Calcio
Il Milan che si accontenta di Pioli
Dominique Antognoni 23/07/2020
La conferma di Stefano Pioli al Milan ha scatenato l’esultanza a reti unificate dei commentatori, anche di quelli che fino a un minuto prima ti spiegavano perché la scelta di Rangnick fosse quella giusta. A noi, cresciuti in quel comunismo che tanti italiani rimpiangono (non avendolo mai conosciuto, se non sottoforma di salamelle alla Festa dell’Unità), questo meccanismo mediatico ha fatto venire in mente il Viitorul Scornicesti (nella foto il suo stadio, non proprio quello che ha in mente Gazidis).
Il nome vi dice poco, giustamente. Però a guardare alcuni giornalisti sportivi e alcune trasmissioni sportive italiani ti pare di rivivere i momenti di gloria di quella dimenticata squadra rumena. Facciamo un po’ di storia. In pratica alla fine degli anni Settanta, all’improvviso, comparve nella prima divisione una squadra senza passato ma con un immenso presente e con tanto spazio sulla stampa di regime.
Il motivo? A Scornicesti era nato, nel 1918, Nicolae Ceausescu. E così, la squadra del suo paesino natale, diecimila abitanti o giù di lì, diventò fortissima dall’oggi al domani. E soprattutto si iniziò a scrivere benissimo di lei, che però nonostante aiuti arbitrali di ogni tipo, cose oggi nemmeno immaginabili, non sarebbe mai andata oltre il quarto posto. Volendo fare un paragone, dal punto di vista mediatico è un po’ la situazione del Torino di Cairo, che sulla Gazzetta pare il Real Madrid con Longo nuovo Klopp. Vergogna zero, senso del ridicolo ancor meno. Ma non divaghiamo e torniamo a Pioli.
Ieri si esultava per la firma del contratto e la conferma di Pioli come se fosse successo chissà cosa. Per scrupolo abbiamo guardato la classifica, pensavamo di esserci persi qualcosa. Il Milan è secondo? Terzo? No. Quarto? Nemmeno. È sesto. Eppure pareva che Pioli l’avesse portato in Champions League. In realtà è a 10 punti dalla zona Champions, mentre quando Pioli l’ha preso in mano i punti di distacco dal quarto posto erano 4. Certo la media punti è migliore rispetto a quella di Giampaolo, ma non ci sembra un motivo sufficiente per trasformare Pioli in Guardiola o Klopp.
Elogi a non finire. Commozione. Titoli. Brindisi. Lacrime. Ok, tenetevi Pioli, magari Rangnick non sarebbe stato capace di arrivare sesto. Perché il punto è questo: chi mai poteva e voleva rubare Pioli al Milan? Il Chelsea? Il Barcellona? Il Manchester United? Il Bayern? La domanda retorica è la seguente: ci sono differenze fra i giornalisti che scrivevano di Viitorul Scornicesti e quelli che scrivono di Milan? La risposta è ovviamente no.
Certo, i colleghi rumeni dei tempi di Ceausescu erano costretti a farlo, quelli che vanno a Milanello invece si autoconvincono o forse sono convinti per davvero che si devono sperticare lodi a manetta per un allenatore che arriva sesto. Con gli ultimi due mesi di ottimo calcio, certo, ma potremmo dire le stesse cose di Maran al Cagliari.
Il discorso vale anche per il tripudio legato alla probabile conferma di Maldini. Esattamente, cosa avrà fatto di così straordinario come dirigente? Non si può nemmeno dire che scrivendo bene si entri nelle grazie dei potenti: a Singer interessa meno di zero della stampa sportiva italiana, non lo vediamo a leggersi le pagine dei quotidiani e guardare i servizi nei tg e simili.
Ai tempi di Berlusconi almeno si poteva elemosinare e pensare ad una collaborazione ben remunerata in tv, d’altronde per i soldi questo e altro.
Sarebbe ingiusto parlare dei quotidiani italiani, non li sfogliamo da un decennio, mentre il Direttore invece addirittura è abbonato a tutti e tre quelli sportivi. Conosciamo però i numeri e i dati delle vendite, impietose, oppure giuste, dipende dai punti di vista. In generale, se si esulta per la conferma di Pioli o il Milan è ormai una squadra che deve accontentarsi di Pioli (probabilmente sì) oppure vale tutto, tranne che fare i giornalisti.