per lo più di scatti, potenza fisica e applicazione tattica.

Dall’addio al calcio degli ultimi numeri dieci della generazione che ha portato a casa il mondiale del 2006 vinto dall’Italia sono trascorsi pochi anni: quattro per Totti, e sei per Del Piero, ma tanto è cambiato a livello tattico. A parte il quasi definitivo abbandono del modulo 4-4-2, tanto caro agli allenatori vincenti negli anni Novanta e inizio Duemila come Capello e Lippi, e l’assunzione da parte della maggior parte dei club del 3-5-2, i cambiamenti nel calcio hanno interessato in particolare la figura del trequartista.

Facendo un passo indietro e riferendoci al significato del termine, questo calciatore con la numero 10 veniva piazzato dagli allenatori sulla trequarti di gioco avversaria nello spazio fra centrocampisti e difensori proprio per creare situazioni pericolose in fase offensiva. In realtà, il cambiamento appare essere più semantico: se trequarti definiva la sezione di gioco in cui veniva impiegato questo calciatore, e non tanto gli effettivi compiti, nel calcio moderno è invece sempre più frequente vedere i calciatori di maggior talento di una squadra partire come mezze ali per poi convergere verso il centro in cerca della conclusione o dell’assist vincente. Due esempi palesi di questo cambiamento possono essere considerati il francese Mbappè e l’italiano Insigne, entrambi protagonisti del prossimo europeo con due nazionali che secondo le scommesse calcio di Betway sono favorite per la vittoria finale al 13 di maggio: i transalpini a quota 6,00 e la nazionale di Roberto Mancini a quota 13,00.

Riassumendo quanto detto prima, l’evoluzione del numero “10”si è avuta per diversi motivi e fattori, uno fra tutti l’imprevedibilità. Se pensiamo infatti alla posizione in campo che ricoprivano Roberto Baggio e Maradona e, nell’epoca più moderna Rui Costa e Wesley Sneijder, viene automatico pensare a quella parte di campo centrale subito dopo la mezza luna dell’area di rigore; ma è altrettanto vero che quando il pressing si faceva asfissiante questi calciatori venivano ad abbassarsi per ricevere palla, spesso e volentieri allargavandosi sulle fasce. Ebbene, molti allenatori (come Guardiola) hanno pensato bene col tempo di posizionare questo tipo di calciatore direttamente in posizione esterna, mettendolo in condizione di arrivare in fondo alla fascia e sfornare palloni pericolosi verso l’area, oppure accentrarsi per cercare l’azione personale.

Leo Messi è forse l’esempio migliore di trequartista moderno, che partendo dalla fascia destra riesce a trovare assist al bacio anche di mancino per i compagni o arrivare a rete con giocate emozionanti. Gli anni Ottanta e Novanta rappresentano senza dubbio il periodo d’oro del numero 10, ogni squadra aveva il proprio: Platini alla Juve, Maradona al Napoli, Zico all’Udinese, Baggio alla Fiorentina e così via. Ma è stato il Milan vincente di Silvio Berlusconi targato Fininvest guidato sapientemente da Sacchi a interrompere questa tradizione, dimostrando al mondo che era il singolo a dover esaltare la squadra e non viceversa. In realtà, nel primo decennio degli anni 2000 il ruolo del fantasista sembrava essere tornato di moda, come testimoniano le esperienze vincenti anche di squadre italiane come Inter e Milan, ai vertici del calcio europeo grazie a giocate superbe dei già citati Sneijder e Rui Costa, numeri 10 puri.

Cambia la posizione in campo, così come il numero di maglia, ma l’emozione che un giocatore di fantasia trasmette al pubblico è il sale del calcio, e fa innamorare tanto i propri tifosi quanto quelli avversari. La maglia numero 10 ha forse un po’ perso quel valore che invece mantiene tuttora a Napoli, dove il numero è stato ritirato da tempo e non più selezionabile da nessun calciatore, ma qualsiasi ragazzo che indossa degli scarpini da calcio per la prima volta sogna di poter ripetere giocate alla Maradona o alla Roberto Baggio.

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