Il mito della normalità

10 Gennaio 2022 di Oscar Eleni

Oscar Eleni esiliato nell’acqua nazione avatariana, zingaro senza speranza se chi è al potere ordina di sparare sui manifestanti, se diventa fuoco per il nazionalismo la vicenda Djokovic, uno dei tanti  io sono io e voi…, se la scherma, oltre alla sottosegretaria per lo sport Vezzali, ad una brava allenatrice con tanto oro al collo come la Trillini, ci regala anche sul Corriere una delle interviste più belle di una sportiva con la ex fiorettista triestina e giornalista Granbassi.

Ore per cercare una distrazione, un modo per stupirsi nel caos pandemico, nella rissa fra scettici e lo scienziato che considera gli stadi il posto più sicuro nel giorno in cui la Lega calcio decide di ammettere soltanto 5.000 persone alle partite. Chiaro che si resta sbalorditi se Tom Stoltman spinge una locomotiva di 70 tonnellate e si carica 320 chili sulle spalle diventando l’uomo più forte del mondo urlandoci che loro, gli autistici come lui, hanno superpoteri.

Be’, li preferiamo a chi, credendosi sano e al potere nel nome della divinità, della patria, della famiglia, meglio se allargata, amministra queste giornate di gelo, non soltanto atmosferico, chiedendoci di trattare chi va sui campi sportivi come se tutto fosse normale. Lo si nota per l’accanimento contro certi allenatori che hanno a che fare con certi giocatori. Un gioco tipo il fantacalcio che secondo un giornale inglese fa rincoglionire prima del tempo.

Crediamo sulla parola avvilendo i nipoti accaniti giocatori nel campo del fantastico, ma a dire il vero tutto sembra così strano temendo che alle Olimpiadi invernali di Pechino, ormai vicine come la smazzata italiana per il Quirinale, scopriremo che persino gli annusatori dell’antidoping a sorpresa, quasi sempre dove non c’è rischio di vedersi le porte sbattute in faccia, minacciano di starsene a casa.

Incapaci di leggere  e valutare le classifiche, stremati dai decreti, cercando il mostro che voleva far vaccinare un anziano a rischio in una tenda a 22 chilometri dalla città dove nessuno poteva aiutarlo, ci siamo arresi dovendo ammettere che siamo persino grati allo svago in diretta di chi ha comprato lo sport per trattare come automi i suoi circenses, comunque belli ricchi e paciarotti come avrebbe detto Beppe Viola, non certo come i poveri sfruttati da Canto General del poeta Neruda, che dal suo cielo ora dovrà vegliare su un Cile tornato a sinistra e quindi già avvertito che un Pinochet si troverà sempre.

In questa confusione ci siamo commossi nel ritrovare, come cestomani senza speranza, certi ricordi usando la Cura di Battiato per un amore spesso non corrisposto. Vibrazioni legate alla pallacanestro se D’Orrico, sul settimanale del Corriere, annuncia che il più grande giallista italiano del momento è un nipote  di Gianni De Michelis, il ballerino che  conquistò tutti alla prima assemblea di una Lega dove lo elessero presidente con la garanzia che l’avvocato Porelli gli avrebbe indicato la rotta. Per la verità l’avvocatone ne fu conquistato al primo incontro, lo considerava geniale,  anche se nella Stazione dello zio lo scrittore del super giallo da 800 pagine avrà certo trovato peccati ormai noti a tutti dopo Tangentopoli, anche se il mercato ci sembra sempre aperto.

Rivedere Marino Bartoletti, la testa del primo Quelli del Calcio, uno nato nel basket risalendo da Forlì, con Mara Venier a leggere la mano del futuro Sanremo vintage, ci riporta agli anni della creatività senza molti barbagianni odierni, insomma ci ha convinto che si stava meglio quando Peterson-Bianchini-Recalcati erano un triumvirato nell’agonismo che magari andrebbe bene anche nel governare una federazione se a loro si unisse Boscia Tanjevic, il Socrate bosniaco, con passaporti del mondo, cittadino italiano e  turco per meriti sportivi, avvelenato in via Vitorchiano quando aveva indicato una strada vera, difficile, ma necessaria prevedendo l’invasione del male, a chi poi scaricò sul Sacchetti “invidioso” la decisione maturata in altri bagni silenziosi.

Ci siamo distratti per non rispondere all’ironia di chi ama il basket se è una breve di cronaca, a chi sghignazzava, anche in Rai, per il 2 per cento di share nodo scorsoio intorno al collo di una bella partita come la classica Armani-Segafredo seppure in lettiga, insomma Olimpia-Virtus, facendo finta che avessero ragione in modo che non andassero a vedere i  primi 10 minuti delle partite delle due regine maledette nella domenica che salutava la Befana e  le sue ancelle.

