Musica
Il mito di Ichirō Mizuki
Paolo Morati 13/12/2022
Qualche anno fa avevamo scritto allo staff di Ichirō Mizuki chiedendo un’intervista. Non ci arrivò risposta ma già il fatto di aver contattato un personaggio leggendario, seppur poco conosciuto in Italia, ci aveva messo di buon umore. Il grande cantante giapponese, scomparso il 6 dicembre a 74 anni, avevamo iniziato ad ascoltarlo seriamente grazie al nostro amico Enrico, appassionato di sigle di cartoni animati come noi, che ai tempi (ancora negli anni ‘90) era riuscito a ordinare direttamente un cofanetto contenete le storiche interpretazioni di Mizuki.
Ora non stiamo a scopiazzare Wikipedia e quant’altro per raccontare chi è stato Mizuki, certo è che la grinta e la carica che metteva nelle sue interpretazioni hanno segnato per decenni un’epoca fondamentale, compresa quella dei robottoni giapponesi e delle loro storie raccontate negli anime a loro dedicati, tratti a loro volta dai rispettivi manga. Due esempi per tutti: la sigla di Mazinga Z e quella di Jeeg Robot d’acciaio, opere irrinunciabili di Go Nagai.
Potenti nel messaggio sonoro e coinvolgenti per la voce di Mizuki, entrambe le canzoni furono riadattate in italiano mantenendo le stesse linee melodiche (le musiche erano di Michiaki Watanabe) e se possibile potenziandone ulteriormente gli arrangiamenti. Affidate in questo caso al Galaxy Group (che in realtà erano i Pandemonium) e a Fogus (Roberto Fogu), sono poi entrate anch’esse nel mito.
Una carriera lunghissima quella di Mizuki, con addirittura un concerto di 24 ore in cui cantò 1000 brani davanti a un pubblico festante a intonare le ‘no uta’ di Kotetsu Jeeg, Mazinger Z e Tekkaman. A proposito di quest’ultima sempre il nostro amico Enrico la imparò a memoria, intonandola in varie occasioni tanto che anche noi ricordiamo ancora perfettamente l’attacco. “Moe ro taiyou kakero tekkaman!”. Epica.
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