Il lavoro non va pagato, copyright Di Maio

12 Settembre 2018 di Indiscreto

Davvero sono incomprensibili l’ostilità del Movimento Cinque Stelle e la sostanziale indifferenza del mondo dei giovani, quelli che pagano 10 euro un daiquiri ma ritengono scandalosi 1,50 euro per un giornale, per la riforma del copyright del mercato digitale approvata oggi dal Parlamento europeo che nella sostanza prevede che il Google o il Facebook (al di là dei loro magheggi fiscali, comunque da perseguire) della situazione paghino per la condivisione di contenuti non loro che vadano al di là di poche parole accompagnate da un link. Quindi basta ai furbi abstract chilometrici che quasi corrispondono ai post e basta alle immagini modificate, a meno ovviamente di non pagare questi contenuti (foto, video, articoli, canzoni, eccetera) con modalità ancora da definire.

Insomma, applicazione difficilissima (e certo gli attuali monopoli per la gestione del diritto d’autore non sono il bene, anzi la SIAE del neopresidente Mogol non tutela certo il ragazzo che nella sua cameretta scriva un motivo di successo) ma un principio così banale da sembrare indiscutibile: il lavoro va pagato, in estrema sintesi. Il ‘come’ può essere materia di discussione, ma il principio ci sembra ovvio e nemmeno c’entra con la qualità del lavoro stesso: tante volte abbiamo tirato fuori soldi per una cena triste, un’auto mediocre, un medico incompetente, una casa non all’altezza delle aspettative. Eppure Di Maio ha parlato di “vergogna europea”, “censura dei contenuti su Internet” e “Grande Fratello”, senza capire (ma non era difficile) che anche in futuro i privati potranno condividere ciò che vogliono liberamente mentre invece le aziende che traggono un lucro dalla condivisione dovranno pagare chi produce i contenuti (belli o brutti, intelligenti o stupidi che siano) che permettono loro di generare traffico e incassi pubblicitari. Aziende che rubano ad altre aziende e a singoli professionisti o dilettanti. Google e Facebook sono esempi scontati, ma pensiamo anche ai tanti siti che aggregano con automatismi e lavoro umano (dovremmo dire sublavoro subumano) i contenuti originali di altri.

Che Di Maio e i bimbiminkia da download gratuito, quelli convinti di non rubare se scaricano illegalmente una canzone (invece 50 canzoni equivalgono al contenuto di un portafogli rubato), non abbiano capito ci dispiace ma potevamo aspettarcelo, mentre invece troviamo curiosa la posizione di Wikipedia, che ha oscurato le foto per protestare contro la decisione del Parlamento europeo: bella cosa, Wikipedia, peccato che si basi sul lavoro gratuito e di fatto anonimo (a meno che Gigetto1967 o Raggiodiluna76 siano nomi veri) su scala mondiale. E questo sarebbe il futuro?

Share this article