Attualità
Il luogo di Laura Antonelli
Enrica Panzeri 22/06/2015
Ci sono vite che sembrano destinate a fluttuare senza legami o radici, come tappi di sughero fra i mulinelli di un torrente. Quella di Laura Antonelli, nata Antonaz, sembra rappresentarne l’emblema. Nata nell’Istria all’epoca italiana, fu una dei tanti profughi che, dopo la seconda guerra mondiale, composero l’esodo di connazionali da quelle terre. Cresce a Napoli, per poi trasferirsi a Roma con la famiglia, senza appartenere mai a nessun luogo. Nella capitale il passo verso il mondo dello spettacolo, per la giovane e incantevole insegnante di educazione fisica è quasi automatico. Il cinema italiano vive il riverbero dei fasti passati e di una Dolce Vita ormai ascesa a mito, ma trasformata, nella quotidianità, in un vorticare di volti noti e di caricature di persone di successo, farsesca e involontaria imitazione della passerella finale di Otto e mezzo.
La passatoia per approdare al successo comprende varie apparizioni in pellicole e caroselli, fino ai due film che avrebbero permesso al suo nome di apparire in cima alle locandine. Il Merlo Maschio, con un Buzzanca all’epoca parodistica sinossi dell’uomo italiano titubante per il disgregarsi delle tradizioni e l’apparire di un femminismo declinato nella sua forma più aggressiva, la presenta al pubblico come nuovo sex symbol. È con Malizia, però, che vivrà il suo zenit, quando l’immagine di lei arrampicata su una scala, in un gioco di velata seduzione, investì le fantasie degli uomini e la consacrò a desiderio irraggiungibile. Samperi, regista di film fino ad allora confusamente contestatari, decise con quell’opera di sfruttare il sesso come perno per un discorso politico, appoggiandosi furbescamente a un’icona quasi archetipa.
Il fascino di Laura Antonelli erompeva da un compendio di caratteristiche solitamente disgiunte, frutto della mescolanza di sangue della terra d’origine. A un corpo classicamente italiano, con quelle morbide rotondità tipiche del Mediterraneo, abbinava un fascino slavo, con occhi sfuggenti di un colore indefinibile. Questo sortilegio ammaliò tanti uomini, ma fu Jean Paul Belmondo a coglierne appieno l’incanto. Con lui cui visse anni convulsi ed entusiasmanti, trascinata in una di quelle storie che i lettori avidi di pettegolezzi amano seguire, sognando di poterne vivere qualche residuo tramite le foto sui periodici.
Terminata la storia con l’attore francese, entra in quell’età in cui ogni donna riconosce su se stessa i segni della maturità che, fino a poco prima, notava solo sulle altre. Per una donna bellissima il passo successivo è quello di diventare affascinante per poi convertirsi, nella terza età, in interessante. Ma all’inizio degli anni Novanta uno scarto del destino, come un improvviso vortice, la risucchia in una serie di infinite traversie. Viene trovata in possesso di pochi grammi di cocaina, per uso personale, piombando in una palude giudiziaria da cui verrà completamente scagionata molti – troppi – anni dopo. Il binomio droga-mondo dello spettacolo, che mediaticamente dai tempi di Walter Chiari ‘vende’ benissimo, offre una nuova vetrina alla giustizia e un’altra vittima sacrificale al pubblico che ama stigmatizzare chi, fino a un momento prima, osannava.
Per rilanciarsi accetta la proposta di Samperi di partecipare a un nuovo Malizia, diciotto anni dopo. Per un’atroce burla del fato, il suo apogeo diviene il solstizio invernale della sua carriera e della sua vita, scaraventandola in una notte priva di stelle. Un intervento estetico, a cui segue una reazione allergica che la sfigurerà, la costringe al ritiro dalle scene. Nell’ombra e nel silenzio affiorano gli spettri dei rimpianti e le amarezze si materializzano fino a divenire compagne abituali. Scompare, come cantava Bob Dylan, lungo gli anelli della sua mente e, ai pochi che tentano di avvicinarla o di aiutarla, ribatte di desiderare soltanto l’oblio. Non viene accontentata, perché il suo nome e il suo passato incarnano ormai un ricordo fissato nella memoria di molti. Ma, quando il suo cuore ha interrotto i suoi battiti e le ombre dei tormenti si sono diradate, ha forse raggiunto la pace.
Enrica Panzeri, in esclusiva per Indiscreto