Il mito del deficit, la MMT per tutti

22 Giugno 2021 di Stefano Olivari

Se mancano i soldi, non si potrebbe semplicemente stampare più soldi? La domanda di tutti i bambini di cinque anni, ma anche di molti adulti, ha trovato risposte nella MMT, la Modern Monetary Theory, e proprio alla MMT è dedicato un libro molto interessante edito da Fazi: Il mito del deficit – La teoria monetaria moderna per un’economia al servizio del popolo. L’autrice è Stephanie Kelton, professoressa di economia nota da noi soprattutto come consigliera economica di Bernie Sanders (ha lavorato anche al Senato USA) e le cui idee sono, in maniera moderata, considerate anche dal più astuto, per quanto malandato, Biden.

L’opera ha il difetto di molti libri di economia, 450 pagine con concetti che si sarebbero potuti sintetizzare in 50 (molti professori-scrittori, di varie materie, hanno il mito del librone), ma si legge in maniera scorrevole e al di là di tutte le premesse storiche ha un cuore affascinante: la Kelton ed in generale la MMT sostengono che in condizioni date uno Stato abbia il dovere di stampare (anche virtualmente) moneta per sostenere economia e consumi privati, senza tagliare la spesa pubblica, ponendosi come limite soltanto un’inflazione fuori controllo.

Noi l’abbiamo fatta breve, ma di questo si tratta: keynesismo estremo ma non infondato, se appunto le condizioni date vengono rispettate. E la più importante di tutte è che l’area di circolazione della moneta coincida con l’area fiscale e politica di riferimento. In altre parole: il ragionamento vale per il dollaro negli Stati Uniti e per il franco in Svizzera, ma non per l’euro in Italia. In altrissime parole: la MMT ha valore solo per gli stati sovrani.

In un sistema monetario normale tutto il denaro è prodotto dal governo e quindi per definizione tutti i debiti contratti nella ‘propria’ valuta potranno sempre in ultima istanza essere onorati. È quindi secondo la MMT falso il mito, che piace sia alla destra sia alla sinistra tradizionali, della spesa pubblica sempre da tagliare o da finanziare con nuove tasse. In questo senso il demonio per la MMT è il thatcherismo, quando non direttamente la Thatcher.

Le tasse per la MMT devono esserci, ma in ottica redistributiva ed anti-inflazionistica, non certo per pagare con l’acqua alla gola gli stipendi a insegnanti e poliziotti. Insomma, lo Stato, lo Stato sovrano, non è un’azienda che debba andare in pari o generare utili, ma sistema per far vivere meglio le persone, con l’obbiettivo del pieno impiego. Il ragionamento si può fare anche sulle transazioni con l’estero, almeno fino a quando i debiti vengono contratti nella propria moneta. Il problema si pone quando la politica di un paese di indebita in valuta estera e tecnicamente l’euro è per noi valuta estera, così come lo è il dollaro per i bond argentini emessi in dollari.

Inutile elencare tutti i sottocasi, nel libro sono spiegati ampiamente ed è scontato che molte delle teorie contenute piacciano sia ai marxisti sia ai complottisti di destra, uniti dallo slogan ‘Il deficit non esiste’. Per gli stessi motivi la Modern Monetary Theory può essere attaccata da più versanti. Che i titoli pubblici siano un attivo netto per il settore privato è un’affermazione di principio, che dà per impossibile (cosa che non è) il default del debitore. Senza contare gli effetti demotivanti del denaro distribuito a pioggia, ancorato solo a a consumi e non a logiche produttive: se la gente trova accettabile stare a casa con 700 euro al mese garantite, cosa accadrebbe con 2500? L’inflazione schizzerebbe, prima o poi, più prima che poi. Senza contare il valore delle monete come riserva: fra cento anni ci saranno mafiosi e dittatori che vorranno riserve personali in dollari, ma con le ipotetiche vecchie lire come andrebbe?

Di sicuro la spesa pubblica è una leva importante, ma ancora più importante sarebbe essere padroni del proprio destino, cosa che non siamo da quasi trent’anni anche ci emozioniamo sempre ad ascoltare Insieme. Ed è ancora più sicuro che un aumento esponenziale della produttività, come in questo momento nemmeno immaginiamo, porti ad un superamento dei concetti di lavoro, salario, debito. Tutti a casa, sussidiati dallo Stato, a guardare speciale calciomercato o a scrivere poesie? Di sicuro questi quasi due anni pandemici hanno portato a ripensare tanti dogmi sui bilanci pubblici.

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