Roba per stomaci forti, perché un’Armani che segna un solo canestro in un tempo, l’altro una interferenza, andando sotto di 15 con la neopromossa Tortona, era indifendibile, una Virtus infilata all’avvio da Reggio Emilia sembrava zoppa più che annoiata. Poi hanno vinto, si sono riprese o quasi, anche se poi la strega ha detto alla Virtus  che le sue sventure non erano finite quando Teodosic era uscito portato a braccia tenendosi il ginocchio bloccato dalla scarpa che lo incatenava al legno nella sagra delle palle perse che dava ancora una speranza a Caja e ai suoi artigli, per la verità non tutti funzionanti.

Pagelle per far girare il sottobosco di chi non ha mai spiegato perché sarebbe giusto non vaccinarsi, per far agitare il piccolo grande esercito della Bastiglia cestistica che non accetta l’idea delle regine sfortunate: “Chi, loro?, ma dai, hanno il doppio dei giocatori, se anche ne perdono qualcuno sono sempre in vantaggio”. Quasi vero perché se  a farsi male sono i migliori allora scopri che le loro riserve spesso fanno venire i brividi.

Pagelle a distanza, più o meno come quelle che dovranno dare a scuola.

10 A Francesco PICCOLO, scrittore, sceneggiatore, autore televisivo, genio di una famiglia che ha fondato la Juve Caserta e servito pranzi meravigliosi ai viandanti per sport, non tanto per aver capito prima di noi l’ironia di Tranquillo che lo definiva un piccolo Magic, ma per aver scelto Oscar Bezerra Schmidt per una vacanza, anche se doveva preferire il brasiliano mano santa al geniale Platini della sua Juventus calcistica, per aver spiegato a Petrucci e company chi è Tanjevic: “Sembrava Socrate arrivato ad insegnarci la vita e non soltanto il basket”.

9 A Sasha Djordjevic che vive i suoi tormenti ad Istanbul con Gherardini, per aver ricordato a chi in Italia ha memoria corta e scarso coraggio che “I giocatori locali sono alla base di qualsiasi squadra”.

8 A PAJOLA e ALIBEGOVIC che hanno saputo leggere in maniera giusta le critiche per un appannamento logico alla loro età e hanno risposto bene sul campo.

7 Al PECCHIA di Cremona che ha ridato sorriso e forse speranza a Galbiati intossicando una Sassari angosciata, facendo un record con il più 48 di valutazione per la nostalgia della Cantù retrocessa.

6 A BENZING sole d’inverno per la Fortitudo che resta al freddo, ma almeno ha vinto la sfida retrocessione con Varese dove i 25 punti di Beane e i 28 di Gentile saranno ricordati meno dei 29 del tedesco a cui la cucina bolognese sembra andare benissimo vista la faccia felice sotto quella curva che sa esaltare.

5 Alla LEGA che non ha neppure preso in considerazione l’idea di una Coppa Italia a febbraio, nella bella Pesaro che sta risorgendo da ceneri di povertà, soltanto per 4 squadre, premiandone comunque 8, perché ora appiccicherà recuperi dove può sapendo che tutto appare falsato.

4 A BUCCHI se dovesse perdere la fede nel bel lavoro che ci ha ridato quasi la bella Sassari, a RAMONDINO principe in Tortona se dovesse maledirsi per aver perso quei 15 punti che stavano inchiodando una Milano dove il neo acquisto Kell non è partito bene, anche se a Varese qualcuno lo rimpiange.

3 Ad Attilio CAJA se si lascerà prendere dallo sconforto dopo aver scoperto debolezze evidenti nell’organico di questa Reggio Emilia che ci ha restituito il vero Cinciarini e sta facendo maturare bene Candi.

2 All’ARMANI che vince anche quando non ha proprio voglia ed energie facendo contenti quelli che considerano il campionato troppo sbilanciato fra ricchi e poveri. Può essere, intanto auguriamo a Messina di uscire indenne dal triplo salto fra eurolega a Barcellona e col Kazan, e la ritrovata Cremona.

1 A TONUT, non per come ha giocato a  Trento, abbastanza bene, ma per non averci invitato a fare una schedina con lui che alla vigilia aveva dichiarato “Con Bramos torneremo in alto”. Il greco, 20 punti con 6 su 8, con Vitali ha davvero rivitalizzato la REYER che ora torna a far paura.

0 Alla RAI se dovesse dare ascolto soltanto agli ascolti per aprire le sue telecamere su questo basket che ha bisogno di affetto e credenti, di gente appassionata dove tutto si decide, nelle palestre dove si educa non benissimo se dai vivai si presentano per forza implumi che neppure sfiorano il campo quando i titolari boccheggiano.

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