Il Napoli di Allodi e Moggi

12 Gennaio 2022 di Stefano Olivari

La carriera di Italo Allodi finiva il 12 gennaio 1987, 35 anni fa, per un ictus cerebrale poco dopo i festeggiamenti per il primo posto nel girone d’andata del Napoli di Maradona, che pochi mesi dopo avrebbe vinto anche lo scudetto vero. Ma con Allodi ormai lontano, alle prese con una lunga convalescenza: aveva 59 anni e nel calcio non sarebbe rientrato più, fino alla morte avvenuta nel 1999. E nel Napoli il suo posto sarebbe stato preso dal migliore dei suoi allievi, quel Luciano Moggi che ad inizio anni Settanta aveva trasformato da dipendente delle Ferrovie in osservatore della Juventus.

Allodi è stato uno dei migliori dirigenti nella storia del calcio italiano: costruttore della Grande Inter di Angelo Moratti, della Juventus che avrebbe dominato gli Anni Settanta, del Napoli dove Maradona era già arrivato ma dove mancava tutto il resto, senza dimenticare le stagioni con Mantova e Fiorentina ed i suoi tanti anni alla FIGC, governando Coverciano e litigando un giorno sì e l’altro anche con l’ex amico Bearzot, che come premio per il Mondiale 1982 pretese ed ottenne proprio la testa di Allodi.

Re del mercato limitato soltanto dai suoi datori di lavoro (storico il no di Moratti a Pelé…) e da dirigenti invidiosi (Agnelli lo mise alla porta su richiesta di Boniperti), aveva il pelo sullo stomaco dei direttori sportivi di una volta, nei rapporti con arbitri e avversari, ma soprattutto un numero incredibile di rapporti personali. Un Moggi che si presentava meglio, secondo i suoi detrattori. Uno che ha vinto tutto e che ha anche rifondato il calcio italiano, secondo i suoi estimatori. Unica sicura macchia il Mondiale 1974, da responsabile di una spedizione azzurra in cui non funzionò niente, dentro e fuori il campo.

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